Il colesterolo è una molecola sterolica lipidica (è cioè un grasso), tipica degli organismi animali, soprattutto dei Vertebrati. È presente in tutti i tessuti, soprattutto nel cervello, nella bile e nel sangue; è scarsamente idrosolubile (cioè non si scioglie in acqua) perché, a causa della sua struttura è respinto dall’acqua. L’assorbimento avviene nell’intestino grazie ai sali biliari.
Il 35-40% del totale è presente in forma libera, mentre il rimanente è sottoforma di derivato da acidi grassi a catena lunga per un processo di esterificazione (la reazione di un alcol con un acido). La sintesi del colesterolo avviene soprattutto nel fegato, anche se vi partecipano numerosi altri organi (surrene, testicolo, aorta ecc.). Il colesterolo è eliminato con la bile, trasformato in acidi biliari e poi in sali biliari (può essere ottenuto allo stato puro cristallino dai calcoli biliari).
Il colesterolo è fondamentale per il nostro organismo.
- Interviene nella formazione e nella riparazione delle membrane cellulari.
- È il precursore della vitamina D, degli ormoni steroidei e degli ormoni sessuali (come androgeni, testosterone, estrogeni e progesterone).
- È contenuto nell’emoglobina.
- È il precursore dei sali biliari.
Il colesterolo è stato spesso sopravvalutato nello studio dei fattori di rischio cardiovascolare e questo articolo vuole fare un po’ di chiarezza sulla questione. Una sintesi di questa pagina è contenuta nel nostro video.
Perché il colesterolo serve
Come visto sopra, valori estremamente bassi di colesterolo totale (inferiori per esempio a 150 mg/dl) possono creare:
- degrado del sistema immunitario
- carenza di vitamina D, molto importante in molti processi biologici
- problemi nutrizionali (legati agli acidi biliari)
- maggiore probabilità di demenza senile.
Le lipoproteine
Le lipoproteine sono particolari proteine deputate alla raccolta e al trasporto di lipidi, in particolar modo di trigliceridi, colesterolo e colesterolo esterificato.
Vi sono diverse modalità di classificazione delle lipoproteine; una è quella che le suddivide in due grandi categorie: lipoproteine legate all’apoB (apolipoproteina B) e lipoproteine non legate all’apoB. Le prime sono quelle deputate al trasporto di colesterolo e trigliceridi dall’organo epatico e dall’intestino verso i tessuti periferici, mentre le seconde raccolgono gli stessi contenuti a livello di tali tessuti e li trasportano al fegato.
Le lipoproteine vengono suddivise anche in base alla loro densità; facendo riferimento a questo criterio si distinguono in:
- chilomicroni
- lipoproteine a densità molto bassa (Very Low Density Lipoprotein, VLDL)
- lipoproteine a densità intermedia (Intermediate Density Lipoprotein, IDL)
- lipoproteine a bassa densità (Low Density Lipoprotein, LDL)
- lipoproteine ad alta densità (High Density Lipoprotein, HDL).
L’ordine soprariportato non è casuale; esso, infatti, parte dalle lipoproteine più grandi e meno dense fino ad arrivare a quelle più piccole e più dense.
La densità è legata al loro contenuto lipidico; essa è tanto minore quanto maggiore è la quantità di trigliceridi racchiusi internamente alla particella; ne consegue che i chilomicroni sono le lipoproteine con maggior contenuto di trigliceridi, mentre le LDL e le HDL sono rispettivamente caratterizzate da un basso e da un bassissimo contenuto di trigliceridi; in compenso però, esse contengono una notevole quantità di colesterolo.
Quali sono le funzioni principali di queste lipoproteine?
- I chilomicroni svolgono soprattutto la funzione di raccolta, a livello dell’intestino tenue, dei trigliceridi introdotti con gli alimenti; esse sono dirette al tessuto muscolare e a quello adiposo dopodiché vengono catturate dall’organo epatico. I chilomicroni si trovano nel sangue solo dopo i pasti e di solito non sono presenti nei campioni a digiuno.
- Le VLDL svolgono una funzione di trasporto dei trigliceridi appena sintetizzati dal fegato al tessuto adiposo.
