L’indice di Gini è comunemente utilizzato per misurare il grado di disuguaglianza di grandezze quali reddito, ricchezza, voci di spesa ecc.
L’idea che sta alla base dell’indice di Gini è di calcolare la differenza (in valore assoluto) fra le varie coppie di cittadini (per esempio dei loro redditi) e poi sommare tali differenze. Quanto maggiore sarà la differenza tra redditi, tanto più alto sarà il valore della somma finale ottenuta. Questo approccio è poco pratico perché al crescere della popolazione diventerebbe grandissimo il numero delle differenze da calcolare; si preferisce pertanto un altro approccio che viene descritto più avanti.
L’indice di Gini può variare tra 0 e 1 (qualche volta è moltiplicato per 100, ottenendolo su scala 0 a 100). Un indice di Gini basso indica la tendenza all’equidistribuzione, 0 indica la perfetta uguaglianza, mentre un valore alto indica una forte diseguaglianza, 1 indica la massima concentrazione.
NOTA – Le locuzioni indice di Gini e coefficiente di Gini non sono equivalenti, anche se “praticamente” sono la stessa cosa. Si veda oltre per i dettagli.
L’indice di concentrazione
In statistica l’indice di concentrazione misura la ridistribuzione di un bene nella popolazione.
Consideriamo la ridistribuzione del reddito dei cittadini. Ovviamente se il reddito fosse omogeneo fra i cittadini, tutti avrebbero lo stesso reddito; il caso opposto si ha quando la concentrazione è massima, cioè un solo soggetto ha tutto e gli altri nulla.
Vediamo come calcolare l’indice di concentrazione del reddito.
- Ordiniamo gli N cittadini per i redditi: r(i) indica il reddito dell’i-esimo cittadino.
- Indichiamo con Q(i) la fetta dei redditi degli i individui più poveri, cioè la somma dei loro redditi divisa per la somma totale dei redditi.
- Indichiamo con P(i) la percentuale dei soggetti con reddito non superiore a r(i).
Esempio:
i | r(i) | Q(i) | P(i) |
1 | 12.000 | 0,088 | 25% |
2 | 13.000 | 0,185 | 50% |
3 | 32.000 | 0,644 | 75% |
4 | 48.000 | 1 | 100% |
Ovviamente all’aumentare di i ci potranno essere molti soggetti con reddito uguale (per semplificare le cose si potrebbe considerare il reddito arrotondato alle migliaia).
In generale, Q(i)=15% e P(i)=90% significa: il 90% degli individui più poveri realizzano tutti insieme solo il 15% del totale dei redditi.
Non è difficile convincersi che
(1) se, per ogni i, Q(i) = P(i) allora i redditi sono omogenei perché l’x% degli individui realizza esattamente l’x% del totale dei redditi.
La curva di Lorenz
Nel 1905 Max Lorenz utilizzando queste definizioni costruì la curva che porta il suo nome.
In ascissa sono rappresentate le frequenze relative cumulate, cioè le P(i), mentre in ordinata ci sono le Q(i), cioè le quantità relative cumulate.
In base alla (1), se i redditi sono omogenei, si avrà una retta, altrimenti una curva: l’area fra la retta e la curva (area di concentrazione) indica quanto la reale distribuzione differisce da quella omogenea.
Tale area è stata studiata per la prima volta da Corrado Gini (il coefficiente di Gini può essere visto come la somma delle ordinate delle due curve e quindi è l’area fra di esse).
L’indice di Gini è dato dall’area nera fra le due curve (ideale e reale) divisa per l’area totale del triangolo OAB. L’indice è così normalizzato per essere 0 in una società con redditi omogenei e 1 nel caso peggiore di un solo cittadino che produce il totale del reddito.
Per la tabella con gli indici di Gini dei principali Paesi si consulti l’articolo Ridistribuzione del reddito e crescita economica.
Ecco come Wikipedia tratta l’argomento Indice di Gini.