La caccia è un argomento su cui molti mi hanno chiesto un parere. Al di là del tema in sé, è importante capire che è un interessante banco di prova per la propria psicologia e per la propria capacità razionale, in primis la capacità di essere coerenti.
Un test d’intelligenza
Prima di entrare nel merito della questione, vorrei mostrare come si può usare questo argomento per dimostrare la scarsa propensione alla razionalità che moltissime persone hanno. Infatti si può supporre che circa il 30-50% degli italiani sia contro la caccia (per i dati si veda qui). Di questi, solo una minima parte, diciamo il 3-4%, è coerente. Per quanto riguarda gli altri, gravi errori razionali inficiano le loro argomentazioni.
L’errore di definizione (equivoco) – È importante distinguere la caccia dai cacciatori. Come tutte le categorie umane, i cacciatori hanno in sé esempi veramente deplorevoli. A questi esempi, di solito, si attaccano i sostenitori anticaccia per perorare le loro tesi. L’errore logico è evidente: se condanno la caccia per quello che fanno i cacciatori, dovrei condannare l’umanità per quello che fanno gli uomini, visto che c’è chi non è onesto, chi evade le tasse, chi ruba, chi tradisce il coniuge, chi picchia i bambini, chi è pedofilo, chi uccide ecc.
Così fra i cacciatori c’è il violento che spara a ogni cosa, l’apparente che si veste come Rambo, il sopravvivente che vaga fra i campi come hobby ecc. Probabilmente solo un cacciatore su dieci dovrebbe cacciare, proprio come al massimo una persona su dieci è equilibrata.
Molti per esempio confondono la caccia con il bracconaggio. Ripeto, essere contro la caccia perché si è colpiti da un caso di bracconaggio (come l’uccisione di falchi sullo stretto di Messina, secondo un’imbecille tradizione) o da un particolare tipo di caccia (come quella alle balene, pratica alla quale moltissimi cacciatori sono comunque contrari) è come essere contro l’uomo e l’umanità perché esistono pedofili, stupratori, ladri, assassini, evasori fiscali ecc. In questo caso la logica di comodo fa scattare una forma di razzismo: siccome ci sono cacciatori cattivi, ogni cacciatore è cattivo. Siccome ci sono forme di caccia da condannare, ogni forma di caccia è da condannare. Chi non comprende l’errore di ragionamento dovrebbe preoccuparsi.
La logica di comodo – Sulla questione della caccia molte persone usano una logica di comodo, un chiaro errore razionale. Si veda l’articolo corrispondente in cui la caccia viene usata come esempio per dimostrare l’errore; siccome si è contrari all’esercizio della caccia in una sua forma (per esempio riteniamo assurdo sparare a un passerotto) ecco che, anziché analizzare il problema in dettaglio, chiediamo l’abolizione della caccia. Infatti l’errore razionale di molti consiste nel fatto che il loro comportamento è del tutto compatibile con alcune forme di caccia, per cui condannando la caccia in toto in realtà condannano sé stessi.
La patosensibilità – Iniziamo con tutti quelli che ritengono che la caccia sia da abolire perché si sopprimono delle vite (di solito usano frasi del tipo “per sport” o “per divertimento”, di fatto commettendo un altro errore logico, dando della caccia una definizione che è molto riduttiva). La maggior parte di queste persone non sono vegetariane e, condannando la caccia, condannano sé stesse.
Infatti
(1) solo un vero vegetariano può essere contro la caccia.
Stimo chi è idealmente contro la caccia, purché sia vegetariano (in altra sede spiego perché io non lo sono).
In Italia il numero dei veri vegetariani è all’incirca uguale a quello dei cacciatori, mentre oltre il 90% della popolazione non è vegetariano (i numeri forniti dalle associazioni vegetariane sono decisamente sovrastimati). Una buona parte di questo insieme (almeno il 30%) è idealmente contro la caccia. Ed è incoerente. Per dimostrarlo basterebbe chiedere quale significativa differenza razionale esiste fra liberare un fagiano in un prato e cercarlo due mesi dopo per sparargli, ucciderlo e cibarsene e inseguire in un pollaio una gallina per tirarle il collo e poi cucinarla. Ovvio che se non si è vegetariani, si può essere contro certe forme di caccia (per esempio contro la caccia ad animali liberi), ma non contro la caccia in sé.
