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Vuoto esistenziale

Il vuoto esistenziale è uno stato interiore che angoscia molte persone depresse. Si tratta di una condizione di totale passività, di assenza di interessi che porta a una sensazione di spreco della propria vita; come conseguenza, assenza di progetti, mancanza di entusiasmo, futuro buio e senza prospettive.

In realtà, da anni ho scoperto che tutti partiamo da una condizione di vuoto esistenziale. Per questo leggete la nota fino alla fine perché non è detto siate immuni da questa condizione.

Fin da piccoli impariamo (o cerchiamo) di colmare questo vuoto con strategie differenti. Due sono le più comuni:

  1. Ci si indirizza verso oggetti d’amore.
  2. Si “riempie il tempo”.

Il Neocinismo ha sottolineato l’importanza del primo punto, legandola a concetti come l’energia vitale del soggetto. La prima strada è cioè un forte antidoto contro la depressione esistenziale.

La stragrande maggioranza della popolazione sceglie però la seconda strada; da un lato colma il vuoto, ma dall’altra si allontana da una vita veramente felice e spesso ci racconta che “sì, è soddisfatta della propria vita, anche se, come tutti, ogni tanto c’è qualche nuvola”.

Come fa la gente a “riempire il tempo”? Sono tre i modi più comuni.

Il primo è lasciarsi vincere dai condizionamenti, assurgendoli a valori, anche se non è che rendono particolarmente felici e, soprattutto, non evitano problemi. Vediamo alcuni esempi. Il lavoro viene visto non solo come un’attività economica che ci dà da vivere, ma come qualcosa che ci permette di avere relazioni sociali (quando non si hanno amici) e di occupare giornate che altrimenti non sapremmo come occupare. La famiglia (sia il matrimonio sia i figli sia i nipoti) come soluzione che comporta compromessi, sacrifici ecc., ma dà “soddisfazioni”, quando in realtà è stata scelta per “dare un senso alla propria vita”, non capendo che, senza un vero e profondo amore, è solo un riempitivo, come dimostra l’altissima percentuale di matrimoni che non arrivano alla sufficienza o i tanti figli parcheggiati qua e là perché alla fine da “riempitivi” sono diventati troppo “invasivi”. Un altro meccanismo con cui si riempie il tempo è il volontariato, secondo un meccanismo mentale per cui fare del bene non può essere negativo e quindi automaticamente è positivo; vero, ma, nella maggior parte dei casi, la positività non è nemmeno paragonabile con una vera passione, cioè con un oggetto d’amore.

Il secondo è di amplificare il tempo dedicato alle attività di gestione. La cura maniacale del giardino quando non si è particolarmente amanti del giardinaggio, la superpulizia della casa, lunghe file per espletare atti burocratici quando tutto si potrebbe fare velocemente da casa in Internet ecc. Riempitivi.

Il terzo modo di riempire il tempo è di avere surrogati degli oggetti d’amore. Il tifoso di calcio che vive per la propria squadra, il teledipendente che non può perdere una puntata del reality preferito, chi va in vacanza e visita musei per vedere opere d’arte che non distinguerebbe minimamente da falsi ben fatti oppure pone come scopo principale della giornata passare ore a dormire al sole per abbronzarsi (un falso scopo, cioè uno scopo che permette di riempire la giornata): tutti buoni esempi. Si tratta di surrogati perché manca qualche requisito tipico degli oggetti d’amore: può darsi che il surrogato ci dia sentimenti molto negativi (per esempio dopo la sconfitta della squadra del cuore), oppure non ne dia di granché positivi (la felicità è sostituita dalla serenità, le giornate sono prive di negatività, ma non sono certo da leggenda).

Eclissi e vuoto esistenziale

vuoto esistenzialeQuesto articolo finora può sembrare molto critico, ma temo ora lo diventi ancora di più. Nel luglio 2018 c’è stata un’eclissi totale di luna che ha portato molti media a promuoverla come notizia più importante della giornata. Milioni di italiani dalle 21.30 hanno seguito il fenomeno con emozione, trasporto ecc. Ora cosa li ha spinti a comportarsi così?

Escludiamo dal discorso quelli che sono appassionati di astronomia (oggetto d’amore); per capirlo, basta chiedere loro se hanno visto anche Marte, una chicca che un vero astrofilo non si sarebbe perso. Ma per gli altri, qual è stata la molla? Sicuramente l’attesa mediatica che ha funzionato come condizionamento esistenziale: l’eclissi è unica, tu la vedi, sei unico. Penoso, stesso lavaggio del cervello dei giornali sportivi che dipingono la finale come “possibile entrata nella storia”. Una persona equilibrata capisce che non c’è nessuna abilità personale nel vedere l’eclissi, non è merito nostro; riuscire a vederla, è scontato, a meno di disabilità personali, esattamente come per una donna diventare madre è normale, a meno di problemi fisici. I media, la gente trasformano il normale in eccezionale.

Ma non ci si può fermare a questo primo passo; il successivo è tutto merito del soggetto. Fra le tante “proposte” che gli arrivano, il soggetto sceglie: può decidere di partire dalla Sicilia per vedere il primo allenamento di Ronaldo alla Juve, può pensare di passare un week-end a X perché ha saputo che X è capitale europea della cultura ecc. Sceglie quella più intrigante: se è un tifoso va da Ronaldo, se pensa che sarebbe bello capire qualcosa di arte (anche se non sa nemmeno chi sia Bramante) va a X, se ha un animo un po’ romantico e ama il fascino del mistero dei cieli sceglie l’eclissi di luna! Senza sapere nulla di astronomia (che non è un suo oggetto d’amore), ma non avendo di meglio da fare, riempie il suo tempo guardando all’insù finché non vede una luna diventare tutta rossiccia, un bollo rosso in cielo che lui si convince essere uno spettacolo emotivamente sublime.

So che molti riterranno queste righe un’eccessiva condanna del neoastrofilo e in effetti non c’è nulla di male nel guardare l’eclissi di luna: basta uscire un attimo alla finestra, dire “OK la luna è diventata rossa” e rientrare e fare qualcosa di meglio. Romanticismo zero? No, solo giusto dimensionamento del fatto che non cambia minimamente la nostra vita e che non abbiamo in alcun modo contribuito a promuovere. Non ancora convinti? Pensiamo allora cosa vuol dire fare veramente qualcosa di coinvolgente. Pensiamo a Paolo che quella sera riceve un invito insperato dalla sua amata che gli propone una notte di passione. Sul più bello Paolo non può trattenersi dal dire all’amata: “so che non so nemmeno quanti sono i pianeti e che tu pensi che Plutone sia il cane di Topolino, ma, scusa cara, rivestiamoci un attimo e usciamo sul balcone, non possiamo perdere l’eclissi di luna”! Che aggettivo usereste per Paolo?

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