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Era il giorno ch’al sol si scoloraro

Era il giorno ch’al sol si scoloraro è l’incipit del sonetto III del Canzoniere di Francesco Petrarca, il primo dei componimenti dedicati a Laura. In questo il poeta rievoca il giorno – il 6 aprile 1327 nella chiesa di Santa Chiara ad Avignone – in cui fu preso da amore per la donna. Petrarca finge che quel giorno coincidesse con il Venerdì Santo, giorno della Passione di Cristo, che quell’anno in realtà cadeva il 10 aprile.

La coincidenza tra l’innamoramento del poeta e il giorno, luttuoso per la cristianità, della morte di Cristo assegna un particolare significa alla vicenda amorosa: a partire da quel momento, infatti, egli si ritroverà coinvolto nell’errore che lo terrà lontano dalla rettitudine e gli provocherà sofferenze e conflitti interiori. Questo rapporto testimonia l’esigenza, tipicamente medievale, di trovare un legame tra il particolare e il sogggettivo (l’innamoramento) e l’universale (la vicenda di Cristo).

Petrarca compose il sonetto tra il 1348 e il 1349, sicuramente dopo la morte di Laura, avvenuta il 6 aprile 1348 (si noti la coincidenza tra il giorno dell’incontro e quello della dipartita).

Il sonetto presenta uno schema di rime incrociate nelle quartine (ABBA, ABBA) e replicate con inversione nelle terzine (CDE, DCE).

Era il giorno ch’al sol si scoloraro – Testo

Il testo del sonetto è il seguente.

Era il giorno ch’al sol si scoloraro

per la pietà del suo factore i rai,

quando i’ fui preso, et non me ne guardai,

ché i be’ vostr’occhi, donna, mi legaro.        4

Tempo non mi parea da far riparo

contra colpi d’Amor: però m’andai

secur, senza sospetto; onde i miei guai

nel commune dolor s’incominciaro.              8

Trovommi Amor del tutto disarmato

et aperta la via per gli occhi al core,

che di lagrime son fatti uscio et varco:         11

però, al mio parer, non li fu honore

ferir me de saetta in quello stato,

a voi armata non mostrar pur l’arco.            14 

Era il giorno ch’al sol si scoloraro – Parafrasi

Di seguito la parafrasi del sonetto

Era il giorno in cui al sole si scolorirono i raggi

per pietà del suo Creatore,

quando io fui catturato, e non potei difendermi,

poiché i vostri begli occhi, donna, mi incatenarono.

Non mi sembrava momento tale da difendermi

dai colpi di Amore, perciò proseguii

tranquillo, senza timore; per cui i miei lamenti

iniziarono in mezzo alla sofferenza generale.

Amore mi sorprese del tutto disarmato

e trovò aperta la via che porta al cuore attraverso gli occhi,

i quali sono diventati porta e passaggio di lacrime:

perciò, a parer mio, non fu per lui onorevole

colpirmi con una freccia in quella condizione,

mentre a voi, che eravate armata, non mostrare neppure l’arco.

Era il giorno ch’al sol si scoloraro –  Analisi

Era il giorno ch'al sol si scoloraroDi seguito l’analisi del sonetto.

I vv. 1-2 fanno riferimento al racconto evangelico (Luca, 23, 44-45: «Era circa l’ora sesta quando calarono le tenebre su tutta la terra fino all’ora nona e il sole si oscurò») secondo cui il sole, il giorno della Passione di Cristo, subì una eclissi e si oscurò, in segno di pietà per la sofferenza di Gesù. C’è dunque un intrecciarsi tra l’Amore sacro e l’Amore profano.

Il riferimento, nel v. 4, agli «occhi» riprende la tradizione cortese e stilnovistica, per cui l’Amore raggiunge il soggetto attraverso lo sguardo della donna amata.

Nella seconda quartina, Petrarca spiega come, di fronte all’innamoramento, egli fosse del tutto indifeso, perché il clima di dolore e sofferenza nel giorno della Passione di Cristo escludeva il rischio che l’Amore potesse “assaltarlo”.

Nei vv. 7-8, infatti, il poeta sottolinea come la sua sofferenza personale fosse nata nel giorno della sofferenza generale dei cristiani per la morte di Cristo.

Nel v. 7 si ha una reminescenza dantesca relativa al V canto, in cui Francesca ricorda il momento in cui si innamorò di Paolo: «soli eravamo e sanza alcun sospetto». La vicenda di Paolo e Francesca e quella petrarchesca sono accomunate dalla sorpresa e dal mancato preavviso rispetto a ciò che stava per accadere: l’innamoramento.

Nella prima terzina si ha la personificazione di Amore quale divinità armata di arco e frecce, che ha colpito il disarmato poeta, lasciando invece illesa Laura. Le frecce di Amore erano gli occhi della donna, che hanno raggiunto il cuore del poeta (cfr. Voi che per li occhi mi passaste ‘l core, G. Cavalcanti). Petrarca accusa Amore di viltà, perché ha fatto innamorare solo lui e non la donna.

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