La patosensibilità tocca il massimo quando si elaborano posizioni come questa (da una mail): credo che ci sia una grossa differenza tra essere insensibili alla sofferenza procurata indirettamente agli animali e la sofferenza inflitta manu propria; io e tanti altri, tantissimi, ci siamo evoluti e ipocritamente facciamo fare il lavoro sporco ad altri, i cacciatori no! Francamente vedo la stessa differenza che c’è fra il capomafia che ordina un’esecuzione e il killer che la esegue. Non c’è nessuna evoluzione, solo ipocrisia.
I non vegetariani dovrebbero capire che anche gustarsi una bistecca o un piatto di pasta al ragù è un “piacere e un divertimento” perché per la nostra salute la carne non è affatto indispensabile (le fonti animali possono essere latte, uova, formaggi ecc.). Il ritenerla necessaria, di fatto, è un’altra giustificazione di comodo.
La caccia ad animali edibili di media e/o grossa taglia può tranquillamente sostituire le immangiabili carni dei prodotti di allevamento intensivo, fra l’altro assicurando all’animale una vita più decorosa (e, a differenza di quanto accade alla gallina nel pollaio, una non minima probabilità di sopravvivenza, se casualmente si rifugia in zone dove la caccia è proibita).
Vegetariani possessori di cani o gatti – Dal sottoparagrafo precedente abbiamo visto che solo un vegetariano può essere contro ogni forma di caccia. Purtroppo molti vegetariani possiedono cani o gatti (animali carnivori) che vengono nutriti con carne (le classiche crocchette per cani o gatti) dimostrando che sono pronti a scendere a patti con le loro convinzioni per il “piacere” di avere un amico a quattro zampe. Alcuni poi vogliono costringere il cane e il gatto a vivere con un’alimentazione vegetariana, di fatto contraddicendo l’amore che dicono di avere per il loro compagno, costretto a un’alimentazione per lui completamente innaturale.
Se dall’insieme dei vegetariani escludiamo i possessori di animali domestici carnivori non superiamo probabilmente l’1% della popolazione: solo questo insieme può essere razionalmente contro la caccia.
I danni ecologici – Archiviate le ragioni di tipo zoofilo (per la vita degli animali), passiamo alle ragioni di tipo ecologico: la caccia è un’attività che mette in pericolo la sopravvivenza di molte specie animali. Checché ne dicano i cacciatori, è vero. Il punto è che basta vietare la caccia a quelle specie animali che la pressione venatoria farebbe diminuire in numero. Si può essere contro certe forme di caccia, ma non contro la caccia in sé. Per esempio, la caccia ad animali allevati o la caccia di selezione non fanno nessun danno ecologico.
La presenza dei cacciatori sul territorio – In un Paese molto antropizzato come l’Italia, a molti dà fastidio il fatto che nei campi che si frequentano per diletto (una passeggiata, una corsa, un giro in bicicletta) giri gente armata. Premesso che i dati sulle morti da caccia sono spesso gonfiati dalle associazioni animaliste (per esempio si includono anche i morti di infarto durante le battute, gli omicidi mascherati da incidenti di caccia!) e che sono rarissimi i casi di non cacciatori uccisi da cacciatori (non da bracconieri!), spesso chi reclama i cacciatori fuori dal territorio dimentica che anche lui è un intruso che si muove in quei campi senza il permesso del proprietario.
L’articolo 842 del Codice Civile recita: il proprietario di un fondo non può impedire che vi si entri per l’esercizio della caccia, a meno che il fondo sia chiuso nei modi stabiliti dalla legge sulla caccia o vi siano colture in atto suscettibili di danno. Egli può sempre opporsi a chi non è munito della licenza rilasciata dall’autorità. Paradossalmente un cercatore di funghi o una famiglia che passeggiano nei campi devono chiedere il permesso al proprietario del fondo, un cacciatore no. In altri Stati anche il cacciatore è soggetto alla richiesta di permesso e ciò tutela il proprietario contrario alla caccia dal fatto che essa venga praticata sul suo fondo (in Italia il fondo deve essere chiuso, cioè cintato con una rete alta almeno 1,80 m, con costi cioè elevatissimi).
Il significato di questo sottoparagrafo dovrebbe essere chiaro: razionalmente si può chiedere che il cacciatore debba avere, per cacciare, il permesso del proprietario del fondo, ma, ancora una volta, non si può essere contro la caccia in sé perché, in base alla presenza ingombrante dei cacciatori sul territorio, non si può, per esempio, vietare la caccia a chi la esercita sul proprio fondo!
Ricapitolando:
se si è intelligenti e non si è vegetariani si può essere contro certe forme di caccia, ma non contro la caccia.
