L’inno di Mameli (altresì noto come Canto degli italiani o come Fratelli d’Italia) è, dal 1946, l’inno nazionale ufficiale della Repubblica Italiana. Il testo è stato scritto nel settembre del 1847 dal genovese Goffredo Mameli dei Mannelli (1827-1849); la melodia è stata invece composta circa due mesi dopo dal suo concittadino Michele Novaro (1818-1885).
Sulla paternità del testo dell’Inno di Mameli alcuni studiosi, fra i quali lo storico Aldo Alessandro Mola, nutrono diversi dubbi, e ritengono che il testo del nostro inno nazionale sia da attribuirsi allo padre scolopio Atanasio Canata di Lerici, di cui Mameli fu alunno. La posizione di tali studiosi però è minoritaria.
Inno di Mameli – Storia
La storia dell’inno di Mameli è piuttosto curiosa e vale la pena raccontarla brevemente. Raccontano le cronache che Goffredo Mameli, studente che aveva sposato sin da giovanissimo gli ideali mazziniani, scrisse il testo del Canto degli italiani il 10 settembre del 1847; con le sue parole il giovane genovese voleva esaltare i valori patriottici esortando gli tutti gli italiani ad amarsi e a unirsi.
Un paio di mesi dopo la stesura del testo, per l’esattezza il 24 novembre del 1847, la poesia patriottica di Mameli fu letta da Michele Novaro, un musicista di Genova che si trovava quel giorno a Torino, per una riunione, nell’abitazione di Lorenzo Valeri, un democratico piemontese. Novaro, secondo tenore e maestro dei cori dei Teatri Regio e Carignano, fu commosso fino alle lacrime dalle parole di Goffredo Mameli e decise di accompagnarle con una musica che ne rendesse al meglio lo spirito.
Fu lo stesso Novaro, molti anni più tardi a raccontare come si svolsero i fatti dopo la lettura dei versi del concittadino: “Mi posi subito al cembalo coi versi di Goffredo sul leggio e strimpellavo, assassinavo con le dita convulse quel povero strumento, sempre con gli occhi all’inno, mettevo giù frasi melodiche, l’una sull’altra ma lungi mille miglia dall’idea che potessero adattarsi a quelle parole. Mi alzai scontento di me, presi congedo e corsi a casa. Là, senza pure levarmi il cappello, mi buttai al pianoforte. Mi tornò alla mente il motivo strimpellato in casa Valerio: lo scrissi su di un foglio di carta, il primo che venne alle mani, nella mia agitazione rovesciai la lucerna sul cembalo e per conseguenza anche sul povero foglio“. Quel “povero foglio” cui fa riferimento Novaro è conservato al Museo del Risorgimento di Torino, mentre il primissimo manoscritto si trova all’Istituto mazziniano di Genova.
L’inno di Mameli è stato eseguito per la prima volta a Genova il 10 dicembre 1847 nel corso della manifestazione indetta per il centounesimo anniversario dell’insurrezione che cacciò i soldati austriaci da Genova (come molti ricorderanno la scintilla della rivolta viene attribuita Giovan Battista Perasso, più noto come Balilla, che peraltro Mameli cita nella sua poesia).
La vita di Goffredo Mameli fu breve, morì infatti appena ventunenne il 6 luglio del 1849 a causa di un’infezione conseguente a una ferita infertogli non volutamente da un suo commilitone durante l’assedio di Roma. Fu sepolto al cimitero del Verano, a Roma; nel 1941 le sue spoglie sono state traslate al Gianicolo.
Michele Novaro ebbe invece vita più lunga, anche se segnata da problemi di ordine finanziario e da una salute cagionevole. Il suo corpo riposa presso il Cimitero Monumentale di Staglieno, accanto a colui che, con le sue idee e le sue azioni politiche contribuì in modo sostanziale e decisivo alla nascita dello Stato unitario italiano, Giuseppe Mazzini.
L’inno di Mameli è stato eseguito per la prima volta a Genova il 10 dicembre 1847 nel corso della manifestazione indetta per il centounesimo anniversario dell’insurrezione che cacciò i soldati austriaci da Genova
Provvisorio fino al 2017!
Per quanto possa sembrare strano, l’inno di Mameli è stato, fino al 15 novembre 2017, inno nazionale provvisorio; nel 2006 fu discusso in Commissione Affari Costituzionali del Senato un disegno legislativo che prevedeva l’adozione di un disciplinare relativo a testo, musica e modalità di esecuzione dell’inno di Mameli; in seguito, sempre al Senato, fu presentato un disegno di legge costituzionale atto a modificare l’articolo 12 della Costituzione Italiana (ovvero l’articolo in cui, per intendersi, si parla della bandiera italiana) aggiungendovi il testo “L’inno della Repubblica è Fratelli d’Italia“; finalmente, il 15 novembre 2017, la commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama ha approvato, in sede deliberante, il provvedimento che lo istituzionalizza.
