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Tu sei qui: Home / Psicologia / Lavoro / Efficacia ed efficienza

Efficacia ed efficienza

Efficacia ed efficienza sono due concetti molto noti nel mondo del lavoro. Classicamente parlando,

  • per efficacia si intende la capacità di raggiungere un determinato obbiettivo;
  • per efficienza la capacità di raggiungerlo con la minima allocazione possibile di risorse (una delle quali, fondamentale, è il tempo).

A seconda dei lavori varia l’importanza dei due concetti, ma è molto importante capire la differenza. Per esempio, per un portiere è fondamentale essere efficace, mentre l’efficienza è meno critica, visto che comunque dovrà stare sul posto di lavoro otto ore (non può fare cioè il suo lavoro in minor tempo). Per un professionista invece l’efficienza diventa fondamentale perché essere efficienti vuol dire poter gestire più clienti e quindi guadagnare di più.

I due concetti riassumono molte altre caratteristiche (per esempio, per essere efficaci occorre essere preparati per il lavoro che si fa; per essere efficienti occorre avere strategie lavorative che minimizzino i tempi ecc.) e sono indipendenti dal tipo di lavoro.

Dall’efficacia all’efficienza

Capire come si possa evolvere dall’efficacia all’efficienza non è facile; certo, si devono minimizzare le risorse, ma il farlo può dipendere sia dal lavoro sia dalla strategia scelta dal lavoratore. Osservando l’approccio lavorativo della maggior parte delle persone si può però definire una grandezza che indica la propensione del soggetto a essere efficiente.

Tale grandezza la definiremo concretezza. Non è difficile accorgersi che molte persone non sanno essere concrete e, concentrate sull’obbiettivo da raggiungere, non pensano minimamente a strategie che aumentino la loro efficienza.

Cosa succede quando entrano nel mondo del lavoro? Che la mancanza di concretezza le penalizza a tal punto che risultano enormemente lente nei confronti dei colleghi e per molti lavori saranno out. Chi è scarsamente efficiente il più delle volte ha una frequenza di clock decisamente inadatta, è un computer di vecchia generazione accanto a tanti mostri tecnologici.

Concretezza e flessibilità

Se si fissa l’ambiente di lavoro, una persona efficace può non essere efficiente per vari motivi: è troppo lenta, è troppo pignola, è troppo indecisa, non sa essere completamente autonoma, non ha un grado di preparazione sufficiente a superare ostacoli imprevisti ecc. Se si considera il mondo del lavoro in generale, la concretezza sottintende una caratteristica molto positiva del lavoratore: la flessibilità.

Essere flessibili è condizione necessaria per essere efficienti quando il lavoro è dinamico o può cambiare del tutto!

Misurare e migliorare la concretezza

efficacia ed efficienzaEsistono semplici test che, validi per ampie classi di persone e quindi indipendenti dall’obiettivo e dalla preparazione, sono in grado di stabilire la frequenza di clock del soggetto, la sua concretezza. Eccone uno:

Ogni persona laureata o diplomata può prendere in considerazione un lavoro come questo: scrivere voci per un’enciclopedia in Internet. Le viene fornito un esempio di riferimento:

abbandóno, sm. – 1 Il lasciare definitivamente. 2 Rilassamento fisico. 3 Trascuratezza. 4 Scoraggiamento, abbattimento, mancanza di coraggio. 5 Nel diritto, rinuncia volontaria del possesso di un bene o degli obblighi e responsabilità verso una persona.

Le facciamo presente che, nei limiti del rispetto delle leggi sul copyright (non può copiare di sana pianta!) può ispirarsi a opere già esistenti: dizionari, piccole enciclopedie, Wikipedia ecc.

Prima di proseguire nella lettura rispondete alla domanda: in un giorno di lavoro (otto ore) quante voci dovrebbe redigere?

Una volta misurata la nostra concretezza, se vogliamo migliorarla non c’è che un metodo: analizzare perché non siamo concreti, studiando chi invece lo è e, eventualmente, facendo analizzare il nostro lavoro a una persona concreta, chiedendole di essere “spietata”. Ecco alcuni possibili problemi:

  • siamo troppo pignoli;
  • siamo troppo indecisi;
  • siamo svogliati di natura e non riusciamo a concentrarci al massimo;
  • siamo romantici e ci innamoriamo del nostro lavoro, finendo per perdere troppo tempo nel cesellare ciò che facciamo;
  • siamo insicuri (deboli) e temiamo sempre che ciò che facciamo possa non andare bene;
  • facciamo molto più del necessario, di quello che ci viene chiesto perché pensiamo che il lavoro si debba fare così;
  • siamo insoddisfatti di natura e continuiamo a sfornare versioni diverse del nostro lavoro (notare la differenza con l’indeciso che fa una sola passata, ma è bloccato a ogni singola decisione);
  • ci facciamo distrarre da molti particolari ininfluenti;
  • perdiamo troppo tempo nella scelta degli strumenti e delle strategie.

ecc.