La patosensibilità: un approfondimento
Il non vegetariano che è contro la caccia solo perché la ritiene crudele, probabilmente è una persona patosensibile che accetta il dolore e la morte se non li vede (macellazione degli animali) o se li dimentica! A questo proposito riporto in calce un pezzo sulla patosensibilità tratto dal mio testo La felicità è possibile.
Affermare che “il mio divertimento non può essere collegato alla sofferenza o alla morte di un altro essere vivente” è comunque una forma di patosensibilità perché si soffre per l’altro (che è sostanzialmente un estraneo), mettendosi dalla sua parte e dimenticando sé stessi. Esattamente come quando ci si rattrista perché si vede in televisione una famiglia sterminata in un incidente automobilistico: ci si mette dalla parte dei familiari delle vittime o delle vittime stesse. E questo è sbagliato perché, come spiegato nella pagina sulla patosensibilità, si potrebbe soffrire per sempre, tutti i giorni. Il non vegetariano patosensibile soffre per la scena di caccia, ma non soffre (perché lo dimentica o non lo vede) per il vitello che viene ammazzato sparandogli un chiodo in testa.
Il divertimento – Utilizzare la discriminante del divertimento significa arrampicarsi sugli specchi. Che c’entra il divertimento? La sua assenza (come nel contadino che uccide la gallina per mangiarsela; tra l’altro il piacere del cibarsene c’è sempre!) non è un’attenuante: il killer non può dire al giudice: “ma signor giudice, io non lo faccio per divertimento, lo faccio per lavoro, dovrebbe concedermi le attenuanti!”.
Premesso che il vero cacciatore non caccia solo “per divertirsi” (in ogni oggetto d’amore ci sono piacere e divertimento, ma non solo), analizziamo la frase “non è lecito distruggere esseri viventi per divertimento o senza motivi legati ai bisogni umani”. Interessante, peccato che ci si dimentichi che il divertimento è un bisogno umano. Senza divertimento la nostra qualità della vita sarebbe ben misera. Si potrebbe rispondere che non è necessario andare a caccia per divertirsi, ma si cadrebbe in contraddizione su tutte quelle attività che si fanno per divertimento, ma concorrono alla distruzione della natura.
Infatti sono diversi i casi in cui per opportunismo si accettano situazioni dove la natura è penalizzata, mentre si pretenderebbe di negare la caccia.
Il piacere di non avere fastidi – Una forma di superficialità per esempio è la dimenticanza che l’uomo elimina le specie animali che gli sono comunque in qualche modo ostili: dalle fastidiosissime zanzare ai ratti (avete presente la derattizzazione?), agli animali che danneggiano l’agricoltura (avete presente tutti gli insetti dannosi?), alle meduse o agli squali che allontanano i turisti dalle spiagge. Il non vegetariano superficiale è come il pacifista a oltranza che vuole la pace mondiale, ma non si accorge che poi è il primo a incazzarsi alle riunioni condominiali. Un esempio è dato nel commento sui caprioli piemontesi.
Il piacere del cibo – Visto che non è necessario cibarsi di carne per stare in salute, alcuni non vegetariani si arrampicano sugli specchi per motivare perché è giusto mangiare animali allevati mentre è sbagliato cacciare. Uno di essi ha sostenuto la singolare tesi che gli animali allevati sono “nati già morti e quindi io me ne cibo”, mentre quelli cacciati sono liberi ed è crudele ucciderli perché “ogni animale libero, se ucciso, soffre”. Ovviamente questa posizione è facilmente contestabile:
- se, per coerenza, nessuno mangiasse carne, non si ucciderebbero nemmeno polli, maiali ecc. Pensiamo (riecco la patosensibilità…) al dolore di una bambina che ogni giorno passa vicino a uno steccato dove è rinchiuso un vitellino col quale gioca per qualche momento. Poi un giorno il vitellino non c’è più e il nonno le spiega: “lo hanno ammazzato per fare la bistecca che tu hai mangiato oggi”.
- Molti animali cacciati non sono che animali allevati. Quindi al più si può essere contro la caccia ad animali liberi, ma non contro la caccia in generale se contempla solo l’uso di animali allevati (fagiani, lepri, quaglie, anatre ecc.).
