La definizione di anacoluto è: “figura retorica che consiste nella costruzione di una frase priva di una conclusione adeguata dal punto di vista sintattico”; in sostanza ci troviamo di fronte a due costruzioni diverse di uno stesso periodo, dove la prima resta incompiuta mentre la seconda si chiude regolarmente.
Il termine anacoluto deriva dal greco anakoluthon, il cui significato è che non segue, senza conseguente, privo di seguito.
Tale figura retorica è nota anche come tema sospeso ed è molto frequente nel linguaggio parlato e in quello proverbiale (classici esempi Tanti galli a cantar non fa mai giorno; Chi s’aiuta, Iddio l’aiuta); sostanzialmente è una sgrammaticatura che può essere inconsapevole (e che spesso si verifica nel parlare comune, in particolar modo quando ci troviamo in contesti informali o in situazioni che ci costringono a parlare a braccio: “voi politici, vi ci vuol poco a guadagnare tanto”) oppure ricercata in quanto particolarmente espressiva; Alessandro Manzoni, per esempio, ricorre spesso all’anacoluto nel suo più celebre romanzo, I promessi sposi.
In altri termini, si tratta di un costrutto che, a seconda dei casi, può essere considerato un madornale errore (se a scrivere è uno studente) o, al contrario, una raffinatezza stilistica (se chi scrive si chiama Alessandro Manzoni o Cesare Pavese).
Il termine anacoluto deriva dal greco anakoluthon, il cui significato è che non segue, senza conseguente, privo di seguito.
Anacoluto – Esempi
Gli esempi di anacoluto in letteratura si sprecano. Il seguente è tratto dal capitolo XXXVI de I promessi Sposi di Alessandro Manzoni:
“quelli che muoiono, bisogna pregare Iddio per loro”.
Altri esempi manzoniani di anacoluto sono i seguenti:
“Il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare” (riflessione di Don Abbondio al capitolo XXV de I promessi sposi).
“Non sapete che i soldati è il loro mestiere di prender le fortezze?” (Don Abbondio, capitolo XXX de I promessi sposi).
“quel birbone che, se non fosse stato lui, Lucia sarebbe mia da venti mesi” (Renzo Tramaglino, capitolo XXXV de I promessi sposi).
“Lei sa che noi altre monache, ci piace di sentir le storie per minuto” (Suor Gertrude, capitolo IX de I promessi sposi).
Classico esempio di anacoluto è quello presente nella Lettera a Francesco Vettori di Niccolò Machiavelli:
“Mi pasco di quel cibo, che solum è mio, et che io nacqui per lui”.
Noto anche l’anacoluto presente ne La luna e i falò, forse l’opera più nota di Cesare Pavese:
“La luna bisogna crederci per forza”.
Altro notissimo esempio di anacoluto è il titolo del libro scritto dal maestro di scuola elementare Marcello D’Orta: “Io speriamo che me la cavo”.
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