Come vedete, il titolo non ha punti interrogativi, la SEO è morta è un’affermazione che andremo a dimostrare. Tutti coloro che vivono di SEO cercano ragionamenti a effetto per mantenerla in vita. Ecco il più gettonato:
(1) La SERP di Google è diventata più difficile da scalare, ma le ricerche organiche non moriranno mai.
Per smontarlo spieghiamo cosa c’è dietro alla locuzione la “SEO è morta”. tre fattori:
- L’avvento dello smartphone. Oggi almeno il 70% del traffico va su cellulare. Con uno smartphone lo scorrere fra le pagine dei risultati è più macchinoso e ciò comporta che praticamente solo le prime dieci URL hanno importanza. Del resto, anche tool come SeoZoom considerano le visite solo per le prime dieci posizioni, dando alla decima posizione solo un 2% circa di visite su 100 visualizzazioni della SERP successiva a una data ricerca.
- La concorrenza. Enormemente aumentata negli ultimi anni. Questo dato è innegabile. Ciò rende inutili e ormai obsoleti tanti consigli su come scrivere una pagina web, poiché ormai tutti conoscono i “trucchi” principali e non è assolutamente detto che Google continui a servirsi di indicazioni grossolane (come lunghezza della description, alt delle immagini ecc.) in modo significativo.
- Le news. Ovvero il tracollo della carta stampata. Oggi tutti cercano news in Rete e sono ormai pochi quelli che leggono i giornali cartacei. Ciò ha portato gli editori a investire sull’informazione online. Il risultato è che le ricerche con keyword di formazione (per esempio, “abbassare il colesterolo”), sono state soppiantate dalla ricerca di keyword di informazione (“guerra in Ucraina”, “caduta del governo” ecc.). Hanno preso piede tutti i siti di news e servizi come Google News.
Come ha reagito Google?
Negli ultimi anni si è aggiunto un quarto fattore che ha obbligato Google a prendere decisioni drastiche: le fake news. Si è assistito al progressivo dominio dell’autorevolezza, non raggiunta tramite strumenti di intelligenza artificiale, ma semplicemente, in prima battuta, con una elaborazione umana dei contenuti. Ciò significa che
- Dato un settore di formazione (esempio salute), Google ha identificato una decina di siti affidabili e autorevoli (i top sites) che ha “piazzato” nelle prime posizioni.
- Anche per le news, Google news indicizza solo siti che hanno alle spalle una (vera o presunta) autorevolezza.
Poi, i suoi algoritmi continuano a classificare le pagine in base a criteri di bontà, ma praticamente chi non rientra nei top sites può aspirare al massimo alla seconda pagina (ricordiamoci del punto 1).
Due punti si devono sottolineare:
- Google non perde business in pubblicità, anche se fra i top sites della formazione vi sono siti che usano poca o nessuna pubblicità, perché tutti i top sites che operano nelle news la pubblicità la usano.
- I Core Update di Google che si sono succeduti dal 2019 hanno premiato il concetto di top sites non solo in settori chiave come la salute o il diritto, ma, a poco a poco, anche in qualunque altro settore. Se per esempio cercate “rimpianto” trovate nelle prime posizioni treccani (3 righe), wikidizionario, wikipedia, dizionari.corriere ecc., alla faccia della completezza dell’informazione. Potete scrivere sul rimpianto la pagina più bella, completa, affidabile ecc., ma finirete in seconda pagina (se vi va bene).
I top sites sono diventati quello che i super-ricchi sono per l’economia. Un 1% di siti convoglia su di sé il 90% del traffico.
Quindi, tornando alla (1), è vero che le ricerche organiche non moriranno mai, ma Google ormai le orienta verso i top sites e appaiono ingenui i tanti consigli dei cosiddetti “esperti SEO” per scalare la SERP. Certo, se l’esperto di turno vuole farvi primeggiare in “pizzerie vegane a Broni” non avrà difficoltà a ottenere un buon risultato perché ai top sites l’argomento è talmente marginale che non interessa. Sono le briciole che lasciano ai poveri.