Apparenti
Un aperitivo da 12.000 euro…
Alessio mi ha passato una lunghissima mail di Corrado che si lamentava della difficoltà della vita in Italia dal punto di vista economico, chiedendomi come si può rispondere a mail del genere senza scrivere un libro. L’ho letta con calma, domandandomi cosa ci fosse di diverso fra la mia vita e quella di Corrado, cercando di mettermi nei suoi panni (ha un buon lavoro, una “buona posizione” come si è soliti dire, sposato, senza figli), ma ragionando con la mia testa. Un secondo dopo aver finito la lettura della mail, è scattata la classificazione: Corrado è un apparente che avrà sempre dei problemi, qualunque sia il suo reddito. Una frase mi ha colpito: “ho dovuto comprare la macchina nuova: quasi 30.000 euro“. Molti subito diranno: “E non potevi comprarne una meno cara?”. Probabilmente l’appunto è corretto, ma il punto non è questo. Forse l’auto serve per rappresentanza, forse Corrado ha esigenze particolari ecc.
Il punto è l’aggettivo “nuova” (per i pignoli: posposto al sostantivo indica che è nuova di zecca, mentre una “nuova macchina” avrebbe potuto indicare che ne aveva acquistata una “nuova per lui”, ma oggettivamente usata) collegato al verbo” dovuto”. Se uno “deve” acquistare una macchina e ha problemi economici (anche se non li ha, è comunque la strategia migliore!), la soluzione è comprare una macchina usata. La svalutazione nei primi due anni delle auto è incredibile e rende improponibile ogni confronto fra l’affare di comprare una macchina nuova a 30.000 euro e una macchina con 20.000 km a 18.000. Un risparmio di 12.000 euro per avere praticamente la stessa macchina e che viene di solito respinto solo perché si può “pagare da bere agli amici per la macchina nuova”!
Contemplativi
Una questione di… stile
Alcuni stilisti contestano le catene low cost della moda (come Zara e H&M) dicendo: “Chi è colto segue la strada della raffinatezza, della qualità, non può andare a finire da Zara. Zara non educa, promuove la volgarità del modo di essere”.
È evidente che la loro è la tipica personalità contemplativa (un “intellettuale” nel senso negativo del termine) che attribuisce alla cultura (la sua) un valore assoluto per nulla collegato alla promozione della qualità della vita. Chi è colto non è detto che sia intelligente. In particolare la persona intelligente evita di sprecare i propri soldi in vestiti costosissimi che, saranno pure creativi, ma che servono solo (al massimo) a far apparire migliore chi non lo è. Lo stilista è un artista finché rispetta la dignità della persona: certi esempi di moda concepita per stupire o di moda ipercostosa sono solo esempi di esibizionismo. Io di firmato compro solo qualche capo di Missoni, perché lo ritengo bello, ma soprattutto perché dura più di dieci anni e quindi alla fine il gioco vale la candela. Non comprerei mai un capo firmato che dopo un anno devo smettere perché “fuori moda”: immorale! Gli stilisti si combattono sui giornali con costosissime pagine pubblicitarie in cui praticamente non compaiono che il logo dell’azienda e un modello (l’importante è essere più presente dell’altro): ciò sottolinea come sia fondamentale catturare il cliente apparente, quello che vuole apparire anziché essere, che vuole vestire in un certo modo perché il suo modo di vestire amplifica una personalità che in realtà è infima. Io preferisco andare alla sostanza delle persone.
Mistici
Addio al Limbo
I teologi vaticani hanno bocciato il Limbo (forse si scrive con la minuscola perché ormai non è più importante) e ci hanno detto che non esiste. La cosa mi ha gettato nello sconforto più totale paragonabile solo a quello provato per certe eliminazioni del Grande Fratello. Purtroppo questo gossip religioso, sarà anche una questione “importante” per le personalità mistiche, ma la vicenda a mio avviso mina pesantemente la credibilità della Chiesa in un momento in cui più che di teologia avrebbe bisogno di concretezza.
Se per anni si è creduto che i bimbi morti prima del battesimo finissero nel Limbo, ora ci si deve affidare al discorso salvifico di Dio; un ribaltone di una gravità tale che non si vede nemmeno nella nostra politica. Nel catechismo di Pio X si leggeva che “i bambini morti senza battesimo vanno nel limbo, dove non godono Dio, ma nemmeno soffrono, perché avendo il peccato originale, e quello solo, non meritano il Paradiso, ma neppure l’inferno e il purgatorio”. La locuzione non meritano era terrificante per un essere senza colpe.
Forse a causa di ciò, si è corsi ai ripari, ma resta aperta la questione di che fine fanno questi bambini. Ma davvero nel XXI sec. c’è qualcuno che ritiene che, leggendo il Vangelo o la Bibbia, si possa capire senza dubbi cosa realmente accadrebbe? E se dubbi permangono (del resto se un papa è già stato smentito!) che senso hanno queste masturbazioni teologiche?
Romantici
Chi sono i gaudiosensibili?
Alessandro si chiede se è patosensibile perché si commuove di fronte alla vittoria di Baldini o all’elezione di Napolitano. Conclude che non è patosensibile perché il sentimento che prova è di gioia e non di tristezza e conia il termine di gaudiosensibilità.
Sto completando la stesura di La felicità è possibile e in questi mesi lo sto verificando per essere ragionevolmente sicuro che ogni soggetto sia descrivibile tramite un mix delle personalità elementari. È quindi con interesse che esamino la definizione di gaudiosensibilità.
Sicuramente Alessandro non è patosensibile, visto che il termine si riferisce solamente alla reazione di fronte al dolore. Chi, come dice, è gaudiosensibile in realtà per il Neocinismo ha tratti della personalità romantica. Dalle bozze del mio prossimo libro, il romantico è:
colui che vive completamente asservito a idee che per lui hanno un alto valore morale.
Evidentemente per Alessandro una vittoria olimpica o l’elezione a un’alta carica istituzionale sono importanti, hanno un valore assoluto. Per capire fino in fondo la definizione allargata di romanticismo consideriamo una donna che si commuove al matrimonio dell’amica. Accade perché per lei il matrimonio ha un valore assoluto molto alto, si commuove perché vede realizzato un suo valore.
Io che romantico non sono (nel senso che di ogni “ideale” valuto pro e contro) di fronte all’elezione di Napolitano non mi sciolgo in lacrime perché per me un tale posto non ha un valore elevato, io non farei mai il presidente della Repubblica, almeno in Italia, dove non ritengo che la politica sia particolarmente “nobile”; forse sarei più coinvolto in una vittoria olimpica, ma se a vincere la finale dei 100 è Ben Johnson la prima cosa che penso non è che impresa, ma che forse… Insomma sono distaccato e non romantico. Come spiegherò nel mio prossimo testo ciò non significa essere insensibili, perché la sensibilità dei romantici è spesso superficiale.
Va da sé che avere tratti della personalità romantica non significa essere romantici. Provate il test.