Valutazione critica
Nel novembre 2012 l’aula del Senato, con 208 sì, ha dato il via libera definitivo al ddl che rende obbligatorio studiare l’inno di Mameli a scuola, ma il punto è: si può sbeffeggiare l’inno di Mameli?
Ricordo uno degli ultimi temi prima della maturità. Cominciava all’incirca così: “…chiamare poeta il Carducci mi sembra un’offesa alla letteratura. Un uomo che ama comporre versi dall’allegro ritmo musicale (l’albero a cui tendevi la pargoletta mano il verde melograno dai bei vermigli fior ecc.; Pianto antico, N.d.R.) per la morte del figlio è solo un intellettuale che usa qualunque cosa, anche la più intima e triste, per dar sfoggio della propria cultura”. Presi 10, l’unico in lettere nei cinque anni del liceo.
Con l’inno di Mameli ora farei lo stesso, sperando di non essere accusato di vilipendio alla Nazione.
Tralascio ogni discorso sulla musica e sul romanticismo ispiratore del testo (per il Neocinismo il romanticismo è lungi dall’essere positivo e ha condizionato e condiziona molti errori personali e sociali), mi limito al testo.
L’inno di Mameli è un pezzo retorico, patetico, datato (preoccupante ricordo storico il verso i bimbi d’Italia si chiaman Balilla) e inutile che i giovani studieranno con sufficienza e che non lascerà nulla. Provate a chiedere a 100 ragazzi se sono pronti a dare la vita per la loro Nazione: ai tempi in cui il militare era obbligatorio ricordo che il 99%, se avessero potuto, l’avrebbe evitato, figurarsi dare la vita!
Che dire poi all’accenno alla volontà divina, in una società dove il ruolo delle religioni tradizionali sta diminuendo sempre di più? Come possono un ateo o un agnostico sentirsi italiani se devono ammettere che la Nazione è nata per volere di Dio (la parafrasi dei versi Dov’è la vittoria? Le porga la chioma Ché schiava di Roma Iddio la creò è La vittoria deve porgere la sua chioma a Roma in quanto sua schiava per volere di Dio; nella parte iniziale Mameli fa riferimento all’antico uso di tagliare le chiome alle schiave affinché si potessero distinguere dalle donne libere che, invece, portavano i capelli lunghi e poi afferma che è per la volontà di Dio che Roma è vincitrice).
L’identità nazionale si deve inseguire con strumenti moderni perché farlo con strumenti inadeguati sarebbe come mandare i nostri soldati in giro per il mondo a difendere la pace armati di clave, archi e frecce.
Inno di Mameli – Testo
Di seguito il testo completo dell’inno di Mameli:
Fratelli d’Italia
L’Italia s’è desta
Dell’elmo di Scipio
S’è cinta la testa
Dov’è la vittoria?
Le porga la chioma
Ché schiava di Roma
Iddio la creò
Stringiamoci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò
Noi siamo da secoli
Calpesti, derisi
Perché non siam Popolo
Perché siam divisi
Raccolgaci un’Unica
Bandiera una Speme
Di fonderci insieme
Già l’ora suonò
Stringiamoci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò
Uniamoci, amiamoci
L’unione e l’amore
Rivelano ai Popoli
Le vie del Signore
Giuriamo far Libero
Il suolo natio
Uniti, per Dio,
Chi vincer ci può?
Stringiamoci a coorte,
Siam pronti alla morte,
L’Italia chiamò
Dall’Alpi a Sicilia
Dovunque è Legnano
Ogn’uom di Ferruccio
Ha il core, ha la mano,
I bimbi d’Italia
Si chiaman Balilla
Il suon d’ogni squilla
I Vespri suonò
Stringiamoci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò
Son giunchi che piegano
Le spade vendute
Già l’Aquila d’Austria
Le penne ha perdute
Il sangue d’Italia
Il sangue Polacco
Bevé col cosacco
Ma il cor le bruciò
Stringiamoci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò
Sì!
Inno di Mameli – Struttura musicale
Musicalmente parlando l’inno di Mameli è brano in 4/4 in tonalità di Si bemolle maggiore, è costituito da sei strofe e da un ritornello che viene cantato alla fine di ogni strofa. Il sesto gruppo di versi, che peraltro non viene quasi mai eseguito e che riportiamo di seguito, richiama il testo della prima strofa:
Evviva l’Italia
Dal sonno s’è desta
Dell’elmo di Scipio
S’è cinta la testa
Dov’è la vittoria?!
Le porga la chioma
Ché schiava di Roma
Iddio la creò.
Inno di Mameli – Spartito
Nell’immagine sottostante, lo spartito dell’inno di Mameli (fonte: Ministero della Difesa)
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