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Decrescita economica

Questo articolo non vuole dimostrare che la decrescita economica è una condizione positiva, ma semplicemente che non necessariamente è negativa. Per decenni l’Occidente (tranne i Paesi scandinavi) ha rincorso il mito americano della ricchezza come realizzazione dell’individuo.

Ancora oggi, una gran parte della popolazione che potrebbe “godersi meglio” la vita accetta di essere schiava del lavoro, della carriera, del successo, scambiando soddisfazioni al posto della vera felicità. La cosa buffa è che la cosa non riguarda super-ricchi che vivono da nababbi, ma anche moltissime persone del ceto medio che fanno di tutto per avere un’auto più bella, una casa più grande, vacanze favolose (una o due settimane al massimo), vestiti firmati ecc. solo per dimostrare che se lo possono permettere, una specie di “ore d’aria” in un’esistenza che negli altri giorni li soffoca. Questo articolo è dedicato a loro.

Per il Neocinismo, la massima di Brecht relativa al comunismo (“se il comunismo non va bene per il popolo, bisogna cambiare il popolo“) è vera per qualunque ideologia che voglia migliorare la società: per passare dalla teoria alla pratica è necessario migliorare il popolo per far sì che la maggioranza di esso esprima valori positivi (vedasi La politica).

Partiamo dal modello americano: cosa sono gli USA? In quel Paese si va dal fanatismo religioso degli antiabortisti alla dissolutezza di città come Las Vegas dove il valore è il “non valore”; dai manager rampanti di Wall Street ai militari, soldati semplici, pronti a dare la vita per la loro patria. Troppe contraddizioni che esaltano le personalità perdenti tipiche degli americani, l’apparenza e la violenza. Vivere sopra le righe per l’americano è la regola, a meno che non sia così povero (e in America lo sono tantissimi) da non arrivare nemmeno alle righe.

Ai mercati e alla finanza non si può che rispondere che pretendere di guadagnare senza produrre è da folli. Né può funzionare la catena di Sant’Antonio del consumismo (più consumi, più crescita; più crescita più consumi ecc.) che dovrebbe rilanciare l’economia: infatti questa non è la crisi del capitalismo, ma quella del consumismo. Agli imprenditori non si può che ricordare il paragone con quelli che hanno fatto il boom del dopoguerra: allora si lavorava in modo durissimo, oggi è comune scoprire che il manager per reggere lo stress si fa di coca o che il massimo suo valore è portarsi a letto la squillo di alto bordo. La cosa che mi appare più assurda è che in questa situazione i ricchi vogliano diventare ancora più ricchi.

Ai sindacati non si possono che far notare le loro colpe del passato: incapaci di essere forti con i forti, si sono rifatti sulle piccole e sulle medie aziende, rendendo di fatto altissimo il costo del lavoro; oggi hanno una posizione più collaborativa, ma è normale che quando la barca affonda tutti si diano una mano.

E noi cittadini? Guardatevi intorno e scoprirete quanto siamo scarsi. C’è chi ci vende la “palla” della crisi globale, ma di globale non c’è proprio nulla, visto che per esempio Cina e India galoppano alla grande. Di globale c’è solo l’incapacità dell’Occidente di evidenziare un qualche pregio, una qualche carta vincente: la continua corsa alla ricchezza ha reso le persone insofferenti, allergiche a qualsiasi sacrificio, tutto è dovuto, niente si conquista; persino molti disoccupati sono tali perché non vorrebbero mai fare i lavori che gli extracomunitari fanno con il sorriso sulle labbra. In sintesi, la libertà offerta dalle democrazie ha esasperato i difetti e gli egoismi dei singoli che globalmente rendono la società in affanno. Poi molti politici continuano a esaltare la forza dell’Occidente; peccato che sia quello che probabilmente pensavano gli imperatori romani attorno al 350 d.C., 100 anni prima che Roma fosse invasa dai barbari e che si aprisse il Medio Evo.

La soluzione? Chi spera che sia a destra o a sinistra è un illuso. Le parti sono così piene di sé che sono incapaci di vedere i propri limiti. Un doppio esempio. Un politico di destra può parlare di contributo di solidarietà, ma non sarà mai disposto ad accettare quello che il Neocinismo chiama capitalismo sociale, cioè la limitazione dei guadagni a un tetto massimo: chi guadagna più di tot, per esempio un milione di euro, non è socialmente giustificato se non versa un altissimo contributo sociale, diciamo almeno il 60%; infatti per il Neocinismo o è un apparente, che ha bisogno di quei soldi per costruirsi un modello di vita non “semplice”, o è un romantico che fa del lavoro l’idea dominante e quindi può anche lavorare gratis! Così un politico di sinistra non direbbe mai a chi è disoccupato di adattarsi a un lavoro di serie B o continuerebbe a perorare la sanità per tutti, senza discriminare i tantissimi casi (vedi i codici bianchi nei pronto soccorso) in cui il problema è dovuto a un pessimo stile di vita.

La crescita economica

decrescita economicaDa 20 anni banchieri, finanzieri, politici ecc. cercano di convincere i cittadini che ci sarà una “crescita economica”, ma da 20 anni, vicino a “ripresine”, ci sono sempre anche grandi tonfi: di fatto, c’è una sostanziale stagnazione nella ricchezza che si rivela, per esempio, nell’incapacità di evidenziare un investimento abbastanza sicuro da mettere i soldi al riparo dall’inflazione.

Il progresso che c’è stato nei Paesi occidentali è in gran parte dovuto non a una maggiore ricchezza, ma a una stratosferica diminuzione dei costi di alcuni settori della tecnologia. In sostanza si vive meglio, ma non si è più ricchi.

Questa constatazione è alla base della teoria del BIL, il Benessere Interno Lordo, perché un politico che parla di crescita economica (e quindi ancora di PIL) è come uno spot televisivo che promette di farci dimagrire con una pillolina, permettendoci di continuare ad abbuffarci di cibo senza fare alcuna attività fisica.

Lo scopo diventa quindi quello di aumentare il benessere, non la ricchezza, e ciò, in una visione non apparente della vita, è sicuramente possibile.

Gli stessi economisti hanno creato la locuzione “Paesi emergenti”: dovrebbero però spiegare come Paesi con una forza lavoro di 30-50 volte l’Italia (per numero di abitanti e per disponibilità a un maggior numero di ore di lavoro) possano permettere a noi di crescere mentre le loro economie stanno volando. Appena avranno acquisito il know-how che non possedevano perché in passato troppo intenti a soddisfare i bisogni primari della popolazione, la crescita economica potremo solo sognarcela.

I Paesi occidentali sono come un vecchio atleta al culmine della carriera, attaccato da tanti giovani che vogliono scalzarlo. Il suo compito non è di compiere nuove strabilianti imprese, ma semplicemente di reggere la concorrenza, orientandosi ad altri traguardi.

Se la gente capirà che non può avere più ricchezza, ma può stare comunque meglio, l’Occidente sarà ancora leader in qualcosa, altrimenti calerà il sipario. Fondamentale nella frase precedente la parola “più”. Ognuno deve aspirare al livello di ricchezza che è allineato con le sue capacità senza penalizzare la qualità della vita (si veda l’articolo sulla ricchezza senza superare il punto Z. L’articolo usa “più”, non boccia un certo livello di ricchezza). Il problema attuale è che tutti o quasi vogliono superare il punto Z.

Per approfondire: Crescita necessaria?

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