I cacciatori si occupano (anche economicamente) delle zone di ripopolamento (dove la caccia è vietata) che sono null’altro che grossi allevamenti dove i fagiani (e altra selvaggina) si riproducono per poi essere lanciati nelle zone dove si può cacciare. Non c’è molta differenza con i pollai dei contadini. E il non vegetariano opportunista le galline le mangia, anche se delega ad altri l’uccisione. Nelle riserve di caccia i fagiani (di allevamento, in grandi voliere, esattamente come i polli) sono liberati la sera prima della battuta (vedi il commento su Madonna). Quindi essendo “già morti”, non vedo perché vietarne la caccia. Quindi il non vegetariano opportunista non dovrebbe essere contrario a questo tipo di caccia.
- Il confronto fra selvaggina e animali allevati è gravemente incompleto perché ci si dimentica che comunque ci si ciba (chi non è vegetariano) di animali nati liberi. Pensiamo ai tonni o ai salmoni e a molti pesci o molluschi. Se si mangiano tonno, salmone, spaghetti alle vongole “veraci” e si è contro la caccia si è incoerenti. Perché quegli animali non sono nati “già morti”. Mi riesce difficile credere che il non vegetariano opportunista entri in un ristorante e quando gli portano il menù chieda: “ma questa orata (tonno, pesce spada, salmone, merluzzo, persino le lumache!) è d’allevamento? Perché sa, se non è d’allevamento io non mi sporco l’anima mangiando un animale ucciso mentre era libero”.
Avete presente le mattanze dei tonni?
Il piacere del vivere comodi – Abbiamo visto che se ogni italiano avesse a disposizione un campo di 70×70 m non ci sarebbe più spazio, tutto sarebbe urbanizzato. Eppure moltissimi italiani continuano a farsi o a sognare villette e seconde case. Quindi qualunque persona razionale dovrebbe capire che costruire una villetta è comunque un attentato all’ambiente. Se poi ci si passa sopra “perché non è così grave”, allora anche il cacciatore potrebbe rispondere che uccidere un fagiano che lui ha liberato non è così grave.
L’uomo distrugge la natura per la propria qualità della vita e sono pochissimi coloro che non utilizzano questo approccio. Che dire delle piste da sci che hanno sventrato montagne intere? E di parchi come Eurodisney o Gardaland che hanno inghiottito milioni di metri quadrati di verde per puro divertimento? Che dire delle spiagge italiane d’estate praticamente negate a ogni forma di vita animale perché la gente deve stendersi al sole? Che dire delle molte e inutili strade che massacrano milioni di animali (il 30% delle lepri che i cacciatori liberano vengono travolte dalle auto)? Avete presente i ricci spiaccicati sulle strade costruite per il progresso civile? Come sarebbe accolta la proposta del presidente del Consiglio di una tassa dello 0,5% sul reddito per finanziare la dotazione per tutte le strade di una recinzione di sicurezza alta 50 cm?
Il numero dei vegetariani
I numeri riportati da organizzazioni vegane sono molto più alti, ma preferisco credere alle stime ufficiali (1-2%). Perché? Perché se veramente una fetta consistente della popolazione fosse vegetariana, il business, che non è mai insensibile ai numeri, vi si sarebbe buttato a capofitto. Se esistono prodotti per vegetariani, sono pochissimi e non sono certo floridi i ristoranti per vegetariani. Questi due dati indicano che la popolazione vegetariana è percentualmente molto piccola, ma sparsa su tutto il territorio così da avere numeri globali comunque accettabili. I dati che parlano dell’8-10% di vegetariani in Italia sono realizzati con trucchi statistici piuttosto rozzi (per esempio includendo fra i vegetariani chi risponde “no” alla domanda “ti piace la carne?”, senza chiedergli poi se, per esempio, mangia il pesce!).
Caccia sostenibile
Di seguito proporremo un modello moderno di caccia, forse inviso a molti cacciatori, pseudo-Rambo della domenica, e non ancora abbastanza soddisfacente per le associazioni animaliste, ma perfettamente razionale. Chi utilizza una posizione più imparziale comprende che non ha senso negare, ma è necessario regolamentare. Da qui il concetto di caccia sostenibile.
È evidente che la caccia è soggetta a leggi (altrimenti è bracconaggio; l’analogia è guadagnare soldi onestamente o meno, dalla rapina in banca all’evasione fiscale); tali leggi possono essere molto permissive (e ciò è sbagliato) oppure no. Quindi non esistono solo le posizioni estreme (contro la caccia o a favore della caccia) ma anche quella a favore di un certo tipo di caccia in un certo territorio e in certi periodi. Secondo me, questa posizione si chiama caccia sostenibile.
Fra le tesi degli animalisti esiste un concetto che è meritevole di essere studiato: il concetto di animale libero. Dove per libero non si intende quello nato in libertà (come abbiamo visto, molte zone di riproduzione non sono che grandi pollai dove la selvaggina si riproduce), ma quello di specie non allevabili.
