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Chiare, fresche et dolci acque

Chiare, fresche et dolci acque è l’incipit della canzone CXXVI del Canzoniere di Francesco Petrarca, in cui il poeta rievoca i luoghi che hanno visto la presenza di Laura, la donna amata; egli, sentendo l’approssimarsi della morte, ha il desiderio di essere sepolto in uno di quei luoghi, nella speranza che un giorno Laura, come angelo sulla terra, vi tornerà e guarderà con sguardo lieto e colmo di pietà la sua tomba.

Centrale è dunque il paesaggio che, attraverso una serie di elementi (le acque, il ramo, l’erba, i fiori, il cielo), determina l’affiorare del ricordo di Laura.

La datazione di Chiare, fresche et dolci acque è incerta, forse fu scritta tra 1340 e 1341.

Si tratta di una canzone di cinque stanze, ognuna delle quali composta di 13 versi (quattro endecasillabi e nove settenari), con rime secondo lo schema abCabC cdeeDfF e un congedo con schema DfF.

Testo

Chiare, fresche et dolci acque,

ove le belle membra

pose colei che sola a me par donna;

gentil ramo ove piacque

(con sospir’ mi rimembra) 5

a lei di fare al bel fiancho colonna;

herba et fior’ che la gonna

leggiadra ricoverse

co l’angelico seno;

aere sacro, sereno, 10

ove Amor co’ begli occhi il cor m’aperse:

date udïenza insieme

a le dolenti mie parole extreme.

S’egli è pur mio destino

e ‘l cielo in ciò s’adopra, 15

ch’Amor quest’occhi lagrimando chiuda,

qualche gratia il meschino

corpo fra voi ricopra,

et torni l’alma al proprio albergo ignuda.

La morte fia men cruda 20

se questa spene porto

a quel dubbioso passo:

ché lo spirito lasso

non poria mai in piú riposato porto

né in piú tranquilla fossa 25

fuggir la carne travagliata et l’ossa.

Tempo verrà anchor forse

ch’a l’usato soggiorno

torni la fera bella et mansüeta,

et là ‘v’ella mi scorse 30

nel benedetto giorno,

volga la vista disïosa et lieta,

cercandomi; et, o pietà!,

già terra in fra le pietre

vedendo, Amor l’inspiri 35

in guisa che sospiri

sí dolcemente che mercé m’impetre,

et faccia forza al cielo,

asciugandosi gli occhi col bel velo.

Da’ be’ rami scendea 40

(dolce ne la memoria)

una pioggia di fior’ sovra ‘l suo grembo;

et ella si sedea

humile in tanta gloria,

coverta già de l’amoroso nembo. 45

Qual fior cadea sul lembo,

qual su le treccie bionde,

ch’oro forbito et perle

eran quel dí a vederle;

qual si posava in terra, et qual su l’onde; 50

qual con un vago errore

girando parea dir: Qui regna Amore.

Quante volte diss’io

allor pien di spavento:

Costei per fermo nacque in paradiso. 55

Cosí carco d’oblio

il divin portamento

e ‘l volto e le parole e ‘l dolce riso

m’aveano, et sí diviso

da l’imagine vera, 60

ch’i’ dicea sospirando:

Qui come venn’io, o quando?;

credendo esser in ciel, non là dov’era.

Da indi in qua mi piace

questa herba sí, ch’altrove non ò pace. 65

Se tu avessi ornamenti quant’ài voglia,

poresti arditamente

uscir del boscho, et gir in fra la gente.

Chiare, fresche et dolci acque – Parafrasi

 

O acque chiare, fresche e dolci,

dove colei che unica sembra a me una donna

mise le belle membra;

o nobile ramo, dove a lei piacque

(e lo ricordo tra i sospiri)

appoggiare il bel fianco come a una colonna;

o erba e fiori che la sua gonna

elegante ricoprì

insieme al seno angelico;

o aria sacra, serena,

dove Amore mi colpì il cuore con i begli occhi:

date tutti insieme ascolto

alle ultime mie parole dolorose.

Se è davvero il mio destino,

e il cielo agisce per questo,

che Amore chiuda questi occhi piangenti,

un qualche gesto pietoso seppellisca

il mio misero corpo tra di voi,

e l’anima ritorni nuda alla sua sede.

La morte sarà meno dura

se porto con me questa speranza

in quel momento pauroso:

perché la mia anima stanca

non potrebbe abbandonare la carne tormentata

e le ossa in un porto più sereno,

né in una fossa più tranquilla.

Forse verrà un tempo

in cui la belva bella e mansueta tornerà

in questo luogo a lei noto,

e volgerà lo sguardo desideroso e lieto

in quel punto dove mi vide

quel giorno benedetto,

cercandomi: e, oh pietà!,

vedendo che sono diventato già terra tra le pietre,

Amore la ispiri

in modo che ella sospiri così dolcemente da ottenere per me la grazia,

e forzi il cielo,

asciugandosi gli occhi col bel velo.

