Per plutoficenza si intendono le opere di beneficenza realizzate dai plutomani (per chi non conoscesse il termine, si veda La democrazia del benessere); da esse in genere questi ultimi ricavano un ulteriore aumento della loro popolarità e del loro potere e sono quindi uno strumento politico.
Queste persone, con una morale asociale del profitto, e che non si sono mai tirate indietro per anni nel fare soldi su soldi, a un certo punto si svegliano e, dopo aver fottuto la società, vogliono anche che si dica loro “brave”, una specie di santificazione del plutocrate che nella sua immensità è anche “buono”. L’esempio più eclatante di solidarietà plutocratica è Bill Gates; a questi non si chiede certo di fare il San Francesco, ma quando un plutocrate dona lo 0,0…01% del suo patrimonio è solo un apparente che usa la solidarietà per apparire ancora più grande.
L’ammirazione di cui spesso godono i plutomani che fanno beneficenza è analoga a quella dei mafiosi che elargiscono posti di lavoro e ricchezza fra la povera gente che non è in grado di essere assistita dallo Stato. Il paragone può essere molto duro, ma, se si dà per scontato che certi profitti sono immorali, il renderne una minima parte non può mandare il plutomane in paradiso, anzi, non sarebbe nemmeno il caso di parlare di attenuanti per il suo comportamento.
Si noti la profonda differenza con l’azione del mecenate o del benefattore, un ricco (non plutomane) che devolve spontaneamente le sue ricchezze senza aver mai parassitato la società con una smodata ricerca del profitto illimitato.