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Distrofia muscolare di Becker

La distrofia muscolare di Becker (DMB, anche distrofinopatia di Becker o, più semplicemente, distrofia di Becker) è una delle forme più note di distrofia muscolare; deve il suo nome al medico tedesco che per primo, nel 1955, la descrisse, Peter Emil Becker.

La distrofia muscolare di Becker è una patologia genetica neuromuscolare caratterizzata soprattutto da atrofia e debolezza muscolari che sono secondarie a una progressiva degenerazione dei muscoli scheletrici, dei muscoli lisci e di quelli cardiaci.

La distrofia muscolare di Becker colpisce soprattutto i soggetti di sesso maschile; l’incidenza va da 1/18.000 – 1/31.000 maschi. Le femmine sono solitamente portatrici sane (la distrofia muscolare di Becker viene ereditata come carattere recessivo legato al cromosoma X) e sono generalmente asintomatiche; una piccola parte di esse può però presentare forme lievi della patologia (si parla in questi casi di portatrici manifeste).

Si deve anche notare che alcune madri di soggetti affetti dalla malattia risultano non portatrici; ciò sta a significare che esiste la possibilità che in un soggetto si possa sviluppare una mutazione ex novo.

Quando da una femmina portatrice della patologia nasce un bambino di sesso maschile si ha il 50% delle probabilità che egli manifesti la distrofia muscolare di Becker; se la madre partorisce una bambina, questa risulterà asintomatica (fatte salve le eccezioni cui accennavamo poco sopra), ma si ha il 50% delle probabilità che essa sia portatrice.

Se in una famiglia è presente un caso di distrofia muscolare si è quasi sempre in grado di conoscere, per ogni membro del nucleo familiare, il rischio di trasmissione della patologia ai propri discendenti. Ovviamente non si è in grado di prevedere i casi di distrofia muscolari causati da una mutazione ex novo.

La diagnosi prenatale di distrofia muscolare di Becker è possibile a partire dall’undicesima settimana di vita intrauterina.

Distrofia muscolare di Becker: le cause

La causa della distrofia muscolare di Becker è una mutazione a carico del gene che codifica la sintesi di una proteina nota come distrofina; nel caso della distrofia muscolare di Becker, la mutazione genetica porta a una riduzione o a un’alterazione di tale proteina; nelle fibre muscolari, la distrofina svolge, insieme ad altre proteine, un ruolo di fondamentale importanza nella protezione della membrana cellulare dalle sollecitazioni che vengono prodotte dal lavoro dei vari muscoli; la deficienza di questa proteina riduce il livello di protezione; i muscoli non riescono più a sopportare le varie sollecitazioni e le fibre muscolari vanno incontro a una progressiva degenerazione che porta al grave quadro clinico della distrofia muscolare.

La sintesi di una distrofina alterata porta, come detto, a una maggiore fragilità della membrana cellulare, fragilità che causa un incremento della liberazione di CPK (creatinfosfochinasi) e un eccessivo ingresso di calcio a livello cellulare.

Si deve notare, nel caso della distrofia muscolare di Becker, che la distrofina è alterata o ridotta, ma mai assente come invece accade nel caso della distrofia muscolare di Duchenne, una forma di distrofia muscolare di maggiore gravità e che si presenta più precocemente.

La distrofina è stata identificata nel 1987 da Louis M. Kunkel; il gene che codifica per la distrofina è localizzato sul cromosoma X al locus Xp21.2.

I sintomi e i segni della distrofia muscolare di Becker

I sintomi e i segni della distrofia muscolare di Becker fanno generalmente la loro comparsa intorno agli 11 anni di età; in molti casi il primo segno della malattia è rappresentato dalla deambulazione con appoggio sulle dita dei piedi; talvolta invece si presenta con crampi in seguito a esercizio fisico; può essere presente mioglobinuria. Le cadute sono abbastanza frequenti e generalmente il bambino si rialza compiendo una sorta di manovra di arrampicamento (si parla in questo caso di segno di Gowers).

La debolezza muscolare aumenta in modo progressivo e comporta varie difficoltà a livello funzionale; il soggetto inizia a trovare difficile salire le scale oppure alzarsi dalla posizione seduta.

In età più avanzata fanno generalmente la loro comparsa problemi quali cardiomiopatia dilatativa e insufficienza respiratoria.

Diagnosi

Il sospetto di distrofia muscolare di Becker si basa sul quadro clinico, sulla storia familiare e sui risultati degli esami di laboratorio (i livelli di CPK sierica sono molto elevati, da 10 a 100 volte superiori ai livelli normali). La conferma della diagnosi può essere ottenuta tramite biopsia muscolare e/o dai test muscolari del gene DMD.

La diagnosi differenziale deve essere posta con altre forme di distrofia muscolare (distrofia muscolare di Duchenne, distrofie muscolari dei cingoli), con patologie metaboliche muscolari e con l’ipertermia maligna.

La diagnosi prenatale di distrofia muscolare di Becker è possibile nel caso in cui sia stata identificata la presenza dell’alterazione genetica nella portatrice.

Distrofia muscolare di Becker: la cura

distrofia muscolare di beckerL’approccio terapeutico alla distrofia muscolare di Becker è multidisciplinare. L’evoluzione della patologia viene rallentata temporaneamente dall’assunzione di steroidi.

Le cure fisioterapiche sono utili per la riduzione delle contratture articolari e per il prolungamento delle capacità di deambulazione. Nei bambini è spesso consigliato l’utilizzo di ortesi caviglia-piedi durante le ore del riposo notturno (questi ausili permetto di ridurre le contratture del tendine di Achille).

Di notevole importanza sono il monitoraggio cardiaco e quello respiratorio. La cardiomiopatia dilatativa, ove presente, deve essere trattata con ACE-inibitori; nei casi più gravi va preso in considerazione il ricorso al trapianto cardiaco.

Ai soggetti che presentano insufficienza respiratoria vengono generalmente somministrati i vaccini anti-pneumococco e i vaccini antinfluenzali. L’insufficienza respiratoria può essere alleviata con la BIPAP (Bi-level Positive Airway Pressure, Ventilazione a Pressione Positiva Intermittente) notturna.

Aspettativa di vita

La prognosi varia in base alla gravità del singolo caso; nei casi più gravi l’impossibilità alla deambulazione si manifesta nei primi vent’anni di vita (rarissimamente però prima dei 16 anni) e l’aspettativa di vita può essere ridotta dalle complicanze cardiorespiratorie (cardiomiopatia dilatativa o insufficienza respiratoria); nelle forme più lievi si continua a camminare anche oltrepassati i cinquanta anni di età e l’aspettativa di vita può essere del tutto normale, anche se è di fondamentale importanza un attento monitoraggio delle funzioni cardiorespiratorie.

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