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Felicità: i numeri

Periodicamente vengono pubblicate ricerche sul grado di felicità dei vari Paesi. Ovviamente tali ricerche sono tanto meno attendibili quanto più la fonte è scarsamente autorevole e dotata di poche risorse; anche se autorevolezza non vuol dire affidabilità, è ovviamente più credibile una ricerca effettuata dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) che una ricerca del nostro sito. Questo perché tali ricerche richiedono un livello minimo di investimenti che solo grandi organismi possono permettersi.

Bisogna però anche diffidare di organismi nazionali che hanno tutto l’interesse a promuovere (se governativi) un Paese o a bocciarlo (se all’opposizione, con la classica strategia del “tutto va male”); in altri termini, una ricerca italiana che ci dice che L’Italia è il più bel Paese del mondo non è che si possa prendere per oro colato, mentre sarebbe molto interessante se tale ricerca fosse fatta, per esempio, da un’organizzazione governativa americana, tedesca o francese.

Per fortuna, in termini di felicità, democrazia, diritti umani c’è una certa concordanza fra le ricerche più importanti. Cosa si può notare?

  • I Paesi scandinavi sono sempre ai primi posti.
  • Nonostante siano il Paese economicamente più forte, gli USA sono fuori dalle prime dieci posizioni.
  • L’Italia arranca.

Non a caso la democrazia del benessere, che ha come parametro più importante la qualità della vita del cittadino, si ispira ai Paesi scandinavi. Prima di vedere i risultati, confrontiamo la visione americana con quella scandinava della società:

USAPaesi scandinavi
Tempo dedicato al lavoro*******
Tempo libero*******
Possibilità di lusso*******
Possibilità di ricchezza********
Distribuzione ricchezza******
Servizi (qualità e accesso)********
Democrazia e diritti umani*********

In altri termini, gli Stati Uniti sono il Paese ideale per gli apparenti, I Paesi scandinavi quello che chi vuole veramente godersi la vita, rinunciando per esempio al capo firmato, alla casa con piscina, alla barca ecc. per avere più tempo per sé.

Felicità (World Happiness Report 2019)

  • Finlandia
  • Danimarca
  • Svizzera
  • Islanda
  • Norvegia
  • Paesi Bassi
  • Svezia
  • Nuova Zelanda
  • Austria
  • Lussemburgo.

L’Italia è 36-esima, il Regno Unito è 15-esimo, la Germania 17-esima, gli Stati Uniti 19-esimi, la Francia 24-esima.

Cosa si nota dalla classifica

Per avere un alto grado di felicità media, un Paese deve avere:

  • un alto livello socio-culturale, cioè un’ottima istruzione media dei cittadini e un loro orientamento al benessere (tempo libero, ambiente ecc.) piuttosto che alla ricchezza;
  • una bassa antropentropia, cioè una densità abitativa non elevata per permettere una reale politica ambientale.

Come si vede, la ricchezza (USA) può compensare solo in parte i due fattori sopraccitati.

Le obiezioni

Ovviamente tali classifiche si possono singolarmente contestare, ma è veramente molto dura contestare la grande mole di ricerche convergenti verso valutazioni analoghe. A mo’ di esempio rispondiamo a una classica obiezione: come mai gli italiani che risultano essere tra i più infelici si suicidano molto meno che nei popoli più felici? Alla base di questa obiezione c’è un’ignoranza di fondo, un parlare per sentito dire. Innanzitutto, se si guardasse la classifica (vedi sotto) si scoprirebbe che non è proprio così e che sarebbe difficile sostenere che in Italia si sta peggio che in Grecia o in Albania solo perché il tasso di suicidi da noi è doppio rispetto a quello di quei Paesi. Cercare di usare il numero di suicidi per indagare la felicità fa chiaramente capire che si sa poco (o nulla) di statistica.

Felicità

La felicità è l’integrale dello stato emotivo rispetto al tempo.

Un grave errore

Pretendere di studiare la felicità studiando una manifestazione del contrario di essa. Per capire quanto ciò sia assurdo, supponiamo di avere intervistato 100 danesi e 100 italiani. Le curve di distribuzione delle risposte siano queste:

Curve della felicità

Supponiamo che per indice minore di 4 ci sia rischio suicidio, mentre per indice superiore a 8 la persona abbia risposto “molto felice”.

Come si vede, in Italia ci sarebbe una grande percentuale di mediocremente (nel senso che stanno in mezzo) felici con 9 soggetti a rischio suicidio; in Danimarca circa la metà della popolazione sarebbe molto felice, ma i soggetti a rischio suicidio sarebbero 14, più che in Italia.

Chi ha capito l’esempio comprenderà subito che non si può studiare la felicità di un popolo partendo dalla percentuale di suicidi. All’interno della cultura di ogni popolo il suicidio è visto in maniera diversa e questa visione non è correlata a ciò che rende felice un soggetto. Basti pensare che per molte religioni il suicidio è peccato e ciò può distogliere il credente disperato dall’insano proposito, avendo sempre una chance ultraterrena.

Da notare che la religiosità di un popolo può alterare le statistiche perché attribuisce “ufficialmente” a incidenti veri e propri suicidi, salvando così l’anima del suicida. Alcune culture contemplano il “suicido per onore” (idea romantica); in altre la vita è così difficile che l’istinto di sopravvivenza impedisce l’instaurarsi di nevrosi/psicosi che portano il soggetto a considerare l’idea del suicidio. A ogni modo ecco alcuni dati dell’OMS (sono relativi agli ultimi anni, dopo il 2000; suicidi per 100.000 abitanti):

 

PaeseNumero suicidi
Albania8
Argentina17,6
Australia21,8
Belgio42,6
Brasile8,7
Bulgaria26,4
Canada22,7
Cile20,9
Cina27,8
Croazia40,2
Danimarca27,3
Estonia42,8
Finlandia40,7
Francia35,6
Germania26,3
Grecia7,1
India21,3
Irlanda19,5
Italia14,4
Giappone48
Gran Bretagna13,6
Kuwait3,9
Messico8,4
Olanda18,7
Norvegia23,1
Polonia31,4
Romania25,5
Russia67,9
Spagna15,8
Svezia26,6
Svizzera35,2
Ucraina47,9
Ungheria53,5
Uruguay30,9
USA22,2

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