- Le IDL, generalmente non riscontrabili nel flusso ematico, sono ciò che rimane delle VLDL mature dopo che queste ultime hanno assolto la loro funzione di trasporto.
- Le LDL trasportano il colesterolo esterificato (la forma meno solubile del colesterolo) e i trigliceridi dal fegato nella circolazione; le LDL veicolano tra il 60 e l’80% circa del colesterolo sierico.
- Le HDL, invece, recuperano il colesterolo presente nei vari tessuti e da questi lo trasportano al fegato e ai tessuti steroidogenici come, per esempio, le gonadi o le ghiandole surrenali (le gonadi e la corteccia surrenale utilizzano il colesterolo per la sintesi di ormoni sessuali e corticosteroidi).
VLDL e IDL non sono inclusi nel valore ottenuto dal calcolo della frazione LDL.
Colesterolo totale, LDL (cattivo), HDL (buono)
La formula chimica del colesterolo
Il colesterolo non è quindi libero nel sangue; quello totale si divide perciò in VLDL (a bassissima densità), LDL (a bassa densità) e HDL (ad alta densità).
Perché colesterolo buono e colesterolo cattivo
Perché si parla di colesterolo buono e di colesterolo cattivo? Come sopra spiegato, quest’ultimo non è libero nel sangue, ma appunto legato alle varie lipoproteine, in particolar modo alle LDL e alle HDL. Le prime presentano una notevole affinità con l’endotelio delle arterie e liberano il colesterolo sulla parete dei vasi e ciò è alla base della formazione delle placche ateromatose che caratterizzano la patologia nota come aterosclerosi; al contrario, le HDL operano in modo opposto, rimuovendo cioè il colesterolo dalle arterie riportandolo al fegato (non a caso le lipoproteine ad alta densità vengono dette anche “spazzini del sangue”). Incerto è invece il significato del colesterolo presente nelle lipoproteine VLDL.
Possiamo ricorrere all’analogia delle foglie: pensiamo a un grande viale alberato (i vasi), su questo viale cadono tante foglie (LDL) che lo ricoprono; se operano tanti spazzini (HDL) il viale rimane pulito, mentre se gli spazzini sono pochi non ce la faranno a rimuovere tutte le foglie; gli spazzini nulla possono sulla caduta delle foglie, ma agiscono rimuovendole; quindi, più sono gli spazzini (il colesterolo HDL), minore impatto avranno le foglie (il colesterolo LDL).
Una precisazione: la denominazione colesterolo cattivo può essere fuorviante; non si deve, infatti, pensare che il ruolo delle lipoproteine LDL sia negativo in toto; esse, fra le altre cose, distribuiscono il colesterolo alle cellule e questa funzione è fondamentale e positiva. I problemi si vengono a creare quando, a causa di un’eccessiva presenza di colesterolo LDL, una parte di esso si deposita sulle pareti interne delle arterie formando le placche ateromatose.
È per questo motivo che avere un elevato livello di colesterolo HDL è importante; esso, infatti, rimuovendo il colesterolo LDL dalle arterie ne riduce gli effetti negativi. Il meccanismo di recupero è favorito dalla presenza di un enzima denominato LCAT (L-colesterolo aciltransferasi) il quale, aggiungendo un gruppo acile al carbonio 3 del colesterolo, rende quest’ultimo più liposolubile favorendone, conseguentemente, l’ingresso nel nucleo delle HDL.
La funzione di trasporto svolta dalle HDL viene detta RCT (Reverse Cholesterol Transport, trasporto inverso del colesterolo).
La rimozione del colesterolo dalle cellule non è la sola proprietà anti-aterosclerotica delle HDL, queste lipoproteine, infatti, promuovono la riparazione e migliorano la funzione dell’endotelio, hanno proprietà antinfiammatorie e inibiscono l’adesione dei monociti all’endotelio. Tutte queste funzioni aiutano sia a prevenire la progressione delle lesioni aterosclerotiche sia a promuoverne la regressione.