Dai bei rami scendeva

(lo ricordo con dolcezza)

una pioggia di fiori sopra il suo grembo;

ed ella era seduta

umile in tanta gloria,

già coperta da quella nuvola amorosa.

Qualche fiore cadeva sul lembo [della sua gonna],

qualche altro sulle trecce bionde,

che quel giorno a vederle

sembravano oro luccicante e perle;

qualche altro si posava a terra, e qualche altro sull’acqua;

qualche altro, volteggiando con un bel movimento,

sembrava dire: Qui regna Amore.

Quante volte allora,

pieno di paura, io dissi:

Costei certamente è nata in paradiso.

Il suo portamento divino,

il volto, le parole e il dolce sorriso

mi avevano riempito

a tal punto di oblio

e a tal punto separato dalla realtà,

che io dicevo sospirando:

Come e quando io sono venuto qui?;

credendo di essere in cielo, e non lì dov’ero.

Da quel momento, quest’erba mi piace

così tanto che non trovo pace in nessun altro posto.

O canzone, se tu fossi avessi bellezze quanto vorresti,

potresti con sicurezza

uscire dal bosco e andare tra la gente.

Chiare, fresche et dolci acque – Analisi

Nella prima stanza della canzone, il poeta, che sente l’avvicinarsi della morte, si rivolge agli elementi del paesaggio, che videro la presenza di Laura, affinché ascoltino le sue ultime parole.

Egli vuole essere sepolto in quel luogo, nei pressi del fiume Sorga, tra Avignone e Valchiusa, perché gli trasmette serenità e perché coltiva la speranza che un giorno Laura possa tornarvi.

Laura lo cercherà invano e, vedendo la tomba, si commuoverà, a tal punto da ottenere da Dio clemenza per il poeta.

Laura viene immaginata nella sua bellezza futura e questa immagine di lei porta il poeta a ricordarla nel passato: seduta sull’erba, con i fiori che scendono su tutto il suo corpo, la donna ricorda al poeta una figura angelica, tanto da fargli credere di trovarsi in paradiso.

Tornado al presente, il poeta riesce a trovare pace solo in quei luoghi e, nel congedo, ammette con umiltà che se la canzone fosse bella come lui aveva cercato di renderla, essa potrebbe uscire da quei luoghi per diffondersi tra la gente.

Gli elementi del paesaggio descritto da Petrarca vanno a comporre il cosiddetto locus amoenus, cioè un luogo naturale che dona serenità e piacere, tale non solo per la sua bellezza, ma soprattutto perché in passato ha accolto Laura, che si è immersa nelle acque del Sorga, si è appoggiata a un albero, si è stesa tra l’erba e i fiori.

Nel testo di Chiare, fresche et dolci acque sono presenti pronomi di prima persona singolare che trasmettono l’idea che protagonista sia l’io poetico, che rivive il luogo e i ricordi a esso collegati dal suo punto di vista, influenzato dall’amore appassionato e tormentato per la donna, che egli definisce una «fera bella et mansueta» (v. 29).

Chiare, fresche et dolci acque – Figure retoriche

In questa bellissima canzone di Petrarca sono individuabili diverse figure retoriche.

Il v. 1 è un notevole esempio di sinestesia (Chiare, fresche et dolci acque).

Il v. 3 è un esempio di perifrasi (colei che sola a me par donna, ovvero Laura).

Varie volte ricorre la figura retorica dell’anastrofe (vv. 2-3, le belle membra / pose; vv. 7-8, la gonna / leggiadra ricoverse; v. 11, il cor m’aperse; v. 16, ch’Amor quest’occhi lagrimando chiuda; vv. 17-18, il meschino / corpo fra voi ricopra; v. 19, torni l’alma; v. 21, questa spene porto; . vv. 21-22, dubbioso / passo; v. 29, torni la fera; v. 37, mercé m’impetre; vv. 64-65, mi piace/ questa herba).

Sono presenti anche raffinate metafore (v. 11, il cor m’aperse; v. 29, la fera bella et mansueta).

I vv. 46-49 sono un esempio di similitudine (Qual fior cadea sul lembo, / qual su le treccie bionde, / ch’oro forbito et perle / eran quel dí a vederle; si veda la parte relativa alla parafrasi).

Si deve altresì notare la presenza della figura dell’anafora (qual: vv. 46, 47, 50, 51).

Al v. 52 è presente la figura della personificazione (Qui regna Amore).

Al v. 58 è presente un’enumerazione per polisindeto (e ‘l volto e le parole e ‘l dolce riso).

Vari gli enjambement (vv. 2-3, 7-8, 8-9, 12-13, 17-18, 21-22, 23-24, 28-29, 30-31, 34-35, 35-36, 36-37, 40-41, 43-44, 48-49, 53-54, 59-60, 64-65, 67-68).

Chiare, fresche et dolci acque - Parafrasi - Analisi

Chiare, fresche et dolci acque è l’incipit della canzone CXXVI del Canzoniere di Francesco Petrarca, in cui il poeta rievoca i luoghi che hanno visto la presenza di Laura, la donna amata

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