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Deboli

Chi sono i deboli? Nel Well-being la definizione della personalità debole è molto simile a quella del senso comune.

Un debole è un soggetto che non ha la forza sufficiente per ottenere il meglio dal mondo che lo circonda.

Se la definizione è chiara e immediata, più interessante è la ricerca delle cause che impediscono al debole di sviluppare la sua forza, qui intesa in senso comune, oltre certi limiti. Fra le principali possiamo ricordare la scarsa autosufficienza e la bassa autostima. Tali cause sono sinergizzate dalla strategia scelta dal debole come struttura portante della sua esistenza: il compromesso.

Le tipologie

Nella popolazione dei deboli possiamo distinguere due insiemi ben definiti: i violenti e i pacifici. Non sono tipologie pure, ma piuttosto derivanti dal livello di un’altra personalità critica, quella dei violenti.

Nei deboli violenti c’è la tendenza a utilizzare il proprio livello di forza per “essere forti con i più deboli”: ecco il padre debole che picchia il figlio piccolo perché ha fatto una marachella, ma poi se la fa sotto davanti al suo capoufficio oppure il professore debole che si mostra inflessibile con un alunno ben educato, ma poi non sa opporsi al bullo della classe.

Nei deboli pacifici non c’è mai la tendenza a usare il proprio pur limitato livello di forza per dominare i più deboli di loro.

La diagnosi differenziale

Molte sono le personalità che possono confondersi con quella debole. Per capire le differenze è fondamentale ricordare che il debole ha un certo livello di forza e che tende a utilizzare la strategia del compromesso.

Anche lo svogliato non ha una forza sufficiente (parliamo di FVAN, forza di volontà anevrotica), ma non attua nessuna strategia del compromesso, in genere il suo livello di FVAN lo porta a situazioni a soglia: riesce/non riesce.

L’inibito è completamente dominato, non parzialmente. A differenza dell’inibito, il debole mette negli scontri con gli altri un livello minimo di forza, quello sufficiente a non far “scoppiare” la controparte, nel tentativo di ottenere comunque qualcosa, di raggiungere un compromesso dove, per esempio, se cede il 90, ottiene almeno il 10.

Il fobico usa la strategia della fuga anziché quella del compromesso.

Il sopravvivente può anche essere dotato di una certa forza, ma ha deciso di non usarla, accettando i problemi dell’esistenza come “normali”.

L’insufficiente, a prescindere dalla forza che ha, decide di usare quella di colui a cui si affida (per esempio, se ha una bassa coscienza etica e cerca volutamente una situazione che lo sostenga, spesso finisce per dominarla: pensiamo a chi si sposa per interesse).

La qualità della vita

deboliCaratteristiche della bassa autosufficienza del debole sono il terrore o la paura della solitudine, visti come fatti angosciosi e angoscianti. Ne derivano rapporti con partner non ottimali perché si è sempre orientati più a “trovare qualcuno” che a “migliorare la qualità della vita”. Il matrimonio o la convivenza sono pertanto vissuti come parte che subisce ed è dominata; se il debole ha la fortuna di avere una parte dominante non eccessivamente “cattiva”, può avere persino un rapporto piacevole, salvo il fatto che ogni decisione gli è praticamente negata.

La bassa autostima si rivela soprattutto al di fuori degli affetti, nei rapporti con gli altri, nel mondo della famiglia e della scuola prima e del lavoro poi. Il debole in genere non attua mai un pieno distacco dai genitori che quindi vengono sempre avvertiti come “padroni” della sua vita: non a caso moltissimi deboli hanno la qualità della vita decisamente inficiata dall’assistenza a genitori e/o suoceri che “pretendono” il sostegno di figli fatti per “avere un bastone per la loro vecchiaia”; come “padroni” sono l’insegnante o il datore di lavoro che sono temuti, prima che rispettati: il timore nasce dalla ferma convinzione della difficoltà reale di ottenere buoni voti o un buon posto di lavoro.

I rapporti che comportano legami meno stretti (come il vicinato) vengono sempre vissuti con cortesia (spesso falsa) con il solo obiettivo di non avere contrasti e/o problemi.

Se il debole è religioso, privilegia la visione in cui Dio aiuta gli uomini se questi sono buoni e ossequiosi ed è perciò incline a credere a miracoli e/o interventi soprannaturali senza un’adeguata revisione critica; se non lo è, comunque non riesce a liberarsi totalmente dello sciamano che lo porta a rispettare ciò che è sacro.

Spesso il debole ha anche un grado di patosensibilità non trascurabile, soprattutto quando è coinvolto in prima persona nelle vicende; il senso di colpa non è mai distruttivo, ma è presente in sottofondo ogniqualvolta non riesce a rimediare ai propri errori.

A differenza di altre personalità, i fattori facilitanti non lo aiutano molto perché comunque è destinato a subire. Ricco o povero, colto o ignorante, troverà sempre sulla sua strada qualcuno o qualcosa che abbasserà di molto la qualità della sua vita.  Man mano che il tempo passa, il debole invecchia nel modo più standard possibile, richiedendo quell’assistenza che probabilmente ha dato ai suoi genitori, l’ultimo compromesso della sua vita, per sopravvivere a una vecchiaia che non ha più prospettive.

