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Shakespeare – Sonetto 18

Il sonetto 18 della raccolta di sonetti di William Shakespeare fu scritto tra il 1593 e il 1595 e pubblicato in maniera non autorizzata nel 1609.

Si tratta di una celebre poesia d’amore che sottolinea il valore della poesia come immortalità ed è diventato famoso anche nella cultura di massa. Comunemente è noto con le parole del primo verso.

Testo inglese

Il sonetto 18 di Shakespeare è composto da tre quartine a rima alternata e un distico a rima baciata.

Shall I compare thee to a summer’s day?

Thou art more lovely and more temperate.

Rough winds do shake the darling buds of May,

And summer’s lease hath all too short a date. 4

 

Sometime too hot the eye of heaven shines,

And often is his gold complexion dimm’d,

And every fair from fair sometime declines,

By chance or nature’s changing course untrimm’d. 8

 

But thy eternal summer shall not fade,

Nor lose possession of that fair thou ow’st;

Nor shall Death brag thou wand’rest in his shade,

When in eternal lines to time thou grow’st. 12

 

So long as men can breathe or eyes can see,

So long lives this and this gives life to thee.

 

Traduzione

Dovrei paragonarti a un giorno d’estate?

Tu sei più incantevole e più mite.

Impetuosi venti scuotono le tenere gemme di maggio,

E il corso dell’estate ha fin troppo presto una fine.

Talvolta troppo caldo splende l’occhio del cielo,

E spesso la sua carnagione dorata s’oscura;

E ogni bellezza talvolta dalla bellezza decade,

sciupata per caso o per il mutevole corso della natura.

 

Ma la tua eterna estate non svanirà,

Né perderai possesso della tua bellezza,

Né la morte si vanterà che tu vaghi nella sua ombra,

poiché tu cresci nel tempo in eterni versi:

 

Finché uomini possono respirare o occhi possono vedere,

fino ad allora vive questa poesia e ti dà vita.

sonetto 18

Il sonetto 18 è comunemente noto come Shall I compare thee to a summer’s day

Analisi (Analysis)

Il sonetto 18 fa parte della sezione dedicata al fair youth (il bel giovane) e in esso l’autore immagina di paragonarlo a qualcosa di bello come l’estate, ma si rende conto che non è un paragone sufficiente: la bellezza dell’estate è effimera, dura poco e muta nel tempo, talvolta ferisce; la bellezza del giovane invece è più mite e soprattutto è eterna, perché celebrata da questi versi. Il cielo estivo viene qui personificato, infatti gli si attribuiscono “occhi” e “carnagione”.

Il sonetto 18 è quindi sia una poesia d’amore, sia una poesia che celebra la poesia stessa e la sua capacità di rendere immortale l’amore, il suo oggetto, una persona.

Come sempre nei sonetti di Shakespeare, le quartine sono dedicate a sviluppare l’argomento, il distico finale recita la conclusione del “ragionamento” o un proclama: in questo caso, afferma l’eternità della poesia e la sua capacità di mantenere intatta la bellezza dell’amore.

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