Colesterolo HDL: come aumentarlo
Come fare per aumentare la quota ematica di colesterolo HDL? Uno dei mezzi più efficaci è senza ombra di dubbio lo svolgimento di un’attività fisica aerobica regolare a medio-alta intensità. Attenzione: l’attività fisica non riduce il colesterolo cattivo e quindi nemmeno quello totale che anzi aumenta perché aumenta quello buono, ma si riduce l’indice di rischio cardiovascolare.
L’aumento della frazione di colesterolo HDL si registra soprattutto quando si passa dalla sedentarietà alla regolarità dell’esercizio fisico; detto aumento va dal 3 al 9% circa. Si deve tenere presente che un allenamento a bassa intensità sortisce effetti scarsi o addirittura nulli. Per approfondimenti su questo punto si consultino i nostri articoli Colesterolo HDL e allenamento aerobico e Colesterolo e sport.
Il fumo abbassa i livelli di HDL. Un aumento del colesterolo HDL (4 mg/dl) si registra pertanto anche nei fumatori che decidono di smettere di fumare; l’aumento atteso sembra maggiore nei soggetti di sesso femminile e in coloro che partono da valori di colesterolo HDL superiori ai 47 mg/dl).
Anche il calo ponderale aiuta a innalzare i livelli ematici di colesterolo HDL; tale aumento viene quantificato in circa 0,35 mg per ogni chilogrammo perduto in caso di soggetti sovrappeso o affetti da obesità. È bene notare sia che l’effetto positivo si registra solo nel caso in cui il peso raggiunto venga mantenuto nel tempo sia che nella fase di calo ponderale non si registrano innalzamenti dei livelli di colesterolo HDL, ma, addirittura, leggere diminuzioni.
Sembra che anche un consumo moderato di alcol (dove per moderato si intende un consumo di 30 g al giorno) sortisca effetti positivi sull’incremento del colesterolo HDL (circa 4 mg/dl); non è però chiaro se gli effetti positivi in questione siano tali da raccomandare un consumo regolare di 30 g di tale sostanza; potrebbe, infatti, verificarsi il caso che il rischio legato al consumo di alcol, per quanto in quantità considerate moderate, sia superiore al beneficio ottenibile. La nostra posizione sulla questione alcol è ben nota: un eccessivo consumo di bevande alcoliche limita decisamente la funzionalità epatica; non sembra quindi opportuno consigliare di consumare alcol al solo scopo di innalzare la quota di colesterolo HDL quando esistono metodi più efficaci e salutistici per farlo.
Un ultimo cenno va infine alla possibilità di innalzare la quota di colesterolo HDL ricorrendo ai farmaci; anche in questo caso la nostra posizione è chiara; i farmaci (solitamente le statine) dovrebbero essere utilizzati soltanto nei casi di fallimento di tutte le strategie percorribili per abbassare la frazione di colesterolo LDL e innalzare quella di colesterolo HDL.
Colesterolo cattivo
Il colesterolo cattivo è quello contraddistinto dall’acronimo LDL perché tende a depositarsi sulle pareti delle arterie. Il colesterolo LDL è sempre stato associato alle malattie cardiovascolari (aterosclerosi, angina pectoris, infarto miocardico, ictus). In realtà si è visto che è molto ottimistico considerare un solo parametro, anche perché la sua importanza dipende notevolmente dalle condizioni generali del soggetto.
Quando il colesterolo LDL è un problema? Dipende. Per esempio, per un soggetto ad alto rischio cardiovascolare il valore del colesterolo LDL dovrebbe essere inferiore a 100 mg/dl, mentre per un soggetto sano e con un buon stile di vita tale limite può essere anche doppio.
Inoltre si è accresciuta l’importanza del rapporto fra colesterolo totale e colesterolo buono (HDL), cioè del valore dell’indice di rischio.
Calcola del colesterolo totale
Nei laboratori di solito si misura il colesterolo che deriva dalle varie lipoproteine, cioè le sostanze che lo trasportano nel sangue.
Nei laboratori la quota LDL è ricavata da altri valori con la formula di Friedewald:
LDL = colesterolo totale – (HDL + 1/5 trigliceridi).