Se una persona non è o è poco concreta dovrebbe indirizzarsi verso quei lavori che non richiedono efficienza, ma dove è fondamentale l’efficacia. Ovviamente sarà sempre penalizzata a livello personale, ma dall’esterno il risultato è lo stesso. Si pensi a un laureato in lingue poco concreto. Se fa l’insegnante, la mancanza di concretezza lo obbligherà a preparare le lezioni, a perdere molto tempo nella correzione dei compiti degli alunni ecc., ma potrà essere un buon insegnante (che al massimo si lamenterà di non avere molto tempo libero); se invece facesse il traduttore, verrà massacrato da un mercato che ha una frequenza di clock decisamente superiore alla sua, non sarà cioè competitivo.

Concretezza: soluzione del test

Meno di 10 – Sicuramente mancate di concretezza.

Da 10 a 40 – La vostra concretezza non è ottimale.

Da 40 a 100 – La mancanza di concretezza non è un vostro problema.

Oltre 100 – Complimenti, se la qualità del lavoro è buona; altrimenti dovreste prestare maggiore attenzione alla qualità.


IL COMMENTO

Un test di concretezza

Avete degli oggetti d’amore? Elencateveli. Bene, teneteli a mente.

Molti hanno la tendenza a giudicare le azioni in classi di merito: fare sport è positivo, mettersi a dieta anche, evadere le tasse no ecc. Questo è il primo passo, ma fermarsi qui è sicuramente molto riduttivo; è importante studiare non solo “cosa si fa”, ma anche “come la si fa”. Spesso si scoprono indicatori importanti che definiscono molto più precisamente le caratteristiche della personalità.

Nel sito spiego come sia sbagliato fare sport in un certo modo oppure come lo sia mettersi a dieta in modi assurdi. Qui parliamo di Internet, una grande opportunità, ma anche un ambiente che può indicare certe propensioni. Citare l’esempio di chi passa ore in Rete navigando nei siti porno sarebbe troppo facile; voglio studiare un indicatore esistenziale meno noto: che caratteristica attribuire all’insieme di chi “passa un’ora o più al giorno a scrivere su Facebook di questo o di quello”? Ho detto “un’ora o più”, non dieci minuti.

Fissiamo alcuni punti e richiamiamone altri.

  1. Una persona concreta non ama perdere il suo tempo (per approfondire il concetto di concretezza, vedasi Guida al lavoro migliore).
  2. Un persona attiva dedica il suo tempo preferenzialmente al lavoro e agli oggetti d’amore.
  3. Chi non ha oggetti d’amore e/o non ha un buon rapporto con il lavoro (o non lavora) tende a perdere tempo, a non essere concreto, a “passare il tempo”: anziché vivere, sopravvive.

Analisi – Se scrivere in Rete non è un vostro oggetto d’amore (del resto non mettetecelo adesso, visto che ve l’ho chiesto all’inizio) o non lo fate per lavoro, preoccupatevi perché fate parte dei Facebook-dipendenti.

Certo lo si può fare per solitudine, magari perché si vive sperduti fra le montagne (ma allora perché non cambiare sede?); si può farlo per apparire, spinti dalla voglia di dire la nostra (ma se non si capisce che se lo sforzo non viene ripagato con un’audience adeguata, farsi leggere da quattro gatti non è il massimo); si può farlo per combinare qualcosa, con un impeto del tipo “scrivo quindi esisto”.

Penso però che il più delle volte lo si faccia per passare il tempo (piacevolmente o no), al confine fra hobby e noia esistenziale. Molti sono giovani che non sono ancora entrati nel mondo del lavoro; quando ci entreranno mancheranno di quella concretezza necessaria per emergere.

Qui si inserisce la precisazione “un’ora o più al giorno”. Chi, con una concezione molto soft e slow della vita, dedica una fetta della sua giornata ad attività a bassa intensità, quasi sempre è un sopravvivente. Lo so, il termine dà fastidio, ma per descriverlo meglio vi invito a considerare l’immagine di uno che corre per un’ora sul lungomare e confrontarla con quella di uno che, alla frutta della vita, passa un’ora seduto su una panchina a guardare il bellissimo paesaggio.

Il sopravvivente è una persona che, se ha buone condizioni facilitanti, può avere un buona qualità della vita, anche se non ottiene certo il massimo dalle sue possibilità, ma tale qualità della vita inesorabilmente decade perché con l’età gli hobby vengono sempre più abbandonati (a differenza degli oggetti d’amore). Il punto è però che la maggior parte dei sopravviventi non ha grandi condizioni facilitanti e raggiunge a malapena la sufficienza esistenziale.

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