La madre è un noto componimento poetico di Giuseppe Ungaretti, che appartiene alla sezione Leggende all’interno della raccolta Sentimento del Tempo (1933). Una versione, differente da quella definitiva, apparve sulla rivista L’Italia letteraria del 27 ottobre 1929.
Il poeta esprime il proprio dolore per la morte della madre e immagina di ricongiungersi con lei, che intercederà presso Dio per il perdono del figlio, quando anche per lui arriverà il momento della morte.
Si tratta di cinque strofe di lunghezza variabile composte da endecasillabi e settenari.
Testo
Di seguito il testo de La madre.
1930
E il cuore quando d’un ultimo battito
Avrà fatto cadere il muro d’ombra
Per condurmi, Madre, sino al Signore,
Come una volta mi darai la mano.
In ginocchio, decisa, 5
Sarai una statua davanti all’eterno,
Come già ti vedeva
Quando eri ancora in vita.
Alzerai tremante le vecchie braccia,
Come quando spirasti 10
Dicendo: Mio Dio, eccomi.
E solo quando m’avrà perdonato,
Ti verrà desiderio di guardarmi.
Ricorderai d’avermi atteso tanto,
E avrai negli occhi un rapido sospiro. 15
La madre è un noto componimento poetico di Giuseppe Ungaretti, che appartiene alla sezione Leggende all’interno della raccolta Sentimento del Tempo (1936).
La madre (Ungaretti) – Parafrasi
Di seguito la parafrasi de La madre.
E quando il cuore con un ultimo battito
avrà fatto cadere il muro d’ombra [tra la vita e la morte]
per condurmi fino a Dio,
mi darai la mano, Madre, come facevi una volta.
In ginocchio, risoluta,
sarai come una statua davanti a Dio,
come ti vedevo
quando eri ancora viva.
Alzerai tremante le vecchie braccia,
come quando moristi
dicendo: Mio Dio, eccomi.
E solo quando Dio mi avrà perdonato,
ti verrà il desiderio di guardarmi.
Ricorderai di avermi atteso tanto,
e avrai negli occhi un sospiro di sollievo.
La madre (Ungaretti) – Analisi e commento
Di seguito l’analisi del testo de La madre.
Nella prima strofa, il poeta immagina il momento della propria morte, che gli permetterà di giungere nell’aldilà (superando il «muro d’ombra», v. 2, che divide la vita terrena da quella ultraterrena) e di incontrare la propria madre che lo accompagnerà, prendendelo per mano come quando era bambino («come una volta», v. 4), di fronte a Dio. Questa quartina si rivela una lunga inversione.
Nella seconda strofa, terza e quarta strofa si immagina il momento in cui la madre, in ginocchio, ma risoluta («decisa, v. 5) – tanto da apparire in una posa monumentale («sarai una statua», v. 6), che ricorda al poeta lo stesso atteggiamento che la donna aveva in vita – intercederà presso Dio per chiedere il perdono del figlio. L’aggettivo «tremante» rivela un moto di soggezione e insicurezza da parte della donna nel rivolgersi a Dio: il poeta paragona questo gesto – le braccia alzate – a quello che la donna fece in punto di morte, abbandonandosi alla volontà divina («Mio Dio, eccomi», v. 12).
La severità della madre viene sottolineata ai vv. 12-13: solo nel momento in cui Dio avrà perdonato il figlio, ella avrà il desiderio di volgergli il proprio sguardo.
È solo nel distico finale che si può intercettare un moto di tenerezza della donna nei confronti del figlio: ella, guardandolo, si ricorderà di quanto lo ha atteso e nei suoi occhi egli potrà ravvisare un sentimento di sollievo e di gioia per essersi ricongiunta al figlio, che ha ricevuto la salvezza.
A differenza della precedente stagione poetica, in questa raccolta Ungaretti recupera le forme metriche tradizionali, abbandonando il frammento. Il lessico è in gran parte riferibile all’ambito religioso.