Quando il valore dei trigliceridi supera 400 mg/dl (un valore decisamente preoccupante), la formula di Friedewald non è attendibile ed è necessario eseguire la determinazione della quota LDL con metodiche di ultracentrifugazione.
Colesterolo e rischio cardiovascolare
Non è ancora chiaro cosa determini la partecipazione dell’LDL alla formazione delle placche, tant’è che un soggetto potrebbe avere LDL alto, ma nessuna placca e un altro averlo abbastanza basso, ma avere la formazione di placche a livello pericoloso.
In altri termini:
il colesterolo non è il fattore di rischio più importante.
Infatti, in ogni soggetto il meccanismo LDL-HDL dovrebbe assicurare che le arterie restino pulite. Se ciò non accade è ottimistico pensare che sia il meccanismo LDL il solo responsabile.
Ecco perché nella valutazione del rischio cardiovascolare contano altri fattori di rischio come il fumo, l’ipertensione, il sovrappeso, la sedentarietà (come è dimostrato dalla ricerca condotta in sette Paesi europei – denominata appunto Seven Countries Study – iniziata negli anni ’50 e durata 25 anni) e perché si stanno valutando altri indicatori della situazione (come la proteina C reattiva o l’omocisteina). La formazione della placca inizia infatti con un processo infiammatorio sulla parete interna delle arterie (endotelio), che richiama i linfociti, che a loro volta fissano colesterolo, calcio e altre sostanze e formano la placca.
Nel 2003 l’équipe del dott. Umesh. N. Khot ha analizzato i risultati di 14 studi internazionali che hanno coinvolto 122.000 pazienti. L’86,4% degli uomini e l’80,6% delle donne colpiti da infarto coronarico presentavano uno dei seguenti fattori di rischio:
- fumo
- ipertensione
- diabete
- colesterolo alto.
Poiché Khot fa notare che l’obesità contribuisce a colesterolo alto, ipertensione e diabete, conclude che è corretto considerarla come quinto fattore di rischio (e in questo caso le percentuali salirebbero ancora).
Se ci si collega al sito della Fondazione Cuore, si possono consultare gli studi clinici sull’efficacia delle statine e quindi del controllo del colesterolo. Primo dato incredibile: quasi tutti gli studi sono condotti su pazienti che hanno avuto già problemi cardiaci, nei quali l’uso delle statine è più che giustificato, ma si tratta di studi che nulla hanno a che fare con la prevenzione su soggetti non malati.
Consideriamo quindi il solo studio che esamina soggetti sani. AFCAPS: 6.605 soggetti (maschi 45-73 anni, femmine 55-73) con colesterolo totale fra 180 e 264 mg/dl e colesterolo HDL inferiore a 45 (47 per le donne).
Già il campione è dubbio perché considera soggetti con un basso colesterolo buono (il colesterolo totale conta molto di più se il colesterolo buono è basso, quindi la ricerca bara un po’ perché si mette nelle condizioni migliori per dire che il colesterolo totale è un “buon” fattore di rischio), ma passiamoci sopra.
I risultati? Dopo 5 anni il 5% dei soggetti non trattati ha avuto un evento coronarico maggiore, mentre nei soggetti trattati tale percentuale è del 3,5%. Trionfalmente lo studio può concludere che il controllo del colesterolo ha migliorato la situazione del 30% (facendo passare dal 5% al 3,5%), usando il trucco delle percentuali relative. Il dato è fuorviante e deludente perché poiché il campione non è stato selezionato in base ad altri fattori di rischio (fumatori, ipertesi e sovrappeso), non è possibile concludere che l’1,5% in meno rimane tale se il campione è composto da soggetti con ottimo stile di vita.
Le statine hanno anche una funzione antinfiammatoria per cui, a prescindere dalla riduzione del colesterolo, svolgono un’azione protettiva delle pareti dei vasi.
Ragionando al contrario, si può concludere che su 10 soggetti che hanno un evento coronarico, il controllo del colesterolo AL MASSIMO ne salva 3, un dato francamente deludente per il battage che si fa. Questi 3 pazienti potrebbero essere salvati semplicemente dirottandoli verso uno stile di vita ottimale (no fumo, no sovrappeso, attività sportiva).
