A mia moglie è uno dei testi poetici più noti di Umberto Saba che fu pubblicato per la prima volta nel 1911 nella raccolta Poesie; dal 1921 entrò a far parte della sezione Casa e campagna, che contiene i componimenti composti tra 1909 e 1910, del Canzoniere.
La poesia è dedicata alla moglie Lina, qui paragonata alle femmine di alcuni animali domestici, delle quali privilegia alcune caratteristiche che rintraccia anche nella donna.
Si tratta di sei strofe di lunghezza variabile con versi prevalentemente settenari.
A mia moglie (Saba) – Testo
Di seguito il testo di A mia moglie.
Tu sei come una giovane
una bianca pollastra.
Le si arruffano al vento
le piume, il collo china
per bere, e in terra raspa; 5
ma, nell’andare, ha il lento
tuo passo di regina,
ed incede sull’erba
pettoruta e superba.
È migliore del maschio. 10
È come sono tutte
le femmine di tutti
i sereni animali
che avvicinano a Dio,
Così, se l’occhio, se il giudizio mio 15
non m’inganna, fra queste hai le tue uguali,
e in nessun’altra donna.
Quando la sera assonna
le gallinelle,
mettono voci che ricordan quelle, 20
dolcissime, onde a volte dei tuoi mali
ti quereli, e non sai
che la tua voce ha la soave e triste
musica dei pollai.
Tu sei come una gravida 25
giovenca;
libera ancora e senza
gravezza, anzi festosa;
che, se la lisci, il collo
volge, ove tinge un rosa 30
tenero la tua carne.
se l’incontri e muggire
l’odi, tanto è quel suono
lamentoso, che l’erba
strappi, per farle un dono. 35
È così che il mio dono
t’offro quando sei triste.
Tu sei come una lunga
cagna, che sempre tanta
dolcezza ha negli occhi, 40
e ferocia nel cuore.
Ai tuoi piedi una santa
sembra, che d’un fervore
indomabile arda,
e così ti riguarda 45
come il suo Dio e Signore.
Quando in casa o per via
segue, a chi solo tenti
avvicinarsi, i denti
candidissimi scopre. 50
Ed il suo amore soffre
di gelosia.
Tu sei come la pavida
coniglia. Entro l’angusta
gabbia ritta al vederti 55
s’alza,
e verso te gli orecchi
alti protende e fermi;
che la crusca e i radicchi
tu le porti, di cui 60
priva in sé si rannicchia,
cerca gli angoli bui.
Chi potrebbe quel cibo
ritoglierle? chi il pelo
che si strappa di dosso, 65
per aggiungerlo al nido
dove poi partorire?
Chi mai farti soffrire?
Tu sei come la rondine
che torna in primavera. 70
Ma in autunno riparte;
e tu non hai quest’arte.
Tu questo hai della rondine:
le movenze leggere:
questo che a me, che mi sentiva ed era 75
vecchio, annunciavi un’altra primavera.
Tu sei come la provvida
formica. Di lei, quando
escono alla campagna,
parla al bimbo la nonna 80
che l’accompagna.
E così nella pecchia
ti ritrovo, ed in tutte
le femmine di tutti
i sereni animali 85
che avvicinano a Dio;
e in nessun’altra donna.
A mia moglie – Parafrasi
Di seguito la parafrasi di A mia moglie.
Tu sei come una giovane,
bianca gallina.
Le si arruffano le piume
al vento, piega il collo
per bere, e gratta la terra;
ma, nel camminare, ha lo stesso
tuo passo lento da regina,
e procede sull’erba,
impettita e superba.
È migliore del maschio.
È come sono tutte
le femmine di tutti
i docili animali
che sono vicini a Dio.
Così se il mio sguardo, se il mio giudizio
non mi ingannano, le tue simili sono
tra le femmine degli animali, non tra le altre donne.
Quando la sera predispone al sonno
le gallinelle,
queste emettono voci che ricordano quelle,
dolcissime, con le quali a volte ti lamenti
dei tuoi mali, e non sai
che la tua voce ha il suono
dolce e triste dei pollai.
Tu sei come una mucca
incinta;
ancora agile e senza
pesantezza, anzi festosa;
la quale, se la accarezzi, rivolge
il collo, dove un rosa tenero
colora la sua carne.
