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Sport irreversibili

Prima di spiegare cosa si intende con sport irreversibili è opportuno fare un cenno agli infortuni più o meno gravi legati alla pratica di alcuni sport, nella fattispecie sci alpino, rugby, calcio, basket e arti marziali.

Lo sci alpino è causa di molti infortuni; fra quelli più frequenti ci sono le contusioni, le distorsioni, le lussazioni, ma anche fratture e serie lesioni ai legamenti (soprattutto legamento crociato anteriore e legamento collaterale mediale) e ai menischi.

Il rugby è un tipico sport di contatto e combattimento e gli infortuni sono all’ordine del giorno; alcuni di essi, purtroppo, sono molto gravi (del resto non c’è da stupirsi più di tanto, vista la tipologia di sport). In base a dati piuttosto recenti, quelli che si verificano più frequentemente (circa un terzo di tutti gli infortuni) sono a carico di testa e collo; seguono gli infortuni a caviglia e piede (14% circa), ginocchio (13% circa), coscia (10% circa) e gamba (9% circa).

Gli infortuni più gravi sono, senza ombra di dubbio alcuno, quelli che interessano il rachide, in particolar modo a livello cervicale (rischio di frattura e/o lussazione della quarta vertebra o della quinta vertebra con possibili danni a livello di midollo, danni che possono essere immediati o differiti).

Il danno più grave, escluso ovviamente il decesso, è la tetraplegia. A livello di rachide dorsale e di rachide lombare gli eventuali danni permanenti sono, generalmente, di minore gravità. I danni agli arti inferiori sono per la gran parte costituiti da contusioni, da strappi muscolari (quadricipite), da distorsioni e lesioni dei legamenti di ginocchio e caviglia, come del resto piuttosto comune negli sport che uniscono corsa, contatto e contrasto.

Va anche ricordato che sono numerosi anche i danni legati a patologie traumatiche non acute legate al sovraccarico funzionale delle strutture muscolari, osteoarticolari e tendinee coinvolte (lesione della cuffia dei rotatori, ginocchio del saltatore, tendinopatia dell’achilleo, sindrome retto-adduttoria ecc.).

infortuni e sport irreversibiliAnche il gioco del calcio è causa di numerosi infortuni più o meno gravi; alcuni sono provocati dal sovraccarico funzionale, altri da eventi traumatici. Fra gli infortuni più comuni si ricordano la distorsione della caviglia, gli strappi e gli stiramenti muscolari (in particolar modo all’inguine, al bicipite femorale e al polpaccio), la tendinopatia dell’achilleo, la sindrome della bandelletta ileo-tibiale, la condromalacia della rotula, la fascite plantare, la periostite, le fratture da stress alla gamba, le lesioni dei legamenti crociati e gli infortuni al menisco.

Nemmeno il basket è esente da infortuni; si tratta di uno sport nel quale sono sollecitati tutti e quattro gli arti; in quelli inferiori la sollecitazione deriva dalla corsa, dal salto e dai rapidi cambi di direzione, in quelli superiori dai contrasti con gli avversari e dalle cadute.

Fra gli infortuni più frequenti si registrano stiramenti e strappi muscolari e tendinei, distorsioni articolari e fratture.

Fra i danni più frequenti nel basket si registrano quelli a carico delle articolazioni tibio-tarsica e del ginocchio.

Anche nel corso della pratica delle arti marziali è abbastanza frequente il verificarsi di infortuni; alcuni durante la pratica solitaria (contratture, stiramenti e strappi muscolari), altri nel corso della pratica contro l’avversario e dipendono soprattutto dal contatto con quest’ultimo (contusioni, escoriazioni e fratture).

Cosa significa “sport irreversibili”?

sport irreversibiliLa locuzione sport irreversibili può suonare incomprensibile se non si specifica lo scenario cui si applica l’aggettivo. Questo articolo dovrebbe essere letto in congiunzione con quello sul principio di efficienza poiché, in un certo senso, lo giustifica.

Accanto a chi adduce alibi ortopedici per evitare l’attività sportiva (per esempio: “ho una protrusione discale”, quando il 90% della popolazione over 40 ce l’ha!), esistono purtroppo casi in cui non è possibile riportare il soggetto a una condizione compatibile con lo sport in generale e con la corsa in particolare. Ecco il concetto di irreversibilità.

Curiosamente, mentre gli alibi consentono di evitare gli sport più faticosi o quelli meno graditi, i problemi irreversibili spesso limitano ogni attività sportiva.

Dobbiamo pertanto indagare quali sono gli sport irreversibili. Per farlo è opportuno valutare nella popolazione dei praticanti la percentuale di coloro i quali subiscono infortuni irreversibili. Non considerando gli sport irrazionali (quelli dove è in pericolo la vita), sono due di quelli cui abbiamo accennato in apertura di articolo, ovvero lo sci alpino (da non confondersi con lo sci di fondo) e il rugby. Altri sport di contatto come calcio, basket, arti marziali sono degni di attenzione, ma restano molto distanti perché molti infortuni (anche se non tutti), pur gravi, sono pienamente reversibili.

Dall’analisi di oltre 250 casi (non in sovrappeso) di reale impossibilità a soddisfare il principio di efficienza, ben il 58% lamentava un incidente irreversibile nello sci alpino e in ben l’8% la situazione era imputabile al rugby (la percentuale dell’8% deve essere considerata altissima, visto che nella popolazione sono percentualmente pochi coloro che lo hanno praticato). La zona più colpita è sicuramente il ginocchio.

Come morale di questi numeri non resta che una sconsolante antipromozione dello sci alpino. Per salvarlo, alcuni potrebbero sostenere che gli incidenti sono capitati a chi non era allenato, al classico sedentario della domenica ecc. In un’indagine successiva ho chiesto a un centinaio dei 145 “infortunati da sci” quale fosse il loro livello: più della metà ha risposto “buono” o “molto buono”.

Personalmente ritengo che lo sci alpino sia praticabile solo se il soggetto è equilibrato (in modo da non esporsi a rischi inutili) e se per lui questo sport è un oggetto d’amore, non un semplice hobby, un divertimento.

Stesso discorso deve applicarsi a quelle discipline, non oggetto della mia indagine, che comportano rischi ortopedici notevoli (per esempio il trail running, per quanto riguarda la corsa). Riporto una lettera che condivido pienamente apparsa anni fa sulla rivista Correre.

… c’è però un pezzo che mi ha lasciato perplesso. Si tratta di “Questo è il trail”, inserito fra le lettere. È scritto benissimo, ma non sono d’accordo con l’autore quando dice che, dopo essere caduto più volte, si rialza e comincia a rincorrere gli altri concorrenti. “Vedo lontano qualcuno di quelli che mi avevano superato. Ora li riprendo, accidenti se non li riprendo”.

No, il trail non è così. In montagna non si va per riprendere gli altri, non è un mondo dove giocare. Quest’anno troppi hanno perso la vita, tra alpinisti, skyrunner, podisti. Troppi la prendono come “campo di gioco” dove sfogare le frustrazioni della vita di ogni giorno. In quei momenti non deve essere la furia agonistica a prevalere, il voler superare gli altri. Questo per me non fa parte del trail. Scusate la mia lettera, ma queste parole, dopo averle lette, mi hanno dato molto da pensare.

Meditate gente, meditate. Perché a 80 anni si deve essere su una carrozzina quando si potrebbe essere ancora arzilli e pimpanti?

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