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Notazione algebrica

Per descrivere la posizione dei pezzi sulla scacchiera e le mosse che si eseguono è prassi usare la notazione algebrica. Nell’articolo sulla posizione iniziale degli scacchi viene descritta dettagliatamente ed è una delle prime cose che si dovrebbero imparare perché nei tornei di scacchi è spesso obbligatorio scrivere le proprie mosse e quelle dell’avversario su un opportuno formulario. Provate a ricostruire sulla scacchiera la seguente partita.

1.e4 e5 2.Cf3 f6 3.Cxe5 fxe5 4.Dh5+ g6 5.Dxe5+ Ae7 6.Dh8 Rf8 7.Ac4 Cc6 8.Dxg8# 1–0

notazione algebrica

Il diagramma soprariportato identifica la posizione finale (notate che 1-0 indica la vittoria del Bianco; la vittoria del Nero è indicata con 0-1, la patta con 1/2 o con notazioni simili).

Un utile esercizio

Il principiante deve esercitarsi a identificare le case della scacchiera senza utilizzare l’indicazione delle coordinate che a volte compare su due lati della scacchiera stessa. Dovrebbe per esempio sapere se la casa g6 è camposcuro o campochiaro oppure rispondere subito se un Alfiere in b8 controlla o meno la casa g1. Una padronanza di questa visione della scacchiera evita che spesso se ne dimentichi una parte (errore tipico del principiante). Non a caso, giocatori di media forza (diciamo attorno ai 2000 punti Elo) riescono a giocare a scacchi alla cieca perché ormai possiedono una perfetta padronanza delle case della scacchiera; viceversa ci sono giocatori anche più forti che hanno ancora difficoltà a “muoversi al buio” e non a caso sono soggetti a clamorose sviste.

Mi ricordo una partita di un torneo di prima nazionale nella quale avevo una posizione pessima ed ero pronto ad abbandonare:

partita

Il mio avversario pensava da molti minuti (pensavo: “ma cosa pensa?”); poi a un tratto giocò l’assurda Td8+?? Dopo un attimo di sorpresa, presi la Torre in a8 e catturai la Torre bianca. Il mio avversario sobbalzò e nel silenzio della sala gridò “ma quella torre non c’era!”. Chiamò l’arbitro e pretese la ricostruzione della partita (è per questo che nei tornei si deve obbligatoriamente scrivere la propria mossa), mentre la tensione era alimentata da un mio amico burlone che raccontava a tutti con aria molto seria che “ero solito a quei trucchi, che al circolo facevo sempre così, facendo comparire pezzi che non c’erano”.Dopo aver constatato che la Torre c’era sempre stata, il mio avversario abbandonò. Passato lo shock, al turno successivo, venne a scusarsi, era molto abbattuto per aver messo in dubbio la mia sportività; la sua prostrazione era eccessiva e non trovai di meglio che buttar lì un “può capitare a tutti di dimenticare una Torre”. Lui commentò sconsolatamente: “forse, ma a me capita spesso, visto che confondo ancora la casa b5 con quella g4!”.

Quel giorno capii l’importanza di “sentire la scacchiera” senza vederla.

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