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Enjambement

L’enjambement è una figura retorica utilizzata nell’ambito della poesia e si realizza quando il senso logico di un verso non si conclude con il medesimo, ma prosegue in quello successivo. In altri termini, consiste nel collocare uno o più elementi dell’enunciato nel verso successivo; in tal modo si rompe il limite rimico del verso.

Il ricorso all’enjambement ha sostanzialmente due scopi:

  • conferire un maggiore rilievo a un certo termine
  • rompere la monotonia della successione dei versi.

Enjambement è un termine francese che il cui significato italiano è accavalciamento, inarcatura, spezzatura; si tratta di una figura retorica che ricorre frequentemente nell’ambito della poesia, ma non è impiegata nella prosa.

Un maggiore impiego di questa figura lo si è avuto a partire dal XVI sec., ma è soprattutto nei secoli successivi, e in particolar modo nell’Ottocento e nel Novecento, che si è iniziato a utilizzarla con grande frequenza; non mancano comunque in letteratura esempi precedenti; lo stesso Dante vi fa ricorso, per quanto sia un autore che tende a far coincidere l’unità metrica di un singolo verso con l’unità sintattica di una frase per far sì che il singolo verso abbia un significato compiuto e totalmente autonomo.

Diversi sono i gruppi sintattici che l’enjambement divide:

  • sostantivo e aggettivo (e viceversa)
  • sostantivo e complemento di specificazione
  • soggetto e verbo
  • verbo e complemento oggetto
  • ecc.

L’enjambement è una figura retorica di costruzione (o sintattica o di ordine delle parole).

Enjambement

La definizione di enjambement è: “figura retorica usata in poesia che si realizza collocando uno o più elementi dell’enunciato nel verso successivo”

Enjambement – Esempi

Gli esempi di enjambement che si possono trovare in letteratura sono numerosi; di seguito ne riportiamo alcuni relativi a poesie di autori italiani di notevole fama.

Il testo de L’infinito di Giacomo Leopardi è percorso da numerosi enjambement che lo frantumano trasmettendo così la tensione presente nel componimento:

Sempre caro mi fu quest’ermo colle,

E questa siepe, che da tanta parte

Dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.

Ma sedendo e mirando, interminati

Spazi di là da quella, e sovrumani

Silenzi, e profondissima quiete

Io nel pensier mi fingo; ove per poco

Il cor non si spaura. E come il vento

Odo stormir tra queste piante, io quello

Infinito silenzio a questa voce

Vo comparando: e mi sovvien l’eterno,

E le morte stagioni, e la presente

E viva, e il suon di lei. Così tra questa

Immensità s’annega il pensier mio:

E il naufragar m’è dolce in questo mare.

Come si può facilmente notare, nello splendido componimento di Leopardi si notano ben sei enjambement.

Numerosi enjambement sono presenti anche in un altro famoso componimento del poeta recanatese, A se stesso:

Posa per sempre. Assai

Palpitasti. Non val cosa nessuna

I moti tuoi, né di sospiri è degna

La terra. Amaro e noia

La vita, altro mai nulla; e fango è il mondo.

T’acqueta ormai. Dispera

L’ultima volta. Al gener nostro il fato

Non donò che il morire. Ormai disprezza

Te, la natura, il brutto

Poter che, ascoso, a comun danno impera

Sempre in Leopardi (A Silvia) troviamo quest’esempio:

Sonavan le quiete

stanze, e le vie d’intorno.

Gli esempi seguenti, invece, sono tratti dalla Divina Commedia di Dante.

Poeta fui, e cantai di quel giusto

figliuol d’Anchise che venne di Troia (Inferno, Canto I)

…

sol con un legno e con quella compagna

picciola da la qual non fui diserto (Inferno, Canto XXVI)

…

e dico ch’un splendor mi squarciò ‘l velo

del sonno, e un chiamar: “Surgi: che fai? (Purgatorio, Canto XXXII)

Questi esempi, invece, sono tratti dal componimento Alla sera (Foscolo):

…

e quando dal nevoso aere inquiete

tenebre e lunghe all’universo meni

sempre scendi invocata, e le secrete

vie del mio cor soavemente tieni.

Vagar mi fai co’ miei pensier su l’orme

che vanno al nulla eterno; e intanto fugge

questo reo tempo, e van con lui le torme

Nel sonetto di Petrarca Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono, ai vv. 1-2 sono presenti la figura retorica dell’enjambement e dell’allitterazione (suono – sospiri), che ha effetto onomatopeico:

Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono

di quei sospiri ond’io nudriva ‘l core

in sul mio primo giovenile errore

Nella poesia A mia moglie (Umberto Saba), gli enjambement sono moltissimi; riportiamo solo alcuni esempi relativi ai primi nove versi della poesia (se ne contano ben cinque).

Tu sei come una giovane

una bianca pollastra.

Le si arruffano al vento

le piume, il collo china

per bere, e in terra raspa;

ma, nell’andare, ha il lento

tuo passo di regina,

ed incede sull’erba

pettoruta e superba.

Il seguente esempio è tratto da Italy (Giovanni Pascoli):

Il tramontano scendeva con sordi

brontoli. Ognuno si godeva i cari

ricordi, cari ma perché ricordi

L’esempio successivo è invece tratto da Dei sepolcri (Ugo Foscolo):

che le ricetta. Io quando il monumento

vidi ove posa il corpo di quel grande

I seguenti esempi di enjambement sono invece tratti dalla Gerusalemme liberata (Torquato Tasso):

Loda il vecchio i suoi detti; perché l’aura

notturna avea le piaghe incrudelite

…

all’alma sì: deh! Per lei prega, e dona

battesmo a me ch’ogni mia colpa lave.

Altri tre esempi di enjambement sono presenti in Alle fronde dei salici (Salvatore Quasimodo):

E come potevano noi cantare

con il piede straniero sopra il cuore,

fra i morti abbandonati nelle piazze

sull’erba dura di ghiaccio, al lamento

d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero

della madre che andava incontro al figlio

crocifisso sul palo del telegrafo?

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