Il sonetto In morte del fratello Giovanni (noto anche con il titolo Un dì, s’io non andrò sempre fuggendo), di Ugo Foscolo, fa parte del volume delle Poesie del 1803.
Gian Dioniso, detto Giovanni, era il fratello minore di Ugo e morì nel 1801, a soli venti anni, in circostanze poco chiare: ufficialmente si suicidò per debiti di gioco.
La lirica è vicina ad A Zacinto per il tema dell’esilio e ad Alla sera per quello della morte come possibilità di quiete.
In morte del fratello Giovanni è un sonetto con rime alternate secondo lo schema ABAB ABAB CDC DCD.
Testo
Un dì, s’io non andrò sempre fuggendo
Di gente in gente; mi vedrai seduto
Su la tua pietra, o fratel mio, gemendo
Il fior de’ tuoi gentili anni caduto:
La madre or sol, suo dì tardo traendo, 5
Parla di me col tuo cenere muto:
Ma io deluse a voi le palme tendo;
E se da lunge i miei tetti saluto,
Sento gli avversi Numi, e le secrete
Cure che al viver tuo furon tempesta; 10
E prego anch’io nel tuo porto quiete:
Questo di tanta speme oggi mi resta!
Straniere genti, l’ossa mie rendete
Allora al petto della madre mesta.
In morte del fratello Giovanni – Parafrasi
Un giorno, se io non andrò sempre fuggendo
Di gente in gente, mi vedrai seduto
Sulla tua tomba, o fratello mio, piangendo
La tua giovinezza stroncata.
Ora soltanto la madre, trascinando la sua tarda età
Parla di me con i tuoi resti,
Ma io tendo inutilmente le braccia verso di voi
E saluto la mia casa soltanto da lontano.
Sento i destini avversi, e le angosce
Nascoste, che tormentarono la tua vita,
E anche io desidero raggiungere la pace nel tuo porto.
Oggi mi resta solo questo di tanta speranza!
O popolazioni straniere, restituite almeno le ossa
Allora al petto della madre angosciata.
In morte del fratello Giovanni – Analisi
Nella prima quartina di In morte del fratello Giovanni, Foscolo si rivolge al fratello defunto, sulla tomba del quale vorrebbe piangere se mai cessasse la sua condizione di esule. Il poeta, all’epoca, si trovava a Milano, dopo aver lasciato la Venezia governata dagli austriaci. Il v.4, «il fior de’ tuoi gentili anni», cioè “il meglio dei tuoi anni”, è una metafora che indica la giovinezza.
Nella seconda quartina si fa riferimento anche alla figura materna, costretta a vivere il lutto per il figlio morto e anche la sofferenza per l’altro figlio – il poeta – lontano. È solo attraverso la madre, che si reca presso la tomba del defunto, che il poeta, che ripensa alla patria con nostalgia, può dare la sua vicinanza al fratello.
Ai vv. 7-8 troviamo la stessa figura retorica, la sineddoche (la parte per il tutto): «le palme», che indicano le braccia, e «i tetti» che indicano la casa.
Nella prima terzina l’io poetico condivide, con il fratello defunto, l’avversità del destino, le angosce che lo hanno tormentato e portato alla morte, ma anche la speranza di trovare pace con la fine della vita.
Nella seconda quartina, il poeta rivolge una supplica ai popoli stranieri presso i quali si troverà morire affinché restituiscano il suo corpo alla madre, che almeno potrà piangerle. Si compirà così, solo con la sua morte, la riunificazione del nucleo familiare, che fino a quel momento non era stata possibile.
Foscolo usa come modello per questa lirica il carme CI di Catullo (I secolo a.C.), dedicato dal poeta latino al fratello, morto anche lui lontano dalla patria e dagli affetti: l’io poetico cerca così di stabilire un’affinità tra la sua esperienza e quella di Catullo.
L’incipit del sonetto è ripreso dal carme catulliano: Multas per gentes et multa per aequora vectus / advenio has miseras, frater, ad inferias (Condotto per molte genti e per molti mari / sono giunto, o fratello, a queste tristi esequie, vv. 1-2). Appare chiaro che, a differenza di Foscolo, il poeta latino è riuscito a rendere omaggio alla tomba del fratello durante un viaggio in Asia Minore; anche il «cenere muto» del v. 6 si ritrova in Catullo (mutam…cinerem, v. 4).
Nonostante ciò, il carme catulliano si conclude (v. 10) con un definitivo addio al fratello defunto (in perpetuum, frater, ave atque vale, ossia per sempre, fratello, ti saluto e addio), mentre in Foscolo si coltiva la speranza di ricongiungersi, anche se solamente con la morte, al fratello e alla madre.
In morte del fratello Giovanni – Figure retoriche
Varie sono le figure retoriche presenti in questo sonetto di Foscolo.
Al v. 3 possiamo notare un’apostrofe (o fratel mio); un’altra apostrofe è presente al v. 13 (Straniere genti, l’ossa mie rendete).
Sempre al v. 3 si segnala una metonimia (la tua pietra).
Il v. 4 è un esempio di iperbato (Il fior de’ tuoi gentili anni caduto).
Al v. 6 è riconoscibile una sinestesia (cenere muto).
Il v. 7 è un esempio di ipallage (deluse… palme); le palme è un altro esempio di sineddoche.
Al v. 8 è riconoscibile una sineddoche (i miei tetti); lo stesso al v. 13 (l’ossa mie).
Sono presenti varie metafore (v. 4. Il fior de’ tuoi gentili anni; v. 5, dì tardo; vv. 9- 10, le secrete / Cure che al viver tuo furon tempesta; v. 11, nel tuo porto).
Sono presenti anche vari enjambement (vv. 1-2, 2-3, 3-4, 9-10, 13-14).
Il sonetto In morte del fratello Giovanni (noto anche con il titolo Un dì, s’io non andrò sempre fuggendo), di Ugo Foscolo, fa parte del volume delle Poesie del 1803
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