Se la incontri e la senti
muggire, quel suono è tanto
lamentoso, che strappi l’erba
per farle un dono.
È così che ti offro il mio dono
quando sei triste.
Tu sei come una cagna
snella, che ha sempre
negli occhi tanta dolcezza,
e ferocia nel cuore.
Ai tuoi piedi sembra
una santa che arde di un calore
spirituale invincibile,
e così ti guarda
come il suo Dio e Signore.
Quando ti segue in casa
o per via, mostra
i denti bianchissimi
a chi tenti di avvicinarsi.
E il suo amore soffre
a causa della gelosia.
Tu sei come la coniglia
paurosa. Essa si alza dritta
dentro la gabbia stretta
appena ti vede,
e protende verso di te
le orecchie lunghe e ferme;
perché tu le porti la crusca
e i radicchi, e quando ne è priva
si rannicchia in sé,
cerca gli angoli bui.
Chi potrebbe privarla
di quel cibo? Chi potrebbe privarla
del pelo che si strappa di dosso
per aggiungerlo al nido
dove poi partorire?
Chi potrebbe farti soffrire?
Tu sei come la rondine
che ritorna in primavera.
Ma in autunno riparte;
e tu non hai questa abitudine.
Tu hai questo della rondine:
il modo aggraziato di volare;
e anche che avevi annunciato a me – che mi sentivo ed ero
vecchio – un’altra primavera [desiderio di vivere].
Tu sei come la formica
previdente. Di lei, quando
escono a passeggiare in campagna,
parla la nonna al bimbo
che accompagna.
E così ti ritrovo
nell’ape, e in tutte
le femmine di tutti
i docili animali
che sono vicini a Dio;
e non ti ritrovo in nessun’altra donna.
A mia moglie è una poesia di Umberto Saba dedicata alla moglie Lina, qui paragonata alle femmine di alcuni animali domestici, delle quali privilegia alcune caratteristiche che rintraccia anche nella donna.
Analisi del testo
Sebbene la poesia di Saba appaia come un rovesciamento rispetto alle tradizionali liriche amorose – soprattutto per quanto riguarda le figure femminili – in realtà si tratta di una celebrazione della donna amata: la moglie viene paragonata a «tutte / le femmine di tutti / i sereni animali» (vv. 11-13 e 83-85) che, con la loro natura semplice e spontanea, «avvicinano a Dio» (vv. 14 e 86), cioè all’essenza e alla profondità delle cose. Nella moglie, come negli animali scelti (gallina, mucca, cagna, coniglia, rondine, formica, ape), il poeta rintraccia la naturalezza e l’istintitività che è rara negli uomini, i quali complicano e falsificano la realtà.
Ogni strofa è aperta dall’anafora relativa all’espressione «Tu sei come», che trasforma la poesia in una sorta di preghiera e di litania nella quale sono esaltate le qualità della donna attraverso le similitudini con gli animali.
La moglie, nella prima strofa, è paragonata a una gallina che si presenta con un aspetto “arruffato”, ma ha il «passo di regina», lento e impettito. Come tutte le femmine degli animali, essa è «migliore del maschio» (v. 10) e non ha eguali nelle altre donne.
Nella seconda strofa la donna è paragonata a una «gravida / giovenca» (vv. 25-26) e qui emerge un’assimilazione alla figura materna, che suscita gioia e tenerezza.
Nella terza strofa la moglie ha la dolcezza e allo stesso tempo la ferocia di una cagna che è fedele al proprio padrone e gelosa nei confronti degli estranei.
Nella quarta strofa si ha il paragone con una coniglia impaurita, che per donare calore ai propri piccoli «si strappa di dosso» (v. 65) il pelo.
La leggerezza della rondine, simbolo della primavera e della rinascita, diventa un altro pregio della moglie che però, a differenza dell’animale, non lascia il proprio nido, ma rimane con la propria famiglia.
Le ultime due similitudini sono con la formica previdente e con l’ape.
Da questi paragoni emerge sia una sorta di timore da parte del poeta nei confronti della donna (e della figura materna), ma anche la visione di una femminilità vista come docile e innocua.