L’assunzione a vita di statine ha sicuramente effetti collaterali che sulla popolazione provocano più danni di quelli evitati con quell’1,5% di soggetti salvati dall’evento coronarico (evento che può essere solo differito nel tempo, visto che le statine comunque non rendono nulla la probabilità dell’evento, ma l’abbassano solo del 30%). In altri termini, se in 5 anni 1,5 soggetti su 100 ne hanno un beneficio scampando l’evento coronarico e 3,5 non ne hanno beneficio perché comunque lo subiscono, quali sono i danni collaterali negli altri 95 che comunque hanno dovuto assumere statine?
Quindi:
per avere un basso rischio cardiovascolare basta non fumare e avere una pressione sistolica inferiore a 130.
Colesterolo alto – Valori del colesterolo
Quando il colesterolo è alto? La risposta non è semplice perché la domanda probabilmente intende riferirsi a quello cattivo; un valore di colesterolo totale superiore alla norma non è di per sé preoccupante.
La vecchia interpretazione considerava valori ottimali quelli inferiori a 240 mg/dl di colesterolo totale (a 200 mg/dl o addirittura a 160 mg/dl se sono presenti fattori di rischio cardiovascolare o è già in atto una coronaropatia) e inferiori a 160 mg/dl di LDL (rispettivamente 130 mg/dl e 100 mg/dl nel caso di fattori di rischio o di coronaropatia). La vecchia interpretazione considerava solo il totale anche perché nella popolazione sedentaria (e spesso con cattiva alimentazione) quello buono è molto basso.
Con il diffondersi di concetti salutistici (attività fisica e alimentazione sana) ciò non è più vero e l’incremento della frazione buona spesso porta il totale oltre i vecchi valori di attenzione.
Oggi, per una valutazione migliore della situazione, si considera l’indice di rischio cardiovascolare, cioè il rapporto fra valore del totale e quello della parte buona (HDL):
IR=(col. totale)/(col. HDL).
Tale indice per un soggetto sano deve essere inferiore a 5 per l’uomo e a 4,5 per la donna.
Un soggetto con colesterolo totale a 250 e colesterolo buono a 85 ha un indice di rischio a 2,94 ed è in una condizione decisamente migliore di chi ha quello totale a 200 e quello buono a 40, dove l’indice di rischio vale 5. Per i dettagli si veda l’articolo sui grassi saturi (L’accusa). Si veda per esempio questo articolo di healthline.com. L’importante è capire che
il valore del colesterolo totale ha scarsa rilevanza
e che
ciò che conta è l’indice di rischio.
Salviamo il cuore – Come impostare un efficace “piano salvacuore”.
Cause del colesterolo alto: il ruolo dell’alimentazione
Le cause di valori elevati di colesterolo cattivo sono principalmente:
- Il fumo
- La sedentarietà
- Lo stress
- L’obesità
- Alcune malattie (come il diabete)
- La genetica (storia familiare)
- L’alimentazione.
Un errore comune è credere che tutto il colesterolo provenga dai cibi. In realtà
al massimo solo il 20% proviene dall’alimentazione,
mentre l’80% è di origine endogena (cioè creato dall’organismo. La produzione è circa di 1-2 g al giorno mentre l’organismo ne assume con la dieta 200-500 mg, per l’uomo occidentale medio circa 340 mg, 220 mg per la donna). Una parte di quello in eccesso viene eliminata dal fegato, cosicché la percentuale esogena (cioè proveniente dall’esterno, dall’alimentazione) massima del 20% sul totale è più che ragionevole. Solo se si mangia “malissimo” si arriva al 20%. Realisticamente è del 10%.
Per un approfondimento si consulti l’articolo Colesterolo alto – Cause – Rimedi (cosa mangiare e…).
Sintomi
Purtroppo, valori alti del colesterolo non provocano sintomi e segni evidenti e l’esame del sangue è l’unica strada per rivelare un’ipercolesterolemia.
