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Erano i capei d’oro a l’aura sparsi

Erano i capei d’oro a l’aura sparsi è l’incipit del sonetto XC del Canzoniere di Francesco Petrarca e appartiene alla prima parte della raccolta, quella delle “rime in vita” di Laura, la donna amata dal poeta che, con la sua morte, provoca in lui un tormento esistenziale ma anche la spinta a un ravvedimento morale e spirituale. Infatti, come spiega il sonetto d’apertura della raccolta, il poeta per anni è stato completamente distratto dall’errore (la passione amorosa) ma, dopo la morte della donna, egli supera l’esperienza amorosa nella prospettiva cristiana, attraverso il pentimento e la consapevolezza che i beni e le vicende terrene sono brevi e illusorie.

La datazione è incerta; sono passati molti anni dal primo incontro con Laura, ma l’amore del poeta per lei è rimasto immutato, nonostante il tempo abbia influito sulla bellezza fisica della donna.

Il sonetto presenta uno schema di rime incrociate nelle quartine (ABBA, ABBA) e ripetute nelle terzine (CDE, CDE).

Testo

Erano i capei d’oro a l’aura sparsi

che ‘n mille dolci nodi gli avolgea,

e ‘l vago lume oltra misura ardea

di quei begli occhi, ch’or ne son sì scarsi; 4

e ‘l viso di pietosi color’ farsi,

non so se vero o falso, mi parea:

i’ che l’esca amorosa al petto avea,

qual meraviglia se di sùbito arsi? 8

Non era l’andar suo cosa mortale,

ma d’angelica forma; e le parole

sonavan altro, che pur voce humana. 11

Uno spirto celeste, un vivo sole

fu quel ch’i’ vidi: e se non fosse or tale,

piagha per allentar d’arco non sana. 14

Erano i capei d’oro a l’aura sparsi – Parafrasi

 

I capelli biondi come l’oro erano sparsi al vento

che li avvolgeva in mille dolci nodi,

e l’incantevole luminosità di quei begli occhi,

che ora ne sono così privi, ardeva in modo eccezionale;

e mi pareva – non so se in realtà o per mia illusione –

che il viso assumesse un’espressione di compassione per me:

perché meravigliarsi se io, che avevo nel petto la predispozione ad amare,

bruciai immediatamente d’amore per lei?

Il suo modo di camminare non era quello di una creatura mortale,

ma di un essere angelico; e le sue parole

risuonavano in maniera diversa da una semplice voce umana:

uno spirito del cielo, un sole vivo

fu quello che io vidi: e se ora non fosse più così,

la mia ferita non guarisce per quanto si allenti l’arco.

Erano i capei d’oro a l’aura sparsi – Analisi

Il sonetto Erano i capei d’oro a l’aura sparsi  ha per tema l’innamoramento del poeta per Laura ed egli rievoca la sua bellezza attraverso alcuni particolari: i capelli mossi dal vento, lo sguardo luminoso (anche se, al v. 4, afferma che i suoi occhi hanno perso la luce di un tempo) e l’espressione compassionevole, ma anche il suo modo di camminare e il suono della sua voce, che paragona a quelli di una creatura angelica e non umana, tanto che il poeta affrma di aver visto un «vivo sole» (v. 12).

Il riferimento al mutato aspetto fisico di Laura (v. 4), torna anche al verso 13, dove Petrarca ipotizza che il tempo ha lasciato i suoi segni su di lei; nonostante questo, però, il suo amore per la donna rimane immutato e la ferita provocata da questo sentimento non guarisce nonostante lei non sia la stessa di prima, così come non guarisce la ferita provocata da una freccia, per quanto la corda dell’arco che l’ha scagliata si allenti.

Nella poesia cortese, l’amore doveva rimanere segreto e il poeta non nominava mai la donna amata: ricorreva per questo ad appellativi allusivi o a pseudonimi. Lo stesso fa Petrarca nel Canzoniere con una serie di senhal di Laura (l’aura, lauro, l’auro) e in questo sonetto il senhal indica l’aria.

Erano i capei d’oro a l’aura sparsi – Figure retoriche

Tra le figure retoriche presenti in Erano i capei d’oro a l’aura sparsi, importanti sono le metafore (la passione come fuoco ai vv. 7-8 e come ferita provocata dalla freccia scagliata dall’arco di Amore al v. 14) e le iperboli (mille dolci nodi al v. 2, d’angelica forma al v. 10, vivo sole al v. 12).

Altre figure retoriche rintracciabili nel sonetto sono la sinestesia (v. 2, dolci nodi), il poliptoto (vv. 3 e 8, ardea/arsi), l’iperbato (vv. 3-4 e ‘l vago lume oltra misura ardea / di quei begli occhi; vv. 5-6, e ‘l viso di pietosi color’ farsi, non so se vero o falso, mi parea), l’ipallage (v. 5, pietosi color’), la domanda retorica (v. 8, qual meraviglia se di sùbito arsi?), l’anastrofe (v. 1, a l’aura sparsi; v. 9, Non era l’andar suo cosa mortale), gli enjambement (vv. 1-2, 3-4, 10-11, 12-13).

Erano i capei d'oro a l'aura sparsi - Petrarca

Erano i capei d’oro a l’aura sparsi è l’incipit del sonetto XC del Canzoniere di Francesco Petrarca e appartiene alla prima parte della raccolta, quella delle “rime in vita” di Laura, la donna amata dal poeta che, con la sua morte, provoca in lui un tormento esistenziale ma anche la spinta a un ravvedimento morale e spirituale.

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