La varicella in gravidanza è un’eventualità che può comportare rischi notevoli per il feto; nonostante sia una malattia prevalentemente pediatrica, di basso rischio se contratta da bambini, ci si può ammalare anche da adulti. Se chi si ammala è una donna in gravidanza, però, si possono avere complicanze anche di una certa gravità, principalmente a carico della salute del bambino, mentre per la madre non aggiunge altri rischi, se non quelli di una normale infezione da varicella, con le complicanze possibili, anche se abbastanza rare, come encefalite, polmonite o epatite.
La varicella è una malattia infettiva provocata da un virus, il varicella-zoster virus (o VZV). Trattandosi di un herpes virus umano, la malattia può trasmettersi soltanto nella nostra specie e non può essere contratta da altri specie animali, né trasmessa dagli oggetti.
Se ci si ammala di varicella, da piccoli o anche in età adulta, si ottiene un’immunità permanente al virus. Quindi se la donna in gravidanza si è già ammalata di varicella, i rischi legati a questa patologia sono nulli. Se invece contrae l’infezione durante la gravidanza, la conseguenza più grave è principalmente dovuta al potenziale effetto teratogeno del virus, cioè alla sua capacità di generare malformazioni nel feto.
Il virus è in grado di contagiare anche il feto, in circa un quinto dei casi, ma non è detto che l’infezione dia luogo poi a malformazioni fetali. In genere, più precoce è l’infezione, maggiori sono le probabilità complicanze a carico della salute del bambino; le infezioni più pericolose sono, infatti, quelle contratte nel corso del primo trimestre.
Varicella in gravidanza: le conseguenze per il feto
La conseguenza più grave dell’infezione da varicella è la sindrome da varicella congenita, che si manifesta alla nascita nel bambino con conseguenze di crescente gravità:
- lesioni cutanee
- cicatrici
- sviluppo incompleto o anomalo delle dita
- lesioni cerebrali
- encefaliti
- ritardo mentale.
La gravità delle conseguenze varia anche se il contagio della madre avviene in prossimità del parto. Se infatti l’infezione è contratta fino a 21 giorni prima del parto, gli anticorpi sviluppati dalla madre possono passare al feto e il decorso della malattia è generalmente più favorevole.
Se il parto avviene durante il periodo d’incubazione della madre (che per la varicella è di 15-21 giorni), il piccolo potrà contrarre la varicella dopo la nascita. In questo caso è possibile somministrare immunoglobuline specifiche per il virus della varicella e rafforzare la risposta immunitaria del bambino all’infezione.
Il caso più pericoloso è quando il contagio avviene negli ultimi venti giorni prima della data del parto, quando il piccolo non ha ricevuto ancora gli anticorpi della madre e l’infezione potrebbe avere il suo picco proprio al momento della nascita. Quest’ultima circostanza è particolarmente pericolosa e potenzialmente mortale, pertanto spesso si anticipa la data del parto, in modo da evitare che avvenga nei primi sette giorni della comparsa nella madre dell’eruzione cutanea diffusa (esantema), tipica della varicella.
Varicella in gravidanza: cosa fare
Nel caso la madre contragga il virus della varicella, è possibile cercare di rafforzare le difese immunitarie del bambino somministrando immunoglobuline specifiche, possibilmente entro i primi 3-10 giorni dal contagio. Se la donna contrae la varicella dopo la ventesima settimana, è possibile somministrare antivirali specifici per ridurre il rischio di complicanze gravi per la sua salute.
La varicella in gravidanza è un’eventualità che può comportare rischi notevoli per il feto
La strategia più opportuna è di tipo preventivo, possibile però solo se la gravidanza è in qualche modo programmata. Se la donna non ha mai contratto la varicella, può ricorrere al vaccino, da fare almeno tre mesi prima di iniziare la gravidanza. Nel dubbio, un esame del sangue è sufficiente per scoprire se è immunizzata da un precedente contagio, e decidere quindi se ricorrere al vaccino.
Nel caso la vaccinazione non sia stata possibile, la donna in gravidanza dovrebbe attentamente evitare di entrare in contatto con fonti di contagio, per esempio bambini piccoli, o frequentare asili o scuole dove la diffusione della varicella può essere particolarmente elevata.
Si può essere contagiati dal virus della varicella anche entrando in contatto con adulti in cui il virus si è riattivato in seguito a un attacco del cosiddetto fuoco di sant’Antonio: il virus in questione è, infatti, lo stesso. La probabilità di contrarre la varicella da chi ha in atto un attacco di fuoco di sant’Antonio è però più bassa, perché in questo caso il contagio non avviene per via respiratoria, ma entrando in contatto con le vescicole cutanee dell’infezione.
Nel caso in cui la donna abbia il dubbio di essere stata in presenza di un malato di varicella, è bene riferirlo immediatamente al ginecologo, che, in base all’epoca della gestazione, suggerirà le strategie migliori per contrastare i rischi.
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