Disinformazione sul colesterolo
Nell’articolo sui grassi saturi abbiamo mostrato come la loro demonizzazione sia stata frutto di interessi commerciali e scientifici. Nessuno vuole mettere in dubbio che un colesterolo totale di 300 mg/dl o un colesterolo HDL (il cosiddetto colesterolo buono) di 30 mg/dl possano causare dei problemi, ma è una falsa soluzione individuare il colesterolo come responsabile primo del rischio cardiovascolare.
L’interpretazione delle più importanti ricerche è stata per decenni frutto di errori logici grossolani. Vediamo perché parliamo di errori logici con un esempio molto importante.
Lo studio di Framingham ha dimostrato che ogni incremento dell’1% della colesterolemia è associato ad un aumento di incidenza di cardiopatia ischemica del 2-3%.
Cioè, se io passo da 180 mg/dl a 252 mg/dl ho un aumento del 40%. Ammesso (e non concesso) che a 180 mg/dl l’incidenza sia zero, un aumento del 40% indica un aumento della cardiopatia del 40*2,5=100% (2,5 è il 2-3%). Cioè sono morto. Come almeno il 30% degli italiani. Come spiegato nell’articolo sui grassi saturi, il famoso studio Framingham mostrò che non c’è nessuna significativa differenza nel rischio cardiovascolare fra individui i cui livelli di colesterolo variano da 204 a 294 mg/dl. Nonostante ciò, il dott. Kennel, direttore dello studio, sentenziò che il livello di colesterolo totale plasmatico è un potente indicatore del rischio cardiovascolare. Fu solo dieci anni dopo che i dati dello studio Framingham furono pubblicati senza enfasi sull’Archives of Internal Medicine. Purtroppo le parole di Kennel avevano già fatto il giro del mondo.
Ulteriori evidenze, che nel dettaglio hanno valutato l’andamento del rischio della colesterolemia in popolazione, sono emerse dall’analisi osservazionale della coorte di uno degli studi più grandi, il Multiple Risk Factor Interventional Trial (MRFIT). L’analisi della mortalità a 6 anni su 361.662 uomini, tra 35 e 57 anni di età, ha dimostrato una relazione tra colesterolemia e rischio di malattie cardiovascolari di tipo lineare, vale a dire l’assenza di valori soglia, al di sopra (o al disotto) dei quali sia possibile rilevare variazioni rilevanti della condizione di rischio.
Non si citano i dati e cioè che a 200 mg/dl il rischio è lo 0,14% e che a 250 è lo 0,17%!!!! Sempre dallo stesso articolo sui grassi saturi: l’altro famosissimo studio (Multiple Risk Factor Intervention Trial, MRFIT) cercò di correlare il rischio cardiovascolare al livello di colesterolo di 362.000 uomini e trovò che le morti annuali erano leggermente inferiori allo 0,1% con livelli di colesterolo sotto ai 140 mg/dl e circa lo 0,2% per livelli sopra i 300 mg/dl. Questo bastò per far dire al dott. La Rosa dell’American Heart Association che la curva di rischio inizia a flettersi decisamente a 200 mg/l, mentre in realtà la “curva” è una retta che non mostra nessun punto critico. Matematicamente ciò significa che abbassare di 32 mg/dl i livelli di colesterolo (forse il massimo di quello che si riesce a ottenere con l’alimentazione!) abbassa il rischio di morte dello 0,02%!
Anche uno studio di confronto cross-culturale, come il Seven Countries Study (condotto su 12.467 uomini, di età compresa tra 40 e 59 anni, negli USA, in Giappone ed in cinque paesi europei – Italia, Iugoslavia, Grecia, Finlandia, Olanda) ha confermato che un incremento della colesterolemia di 20 mg/dL, lungo tutta la sua distribuzione nella popolazione, corrispondeva ad un aumento del 12% del rischio di mortalità coronarica. All’interno delle popolazioni dei singoli paesi, la colesterolemia era correlata in maniera lineare alla mortalità coronarica e l’aumento dell’incidenza di mortalità coronarica era identico per pari incrementi della colesterolemia. La minor incidenza di mortalità per cardiopatia ischemica si osservava in Giappone e nei paesi dell’Europa meridionale, la cui popolazione presentava valori medi di colesterolemia basale (125-150 mg/dL) corrispondenti ai quartili inferiori della distribuzione generale dello studio, ma che comunque mostravano un aumento dell’incidenza di eventi all’aumentare della colesterolemia.
