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Malattia da graffio di gatto

La malattia da graffio di gatto (anche MGG o CSD, acronimo, quest’ultimo, dei termini inglesi Cat Scratch Disease) è una zoonosi (ovvero una malattia che può essere trasmessa dagli animali all’uomo) che riconosce, sostanzialmente, tre diversi agenti causali; nella stragrande maggioranza dei casi (il 95% circa) la malattia da graffio di gatto è dovuta alla Bartonella henselae (viene infatti classificata come una bartonellosi); più rari sono invece i casi dovuti all’Afipia* felis e alla Bartonella clarridgeiae.

La malattia da graffio di gatto è stata descritta per la prima volta nel secolo XIX, per l’esattezza nel 1889 da Henri Parinaud, un oculista francese, ma si dovette attendere il 1931 prima che un batteriologo e pediatra francese, Robert Debré, riconoscesse nel gatto il vettore della malattia (da qui il nome con il quale essa è comunemente nota).

Il principale batterio responsabile della malattia da graffio di gatto, il Bartonella henselae, è stato identificato nel 1985 da Diane Hensel, una tecnica del laboratorio di microbiologia dell’ospedale universitario di Oklahoma City (USA), e denominato inizialmente Rochalimaea henselae.

Malattia da graffio di gatto – Contagio

Un ruolo determinante nella diffusione dell’infezione tra i gatti viene attribuito un insetto parassita, il Ctenocephalides felis, noto anche come pulce del gatto. Pur non essendo disponibili dati precisi, si ritiene che circa l’8% dei gatti domestici e circa il 13% dei gatti randagi ne siano infetti. L’essere umano può venire contagiato da gatti apparentemente sani in seguito a graffi o morsi, ma anche nel caso di leccata su una zona cutanea lesa. I soggetti maggiormente interessati dalla malattia da graffio di gatto risultano essere i bambini.

Malattia da graffio di gatto – Sintomi

Il periodo di incubazione della patologia va dai 3 ai 12 giorni; trascorso tale periodo si manifestano i primi sintomi: papule (piccoli rilievi solidi di colore, forma e consistenza variabili) e pustole (piccole protuberanze purulente) nella zona colpita.

Dopo un periodo di tempo che può variare da una a tre settimane, le lesioni cutanee scompaiono senza lasciare alcun segno di sé e vengono sostituite da un altro sintomo, ovvero i linfonodi ingrossati, spesso dolenti. Di norma i linfonodi interessati sono quelli delle ascelle, ma in alcuni casi si può avere l’interessamento dei linfonodi cervicali e di quelli inguinali; la cute che li sovrasta può essere arrossata. In circa un quinto dei casi, i linfonodi tendono a diventare purulenti.

In circa il 50% dei casi di malattia da graffio di gatto si hanno altri sintomi e segni di carattere più generale quali, per esempio, sensazione di malessere generale, febbricola, mal di testa, dolori articolari e stanchezza.

Sintomi decisamente più rari, ma comunque possibile sono: perdita di appetito, perdita di peso, nausea e vomito, mal di gola, dolori addominali e splenomegalia (ingrossamento della milza).

Malattia da graffio di gatto – Diagnosi, prognosi, complicazioni

Nel caso in cui il quadro anamnestico faccia sospettare la presenza di malattia da graffio di gatto, è possibile avvalersi di vari test quali EIA (Enzyme immunoassay), IFA (Immunofluorescence Antibody Assay), biopsia dei linfonodi ecc.

La diagnosi differenziale si pone con diverse altre malattie, principalmente con mononucleosi infettiva, toxoplasmosi, sarcoidosi, tubercolosi, sifilide, brucellosi, adenite neoplastica, istoplasmosi (infezione micotica causata dal fungo Histoplasma capsulatum), tularemia (più nota come febbre dei conigli), sporotricosi (micosi sottocutanea causata dal fungo Sporothrix schenckii) e linfoma.

malattia da graffio di gatto - terapia - sintomi - diagnosi

La malattia da graffio di gatto ha prognosi ottima e, di norma, si risolve in modo spontaneo nel giro di 6-12 settimane circa senza che sia necessario intraprendere alcun tipo di trattamento particolare; l’ingrossamento dei linfonodi può comunque persistere per alcuni mesi prima di regredire del tutto.

In casi molto rari, la malattia da graffio di gatto può evolvere in quadri clinici più pesanti fra i quali si ricordano soprattutto la sindrome oculoghiandolare di Parinaud (nota anche come POGS; si tratta di una forma di congiuntivite granulomatosa autolimitantesi associata a una linfoadenopatia omolaterale) e l’encefalopatia. Più raramente le complicazioni consistono in neuroretinite, granuloma epatico, osteomielite e polmonite atipica.

Nel caso di soggetti immunodepressi si possono avere angiomatosi bacillare (patologia potenzialmente fatale) e peliosi bacillare (una sindrome che si caratterizza per la formazione di aree cistiche ripiene di sangue nel parenchima dell’organo coinvolto).

Una volta superata la patologia si instaura un’immunità permanente.

Malattia da graffio di gatto – Terapia

La terapia della malattia da graffio di gatto (patologia che, è opportuno ricordarlo, è generalmente di modesta entità) è di norma sintomatica (ovvero si cerca di minimizzare i vari e fastidiosi sintomi) dal momento che essa si risolve in modo spontaneo nel giro di poche settimane. Si potrà quindi far ricorso a farmaci antidolorifici e antipiretici (antifebbrili) per ridurre, se presenti, dolore e febbre. L’ingrossamento dei linfonodi può essere trattato con applicazione di impacchi caldi.

La terapia antibiotica (generalmente si ricorre all’azitromicina) va riservato ai quei casi di maggiore gravità e nel caso in cui vi sia interessamento sistemico.

La prevenzione della malattia da graffio di gatto passa attraverso l’adozione di misure igieniche di tipo generale (evitare di esporre eventuali ferite al contatto con il proprio gatto; ridurre, per quanto possibile, il contatto personale e dei propri gatti con i quelli randagi; detergere e disinfettare eventuali graffi o morsi di gatti) e tramite trattamenti efficaci e regolari nei confronti delle pulci.

È buona norma, se il gatto convive con soggetti che, per qualsivoglia motivo, presentano una compromissione del sistema immunitario, verificare, attraverso un esame del sangue, se l’animale è portatore della malattia.

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* Afipia è un termine che deriva da AFIP, acronimo dei termini inglesi Armed Forces Institute of Pathology, ovvero l’istituto statunitense con sede in Washington DC che nel 1985 ha isolato il batterio in questione.

 

 

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