I traumi da parto sono un’evenienza relativamente frequente; si stima che interessino 2-7 neonati ogni 1.000 nascite. L’incidenza di questi traumi ha conosciuto una netta riduzione negli ultimi anni grazie ai grandi progressi in campo ostetrico. Restano fondamentali una diagnosi precoce e un adeguato trattamento.
Traumi da parto: cause e fattori di rischio
Le cause di un trauma da parto possono essere varie; sono essenzialmente le dimensioni del neonato, la sua posizione nell’utero nel corso del travaglio ed eventuali difficoltà nel parto che possono causare un evento traumatico; più specificamente, fra i fattori che possono favorire un trauma da parto troviamo:
- macrosomia fetale (si definisce macrosomico il neonato che alla nascita pesa più di 4.000 g; alcune fonti parlano di 4.500 g; questa condizione è più frequente nelle madri diabetiche; l’incidenza della macrosomia in questa categoria, infatti, è di circa il 26%, mentre nelle madri non diabetiche è di circa l’8%)
- prematurità (si definisce prematuro il neonato che viene alla luce prima della 37ma settimana; eventuali traumi sono favoriti dalla sua maggiore fragilità)
- sproporzione cefalo-pelvica (la grandezza e la forma della pelvi della madre potrebbero risultare non adeguate a un parto vaginale)
- presentazione anomala alla nascita (il tipico esempio è rappresentato dalla presentazione podalica, ovvero quando sono i piedi a presentarsi per primi)
- eccessivo prolungamento del travaglio
- distocia (travaglio e parto anormali e difficoltosi).
I traumi da parto più comuni
I traumi da parto più comuni sono il cefaloematoma, l’ematoma dello sternocleidomastoideo, le fratture (clavicola, omero, femore e cranio), lussazione della spalla, paralisi del facciale, paralisi del plesso brachiale, paralisi del nervo frenico ecc.
Il cefaloematoma (noto anche come emorragia sottoperiostea) è uno dei traumi da parto che si riscontra più comunemente; si presenta come una tumefazione fluttuante al tatto e le cui dimensioni possono raggiungere quelle di una grossa arancia; di norma fa la sua comparsa sul cranio del neonato verso il terzo giorno dopo la nascita. Nella gran parte dei casi il problema si risolve spontaneamente nel giro di alcune settimane; se è particolarmente grande, il cefaloematoma può dar luogo ad anemia o iperbilirubinemia.
I traumi da parto sono un’evenienza relativamente frequente; si stima che interessino 2-7 neonati ogni 1.000 nascite.
Un trauma di lieve entità può determinare il cosiddetto caput succedaneum, un edema diffuso del cuoio capelluto generalmente dovuto alla pressione esercitata dalle pareti vaginali nel corso di un parto podalico.
L’ematoma dell sternocleidomastoideo è un’evenienza abbastanza frequente nel caso di presentazioni di spalla o podaliche. Può essere notato immediatamente alla nascita oppure dopo qualche giorno; l’ematoma determina un’incapacità nella torsione del capo dal lato interessato. La tumefazione tende a risolversi in modo spontaneo nel giro di alcune settimane come del resto accade nella gran parte degli ematomi di origine post-traumatica.
La frattura della clavicola è la più comune frattura che si verifica alla nascita; nei neonati, i sintomi e i segni tipici sono crepitio, edema e una protuberanza dell’osso apprezzabile sia visibilmente sia alla pressopalpazione. I movimenti dell’arto interessato dal trauma possono essere ridotti o addirittura assenti; in questi casi è opportuno valutare eventuali complicazioni; una delle più importanti, e che riguarda circa il 12% dei casi, è la cosiddetta paralisi di Erb.
Nel caso di fratture della clavicola senza complicazioni il trattamento è particolarmente semplice; l’arto viene immobilizzato per una o due settimane; nel corso di questo periodo si formerà un callo osseo che consentirà un celere recupero.
Nei parti difficoltosi possono verificarsi la frattura dell’omero e quella del femore. La gran parte di queste fratture sono “a legno verde”, a metà diafisi; generalmente si ha un buon rimodellamento dell’osso, anche se con un iniziale, seppur moderato, grado di angolazione. Nelle ossa lunghe, frequentemente le fratture si verificano a livello dell’epifisi; anche per queste, nei neonati, la prognosi è buona.
Le fratture depresse del cranio sono evenienze molto rare e, solitamente, dipendono dall’applicazione del forcipe; più raramente sono provocate dalla pressione che la testa ha su una prominenza ossea, in utero. Clinicamente si presentano come depressioni; la diagnosi viene confermata dalla radiografia. In alcuni casi è necessario ricorrere a un intervento radiochirurgico di sollevamento.
La lussazione della spalla è un’evenienza non particolarmente frequente, una corretta diagnosi è fondamentale e la riduzione deve avvenire entro pochissimi giorni. Il distacco epifisario della testa dell’omero è una lesione alquanto rara e non facile da diagnosticare anche quando ci si avvale dell’esame a raggi X in quanto la testa omerale non è ancora ossificata; un aiuto può venire dall’esame ecografico. Il trattamento prevede l’immobilizzazione in apparecchio gessato per circa due o tre settimane. La mancata diagnosi, soprattutto nel caso di distacchi completi, potrebbe determinare un difetto di accrescimento.
Le paralisi del facciale sono le paralisi periferiche che più comunemente si riscontrano nel neonato. Secondo molti autori esse sono dovute soprattutto alla compressione esercitata dal forcipe in corrispondenza del punto di uscita del nervo dal forame stilo-mastoideo, mentre altri le attribuiscono principalmente alla compressione del nervo in utero a causa della posizione fetale oppure alla pressione esercitata sul nervo da parte del promontorio sacrale oppure da un fibroma uterino. Il problema è piuttosto evidente nel momento in cui il neonato piange perché dalla parte interessata la faccia non si muove e l’occhio non si chiude. Nel caso di una semplice contusione del nervo il problema si risolve nel giro di alcune settimane.
Le lesioni del plesso brachiale sono solitamente causate a uno stiramento per presentazione podalica, iperabduzione del collo nella presentazione cefalica o distocia di spalla. La paralisi del plesso brachiale superiore interessa i muscoli di spalle e gomito, mentre quella del plesso brachiale inferiore riguarda principalmente i muscoli dell’avambraccio e quelli della mano. La prognosi è legata al tipo di danno subito dalla radice del nervo e alla parte interessata.
La paralisi del nervo frenico è un evento poco frequente; si verifica soprattutto nel caso di parto podalico ed è causata da una lesione delle radici cervicali. Il problema si presenta nelle prime ore di vita del neonato ed è accompagnato da dispnea e cianosi; la respirazione è soprattutto toracica e durante l’inspirazione non si osserva l’espansione dell’addome bensì il rientramento addominale. È necessario distinguere la paralisi del nervo frenico da cardiopatie congenite, ernia diaframmatica, problemi di tipo centrale, atelettasia (collasso totale o parziale di un polmone, dovuto allo sgonfiamento degli alveoli polmonari) ecc. Il dubbio diagnostico viene risolto effettuando un esame radioscopico che mostra l’immobilità del diaframma. Il trattamento consiste nell’utilizzo della ventilazione forzata in pressione positiva continua.
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