Il 12% è un dato risibile in linea con la disinformazione sul colesterolo. Un conto sarebbe stato dire che il rischio raddoppiava o triplicava. Il 12% di aumento del rischio vuol dire che passare da 200 a 240 di colesterolemia può far aumentare un rischio di morte dell’1% all’1,24%.
Nonostante ciò, è corretto ammettere che esistono studi che correlano un alto livello di colesterolo LDL al rischio cardiovascolare, anche se le interpretazioni di tali studi hanno amplificato i risultati. Ma allora perché parlare di disinformazione?
Perché i dati vengono interpretati e amplificati perché il colesterolo è un parametro controllabile (con i farmaci, a prescindere dagli effetti collaterali) e controllare le patologie è uno delle deviazioni della medicina convenzionale, a volte malata dal desiderio di “guarire tutto” (delirio di onnipotenza).
Una posizione equilibrata e corretta sul problema colesterolo
Ecco una trascrizione integrale dell’intervista (disponibile anche come video) rilasciata dal Dott. Franco Pazzucconi del Centro Universitario Dislipidemie dell’Ospedale Niguarda di Milano al Corriere Salute. In corsivo le domande, in grassetto la convergenza con le posizioni del nostro sito.
Benvenuti. Oggi parliamo di colesterolo. Lo facciamo col dottor Franco Pazzucconi del Centro Universitario Dislipidemie dell’Ospedale Niguarda di Milano. Da lui vogliamo sapere qual è il valore giusto di colesterolo.
Non esiste un livello giusto di colesterolo, dipende tutto da quali sono gli altri fattori di rischio cardiovascolare che il paziente presenta.
E quali sono questi fattori di rischio?
Beh, il fumo, l’ipertensione, il diabete, la familiarità (molto importante aver avuto familiari che hanno avuto altri eventi cardiovascolari), purtroppo per noi il sesso maschile.
Quindi mi sembra di capire che più sono i fattori di rischio, più basso deve essere il colesterolo.
Eh, sicuramente è così. Ben diverso il caso di una giovane donna che è attiva, fa una buona attività fisica, non fuma, non è diabetica; potrà permettersi di avere livelli di colesterolo più alti. Al contrario un maschio magari anche un po’ attempato, col diabete, e che fuma, deve sicuramente avere dei livelli di colesterolo ben più bassi.
Ecco, ma quando parliamo di colesterolo, ci riferiamo al colesterolo totale o a quello “cattivo”?
Bene, molti guardano ancora al colesterolo totale però in realtà il colesterolo totale non ha più molto senso oggi. Quello che è importante è il colesterolo cosiddetto “cattivo”, il colesterolo LDL, che deve essere tenuto più basso possibile, mentre invece quello cosiddetto “buono”, il colesterolo HDL, deve essere tenuto più alto possibile.
Ma è più importante abbassare il colesterolo cattivo o alzare il colesterolo buono?
Dagli ultimi studi che sono stati fatti in questo settore hanno calcolato che se noi aumentiamo di un mg/dl il colesterolo LDL, il soggetto avrà un aumento dell’1% [del rischio] di avere un infarto nei prossimi 10 anni, invece se aumentiamo di un mg/dl il colesterolo HDL il rischio si ridurrà del ben 3%.
Quindi mi sembra di capire che ci sia una novità: cioè, è più importante alzare il colesterolo buono che abbassare il colesterolo cattivo. Ma come si fa ad abbassare il colesterolo cattivo e ad alzare quello buono?
Bene, per abbassare il colesterolo LDL, ormai è ben noto: la dieta mediterranea (per noi la dieta italiana, N.d.R.), il calo di peso se è necessario. Eventualmente, se ciò non dovesse bastare, farmaci: statine o l’ultimo arrivato l’ezetimibe. Per alzare il colesterolo HDL sono allo studio molti farmaci, nessuno è ancora arrivato in commercio e quindi dobbiamo affidarci a metodi naturali: molta attività fisica di tipo aerobico, quindi ciclismo, corsa o nuoto e, eventualmente, un mezzo bicchiere di vino rosso alla sera. Attenzione però che al secondo bicchiere la curva di mortalità torna ad alzarsi e l’HDL si abbassa.