Vietare la caccia ad animali liberi (io per esempio non caccio beccacce, beccaccini, pavoncelle ecc. e sono contro la caccia alle balene o ai piccoli di foca) è una forma moderna d’interpretare la caccia. È importante però essere realisti e non ricadere nelle obiezioni che abbiamo affrontato nei punti precedenti, facendo quindi delle eccezioni.
Ecco il semplice manifesto della caccia sostenibile.
1) È consentita la sola caccia/pesca alle specie allevabili e a quelle non allevabili destinate all’alimentazione di massa.
2) In deroga, è consentito il prelievo venatorio su specie in soprannumero e che siano in qualche modo conflittuali con le attività umane (dal punto di vista economico o salutistico) o con l’equilibrio ecologico.
Ovvio che questa proposta non può soddisfare gli animalisti più convinti (io direi estremisti), ma dovrebbe convincere il non cacciatore non vegetariano che vuole essere coerente.
A mo’ di esempio: in provincia di Pavia potrebbe essere ammessa la sola caccia a:
fagiano, starna, pernice rossa, lepre, coniglio selvatico, minilepre, volpe, cinghiale, coturnice, colombaccio, cornacchia grigia, germano reale, quaglia.
Se la proposta vi piace, diffondetela. Penso che la maggioranza dei cacciatori sia contraria, ma una buona parte sarà favorevole. Probabilmente, se anche gli animalisti l’avessero sostenuta, avrebbero ottenuto qualcosa, mentre in 30 anni di lotte non hanno ottenuto praticamente nulla.
Se volete leggere mail e commenti sull’argomento, cliccate qui.
Sondaggi inquinati
Un sondaggio è un test statistico che è facilmente manipolabile (scelta del campione, definizione delle categorie, scelta delle domande ecc., vedasi il mio testo Migliora la tua intelligenza); se tutti capiscono che scegliendo il campione scorrettamente si arriva a una qualunque conclusione, più difficile è accorgersi di altri trucchi. Provate a leggere questo sondaggio e, prima di proseguire, cercate di vedere i due trucchi che contiene:
Il 40% degli elettori alle regionali cambierebbe il suo voto se il candidato inizialmente prescelto proponesse regole a favore della caccia. È uno dei risultati di un sondaggio realizzato da Ipsos per Enpa, Lav, Legambiente, Lipu e Wwf Italia su “Le opinioni degli italiani sulla caccia”. Dall’indagine emerge che il 79% dei cittadini considera la caccia una crudeltà da vietare o da regolare più rigidamente.
Premetto che un analogo sondaggio, svolto nel settembre 2010 dal Corriere della Sera ha dato esito decisamente contrario: al momento in cui scrivo questo commento, il 56,9% di chi ha risposto era contro l’abolizione della caccia.
Senza entrare nel merito della questione, vediamo le considerazioni raziologiche da fare sul sondaggio inquinato che è stato proposto dalle associazioni animaliste. Ecco i due trucchi.
1) I sondaggi spesso vengono diffusi per non far pensare la gente e proporre il comportamento del gregge. Come regola generale, un sondaggio non può contrastare l’esperienza (infatti per la raziologia non esiste solo la statistica!); se un sondaggio ci dice che un politico ha il 70% di gradimento quando alle elezioni la parte avversa prende oltre il 40% di voti, il sondaggio è scorretto. Nel caso in questione l’esperienza ci dice che è irrealistico pensare che un elettore di sinistra voti a destra solo perché il suo candidato è un cacciatore (ovviamente vale il viceversa). Quindi l’espressione “cambierebbe il suo voto” è scorretta o per lo meno ambigua. L’esperienza cioè ci dice che il “cambio di voto” può riguardare gli indecisi che in Italia storicamente non sono mai stati più del 10-15%.
2) Il secondo trucco è ancora più grave e consiste nella somma delle categorie. Il 2% degli italiani vuole vietare la vendita di alcolici, mentre il 78% vorrebbe regolarla più rigidamente. Sommo le categorie e dico che l’80% degli italiani vuole vietare o regolare più rigidamente la vendita di alcolici. L’effetto della frase finale sa di proibizionismo!
Anch’io ritengo che la caccia debba essere regolata più rigidamente, ma non sono certo fra quelli che la vorrebbe vietare!
Quindi ricordatevi: diffidate dei sondaggi che mischiano le categorie!
Per approfondire: La tortora, il pesce e la carota – Caccia: Cos’è