La colestasi gravidica è una malattia epatica che interessa un numero limitato di gravidanze (1% dei casi circa, con variazioni importanti fra Paese e Paese e a seconda dell’etnia); può essere più o meno grave e tende a manifestarsi nel terzo trimestre di gravidanza (nell’80% dei casi circa insorge dopo la 30esima settimana), ma può comunque insorgere in qualsiasi momento della gestazione.
La colestasi gravidica, nota anche come colestasi intraepatica della gravidanza (CIG), colestasi ostetrica, epatogestosi o gravidarum prurigo, è una malattia caratterizzata soprattutto da un prurito generalizzato particolarmente fastidioso, intenso e persistente e da altri sintomi e segni quali urine scure, ittero e presenza di grasso nelle feci (steatorrea).
In presenza di colestasi gravidica, gli esami di laboratorio mettono in evidenza alterazioni più o meno marcate dei parametri ematici relativi alla funzionalità del fegato.
Colestasi gravidica – Cause
Alla base della colestasi gravidica vi sono anomalie della secrezione o del deflusso della bile nel duodeno che causano stasi biliare (la bile è una sostanza dal colore giallo-verdastro prodotta dal fegato e costituita da acqua, acidi biliari, colesterolo, fosfolipidi, bilirubina, elettroliti, proteine ecc. la cui funzione principale è quella di favorire digestione e assorbimento dei grassi); questa anomalia determina un versamento di acidi biliari, bilirubina e altre sostanze nel sangue; a sua volta ciò provoca fastidiosi sintomi (in primis il prurito) e problematiche di vario tipo.
Al momento attuale, le cause che provocano queste alterazioni della secrezione o del deflusso della bile non sono state del tutto chiarite, ma non è affatto improbabile che siano fortemente implicati le importanti variazioni ormonali che caratterizzano il periodo della gravidanza nonché fattori genetici e ambientali.
In sostanza, la colestasi gravidica è una patologia dall’eziologia multifattoriale, ovvero è provocata dalla combinazione di più fattori; di seguito, un elenco di quelli che sembrano essere maggiormente coinvolti nell’insorgenza della patologia.
- fattori ormonali – È molto probabile che la colestasi gravidica dipenda fortemente da un aumento della stasi biliare che potrebbe essere determinato da un aumento dei livelli plasmatici di ormoni estrogeni e progesterone; che gli ormoni abbiano un ruolo di primaria importanza nell’insorgenza della malattia sembra essere testimoniato dal fatto che, di solito, essa insorge nell’ultimo trimestre di gravidanza, periodo nel quale le concentrazioni ematiche degli ormoni sono ai massimi livelli; non sembra un caso poi che la sintomatologia che caratterizza la patologia si risolva poco tempo dopo il parto, una volta che si assiste a una stabilizzazione dei livelli degli ormoni. Un altro indizio dell’implicazione ormonale nell’insorgenza della colestasi gravidica è il fatto che tale patologia si manifesta con maggiore frequenza nel caso di gravidanza gemellare, condizione in cui la produzione ormonale risulta aumentata e più probabile è il sovraccarico epatico.
- Fattori genetici – Sono molti gli indizi che fanno pensare al coinvolgimento di fattori genetici nell’insorgenza di colestasi gravidica, in particolare il reiterarsi della malattia nelle gravidanze successive (più della metà dei casi) e il raggruppamento dei casi di colestasi nelle famiglie. Relativamente di recente, inoltre, è stata individuata la stessa mutazione genetica in pazienti che hanno sviluppato la malattia.
- Fattori ambientali – I fattori ambientali maggiormente citati a proposito della colestasi gravidica sono la carenza di selenio, le variazioni geografiche nei tassi d’incidenza e il fatto che in molti casi le forme più gravi insorgano nei mesi invernali.
Si ritiene che la colestasi gravidica possa essere favorita dalla presenza di una patologia epatica pregressa allo stato di gravidanza. Una delle patologie più comunemente associate alla colestasi gravidica è la colelitiasi (presenza di calcoli all’interno del sistema biliare).
È importante che le donne in cui sono presenti uno o più fattori di rischio per l’insorgenza di colestasi gravidica siano attentamente monitorate nel corso della gravidanza, in particolar modo nell’ultimo trimestre, quando i livelli ormonali raggiungono i loro massimi livelli.
Colestasi gravidica – Sintomi
I sintomi che caratterizzano la colestasi gravidica sono i seguenti:
- prurito intenso e persistente, talvolta insopportabile
- ittero lieve (spesso la sclera diventa giallastra; meno frequentemente accade con la cute)
- feci chiare
- urine scure.