Quindi mi raccomando: solo un mezzo bicchiere o un bicchiere. Per quanto riguarda qualche consiglio finale?
Bene, per tenere sotto controllo le dislipidemie o, perlomeno, per avere un quadro lipidico ben gestito, la cosa più importante rimane comunque l’abitudine a una sana vita con molta attività fisica aerobica, una dieta bilanciata senza esagerare, né da una parte né dall’altra. I prodotti dietetici lasciamoli a chi ne ha bisogno. E credo che questo sia tutto.
Come abbassare il colesterolo
Per abbassarlo (o meglio, ridurre quello cattivo) si può in ordine di priorità:
- Avere un buon stile di vita
- Assumere integratori
- Assumere farmaci.
Per approfondire questi punti si consulti l’articolo: Colesterolo alto – Cause – Rimedi (cosa mangiare e…).
Dieta per il colesterolo
Sappiamo che per esempio 100 g di burro apportano circa 750 kcal, una quantità improponibile in una dieta ipocalorica. È dunque confermata una delle “scoperte” della dieta italiana: la raccomandazione salutistica di non assumere tutta una serie di cibi per limitare il colesterolo alimentare è del tutto inutile se il soggetto rispetta il vincolo di una dieta ipocalorica.
Il controllo della produzione endogena avviene secondo un meccanismo che riduce la quantità di colesterolo endogeno se aumenta quello assunto con la dieta e viceversa, per cui è troppo semplicistico sperare di controllare il colesterolo, eliminando dalla propria alimentazione i cibi che ne sono ricchi (eliminazione che farebbe aumentare quello endogeno).
In particolare, con un’alimentazione ipercalorica non ha senso l’uso di integratori alimentari (i fitosteroli sono i più interessanti) che riducono l’assorbimento del colesterolo né ha pregio il consiglio di ingozzarsi di fibre alimentari e di cibi ricchi di colesterolo sperando che le fibre ne ostacolino l’assorbimento. In chi ha un cattivo stile di vita gli integratori (spesso peraltro sottodimensionati o inefficaci) sono un controsenso perché tutte le ricerche hanno mostrato che riducono solo percentualmente l’assorbimento del colesterolo.
Ulteriori informazioni: La dieta per il colesterolo .
Ecco un semplice elenco di cibi contenenti colesterolo (le quantità sono in mg per 100 g di alimento edibile):
- Organi di animali (valori per organi cotti: cervello oltre 2000 mg, fegato 350 mg, ma se è di pollo anche 750 mg, cuore 250 mg ecc.)
- Tuorlo d’uovo (1.350, un uovo intero ne contiene 400 mg per 100 g perché il peso del tuorlo rappresenta circa un terzo del peso totale)
- Burro (250)
- Frutti di mare (aragosta, gamberi, ostriche, cozze: 150)
- Salumi grassi (100)
- Formaggi grassi (pecorino, grana, parmigiano ecc.: 100).
Per avere un’idea, 100 g di carne e pesce magri (petto di pollo, tonno, pesce spada ecc.) ne contengono circa 70 mg.
Colesterolo alto: cosa mangiare? La risposta è semplice: tutto ciò che non è nell’elenco dei cibi da evitare. Sarebbe però veramente ottimistico sperare che con una sanissima alimentazione si possano diminuire drasticamente i valori. Come detto sopra, di solito si ridurranno i valori di un 10% e, se non si fa attività fisica, è molto probabile che l’indice di rischio resti elevato. In Rete si trovano molti rimedi della nonna: noci, mandorle, arachidi, avocado, banane, patate e chi più ne ha più ne metta. Non esistono alimenti miracolosi che, da soli, possano combattere efficacemente un colesterolo alto.
Riassumendo, è inutile chiedersi quale pizza mangiare se avete problemi di ipercolesterolemia:
è inutile che vi preoccupiate del vostro colesterolo se continuate a essere in sovrappeso!
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