Per migliorare la sua situazione esistenziale, un debole deve lavorare sulle due cause principali che limitano lo sviluppo della forza, la scarsa autosufficienza e la bassa autostima. Nel primo caso sono fondamentali il controllo e il dominio della solitudine attraverso uno sviluppo della capacità di amare. La vittoria sulla solitudine può essere replicata in ogni condizione in cui si richieda autosufficienza.

Un incremento diretto della forza può essere ottenuto rinforzando l’aspetto mentale con discipline fisiche come attività sportive di forza o di resistenza (per esempio un corso di arti marziali). Meno interessanti sono le discipline “dolci” che il debole ha la tendenza a ricercare proprio perché sono più consone al basso livello di forza che ha.


IL COMMENTO

Duramente equilibrati

debolezzaVeramente tanti, forse troppi amici del sito, quando scoprono la sezione Felicità mi invitano ad abbassare i toni su molti temi. I motivi sono principalmente tre:

  • la perdita di audience, cioè di visitatori;
  • la necessità di diffondere informazioni che non demotivino nessuno, in modo da avere il massimo risultato.
  • La mancanza di equilibrio (a detta loro) per un’espressione troppo radicale, rivoluzionaria o decisa di certi concetti.

Sul primo punto non sono d’accordo. Dal punto di vista pratico, il sito ha grandi numeri, sarebbe comunque difficile crescere ancora, soprattutto perché il fenomeno Internet in Italia è quello che è. Dal punto di vista teorico, ognuno deve essere sé stesso. Se facessi il politico cercando di mediare i miei pensieri e le mie parole, avrei la credibilità dei politici, cioè praticamente zero. Da considerare poi che io sono contento di come il sito è, di avere amici che la pensano come me, che la mia vita sia felice. Per un sito che parla di felicità sarebbe assurdo, per avere maggiore ascolto, comportarsi in maniera tale da snaturarsi perché lo snaturamento significa sempre una rinuncia alla propria personalità. Ho la fortuna di poter essere me stesso, perché rinunciarvi?

Sul secondo punto, i miei critici commettono un errore fondamentale. Pensare che nella popolazione manchino le informazioni. Errore, manca la volontà di metterle in pratica. Il sito dà gli strumenti a tutti coloro che vogliono provarci, ma è abbastanza inutile edulcorare i toni se non c’è la volontà. Edulcorare i toni serve solo a sopire il desiderio di rinascita. Pensiamo al problema del fumo. Tutti sanno che fa male, eppure, nonostante ci sia l’informazione, molti non fanno nulla o non riescono a fare nulla. Il problema non è cioè informativo, è psicologico, ci deve essere la volontà di riflettere e di cambiare. Tant’è che chi smette non lo fa certo perché un medico si è espresso in toni edulcorati del tipo “forse se fumasse qualche sigaretta di meno la sua salute ne trarrebbe giovamento”; è più facile che rifletta se una persona, disinteressatamente, si esprime con un “è da coglioni buttare via anni della propria vita per una sigaretta”. Tant’è che ho sempre detto che “non fumare è intelligente, ma smettere di farlo lo è ancora di più”.

Il terzo punto è il vero cuore del commento. Statisticamente l’appunto mi viene da chi ha una non indifferente componente debole della personalità. Per queste persone “equilibrio” significa stare nel mezzo, non scontentare mai nessuno, essere rispettosi (ecco l’analogia con la mail di Angela) degli altri, cercare sempre un compromesso fra il sé e il fuori di sé (ricordo che il compromesso è la strategia preferenziale dei deboli). È curioso perché, se si applicasse questa posizione all’alimentazione o allo sport, il mio sito non avrebbe ragione di esistere, mentre in realtà queste persone apprezzano molto le due sezioni. Infatti nell’una e nell’altra le posizioni non stanno affatto nel mezzo; se lo facessero, basterebbe camminare 20′ al giorno o avere un corpo alla dietologo tradizionale (come il prof. Calabrese, tanto per intenderci; uso prof. perché ci tiene…). Come? Apprezzate lo stile duro per lo sport e l’alimentazione e poi, quando si parla di psicologia, perché magari siete dall’altra parte della barricata, vorreste uno stile morbido, accondiscendente?

L’equilibrio è un concetto psicologico che si traduce nel non cadere in eccessi della personalità che penalizzano la qualità della vita. Essere “sempre” rispettosi degli altri quando questo porta a tarpare la mia personalità, non è essere equilibrati, è essere deboli; come essere insofferenti degli altri ed essere “sempre” in guerra è essere insofferenti o violenti. Notate il sempre, è fondamentale e rileggetevi l’aneddoto del ristorante. La forza deve essere usata con calma, solo quando c’è danno. Nel sito mi esprimo come voglio perché il sito è mio e, se una persona mi contesta, posso esprimermi anche in forma dissacrante; ma sarei uno stupido (predicatore folle) se fermassi la gente per strada per metterla in guardia da questo o quel problema. Imparate a notare la differenza e diventerete veramente più forti, senza essere violenti.

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