Amore è un desio che ven da’ core (anche, seconda delle fonti, Amore è uno desio che ven da core oppure Amor è uno disio che ven da core) è un componimento poetico di Jacopo (Giacomo) da Lentini, uno dei principali esponenti della scuola siciliana e considerato l’inventore della forma metrica del sonetto. L’autore è noto anche come «il Notaro» poiché svolgeva la funzione di notaio presso la corte di Federico II.
Questo componimento fa parte di una tenzone (discussione fra poeti che “si scontrano” con l’arma dei versi poetici, da cui è nata l’espressione odierna “rispondere per le rime”) e l’autore spiega come nasce il sentimento amoroso, in risposta al quesito del poeta Jacopo Mostacci su cosa fosse l’amore.
Amore è un desio che ven da’ core fu probabilmente scritto nel 1241.
Si tratta di un sonetto con le due quartine a rime alternate (ABAB ABAB) e le due terzine a rime ripetute (ACD ACD). La seconda quartina e la prima terzina sono coblas capfinidas: con questa espressione si intende un procedimento tipico della poesia provenzale in cui nel verso iniziale di una strofa si ripete una parola che è collocata nell’ultimo verso della strofa precedente. In questo sonetto il termine «occhi» si trova al v. 8 e viene ripreso al v. 9.
Testo
Amore è un desio che ven da’ core
per abondanza di gran piacimento;
e li occhi in prima generan l’amore
e lo core li dà nutricamento. 4
Ben è alcuna fiata om amatore
senza vedere so ‘namoramento,
ma quell’amor che stringe con furore
da la vista de li occhi ha nascimento: 8
ché li occhi rapresentan a lo core
d’onni cosa che veden bono e rio
com’è formata naturalemente; 11
e lo cor, che di zo è concepitore,
imagina, e li piace quel desio:
e questo amore regna fra la gente. 14
Amore è un desio che ven da’ core – Parafrasi
Amore è un desiderio che viene dal cuore,
per abbondanza di un grande piacere;
e gli occhi per primi generano l’amore
e il cuore gli dà sostentamento.
È vero che alcune volte un uomo si innamora
senza vedere l’oggetto del suo amore,
ma quell’amore che stringe con passione
nasce dalla vista degli occhi:
poiché gli occhi mostrano al cuore
il buono e il cattivo di ogni cosa che vedono
e come ogni cosa è fatta per natura;
e il cuore, che accoglie in sé tutto ciò,
pensa intensamente a quell’immagine e prova piacere per quel desiderio:
e questo amore vive tra la gente.
Amore è un desio che ven da’ core è un componimento poetico di Jacopo (Giacomo) da Lentini, uno dei principali esponenti della scuola siciliana.
Amore è un desio che ven da’ core – Analisi
Il poeta sostiene che l’amore sia generato dalla vista poiché quando gli occhi incrociano qualcosa di bello, il cuore ne trae piacere e suscita il desiderio. Può accadere di innamorarsi senza aver visto l’oggetto d’amore, ma per il poeta gli occhi sono lo strumento attraverso cui si può conoscere la vera natura degli “oggetti”, nel bene e nel male; essi trasmettono questa sensazione al cuore, che coltiva dentro di sé l’amore e il desiderio di ciò che si è visto e che ha scaturito il piacere.
Spesso nella produzione dei poeti siciliani si incontrano componimenti in cui si cerca di spiegare la nascita e l’evoluzione del sentimento amoroso: esso è quasi sempre presentato come un qualcosa che nasce dalla vista e al quale non si può sfuggire (qui Lentini parla di «amor che stringe con furore»).
A livello lessicale le parole che assumono un ruolo centrale sono «amore», «core» e «occhi» che, alternandosi, si ritrovano in tutte le strofe: la ripetizione dei termini era tipica della poesia medievale e serviva a sottolineare certi concetti. In questo caso il poeta vuole che il lettore abbia chiaro che il sentimento amoroso nasce dagli occhi e viene trasmesso al cuore.
Amore è un desio che ven da’ core – Figure retoriche
Per quanto riguarda le figure retoriche, ricorrono sovente quelle di ripetizione; il testo è infatti pervaso di iterazioni (vv. 1-3, Amore … l’amore; vv. 7-14, quell’amor … questo amore; vv. 1-4, da’ core … lo core; vv. 9-12, lo core … lo cor; vv. 8-9, occhi … occhi).
Ai vv. 5-7 è presente una figura etimologica (amatore, ‘namoramento, amor), mentre ai vv. 6-8 compare un poliptoto (vedere … vista).
Al v. 10 è presente la figura retorica dell’antitesi (bono e rio).
La figura del polisindeto compare due volte (vv. 3-4, e… e…; vv. 12-14, e… e… e…).
Chiesa di San Francesco di Paola a Lentini, paese natale del poeta
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