Il prurito è generalizzato, ma interessa in particolar modo i palmi delle mani e le piante dei piedi. Non vi è presenza di eruzione cutanea; in genere ha la tendenza a intensificarsi nel corso delle ore serali e non risponde alla terapia con istamina.
Il prurito è spesso molto intenso e ciò alla lunga porta spesso a lesioni da graffiamento.
Nella colestasi gravidica l’ittero si manifesta nell’occhio, meno frequentemente sulla pelle. L’incidenza di questa patologia è intorno all’1-2% delle gravidanze
Altri possibili sintomi di colestasi gravidica sono:
- aumento del tempo di coagulazione (determinato dalla carenza di vitamina K, condizione spesso presente in caso di colestasi gravidica)
- nausea e talvolta vomito
- perdita di appetito
- affaticamento
- dolore al quadrante superiore destro.
Per quanto riguarda gli esami di laboratorio si registrano aumenti dei livelli di acidi biliari (>10 mmol/L; l’alterazione più frequente in caso di colestasi gravidica) e/o l’incremento di quelli delle transaminasi (AST e ALT). Sono anche possibili alterazioni della bilirubinemia e dei livelli di gamma GT e fosfatasi alcalina.
La patologia va generalmente incontro a regressione spontanea nel giro di tre settimane dal parto; può però ripresentarsi nel caso di una nuova gravidanza oppure in seguito all’uso di contraccettivi orali.
Colestasi gravidica – Rischi per il feto e per la madre
La colestasi gravidica deve essere prontamente trattata perché la malattia è associata a complicanze anche molto gravi; risultano, per esempio, aumentati i rischi di parto prematuro, sofferenza fetale, bradicardia fetale, liquido amniotico tinto di meconio, sindrome da distress respiratorio e morte alla nascita.
La possibile carenza di vitamina K determina un aumento del rischio di emorragia post-partum.
Diagnosi
La presenza di colestasi gravidica viene sospettata quando la gestante riferisce i vari sintomi e segni; la conferma arriva dagli esami di laboratorio (dosaggio di acidi biliari, transaminasi, gamma GT, bilirubina, fosfatasi alcalina).
A seconda dei casi, lo specialista ginecologo può ordinare l’esecuzione di un’ecografia.
Colestasi gravidica – Cosa fare
Una volta diagnosticata, la colestasi gravidica deve essere prontamente trattata, principalmente per abbattere i rischi di complicazioni a carico di madre e feto e in secondo luogo per migliorare la qualità di vita della gestante.
Fondamentali saranno anche i periodici controlli (ogni una o due settimane), in particolare i test prenatali e gli acidi biliari.
La terapia farmacologica della colestasi gravidica si basa in prima istanza sulla somministrazione orale dell’UDCA, acido ursodesossicolico, un medicinale che agisce migliorando il flusso della bile.
Molto spesso, l’acido ursodesossicolico evita la tossicità degli acidi biliari presenti nel sangue, riduce il fastidioso prurito e migliora i parametri della funzionalità del fegato; non si ha però riduzione delle possibili complicanze a carico del feto ed è quindi sempre obbligatorio un attento monitoraggio della situazione.
Altri farmaci che potrebbero essere prescritti alla gestante affetta da colestasi gravidica sono la colestiramina (un farmaco alternativo all’acido ursodesossicolico; spesso gli si associa un’integrazione vitaminica perché è un principio attivo che peggiora l’assorbimento delle vitamine liposolubili), la S-adenosil-metionina (prevenzione dei difetti del tubo neurale; viene associata all’acido folico), gli antistaminici (possono ridurre l’intensità del prurito, anche se quello indotto da colestasi gravidica non sempre risponde a questo tipo di principi attivi).
In prossimità del parto è probabile la prescrizione di vitamina K (si vuole prevenire una possibile emorragia post-partum da carenza di tale vitamina).
Spesso i medici, in caso di colestasi gravidica, allo scopo di ridurre il rischio di morte fetale, ricorrono all’induzione del parto (dopo la 36esima settimana, quando lo sviluppo polmonare è completo).
Colestasi gravidica – Dieta
Per quanto riguarda la dieta, le gestanti affette da colestasi gravidica dovrebbero adottare un regime alimentare a basso tenore lipidico; andrebbero anche evitate preparazioni molto elaborate; sconsigliate anche le fritture. In linea generale si dovrebbero scegliere modalità di cottura molto semplici come quelle al vapore o ai ferri. Si preferiscano carni e pesci magri, formaggi freschi,
Dopo il parto
Una volta partorito, la paziente in cui è insorta colestasi gravidica dovrà misurare i livelli degli acidi biliari nonché i parametri di funzionalità epatica ogni 3 mesi circa; nel caso in cui permangano anomalie, il medico deciderà quali sono gli approfondimenti diagnostici da mettere in atto.
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