Cosa cerca la gente in Internet? Non è una domanda che si pongono solo i curiosi, ma ha grandi risvolti economici perché influenza scelte pubblicitarie e quindi ha un grande impatto economico. Purtroppo, come vedremo, sono poco efficienti gli strumenti di analisi che oggi si hanno a disposizione.
Incominciamo con i più semplici come Google Trends che permette di avere un valore relativo sulla ricerca di una parola, espresso con un numero. Il numero varia a seconda dei confronti che si fanno. Se per esempio chiedo solo “coriandolo” ho un valore di 31, ma se comparo “coriandolo” con “colesterolo” ecco che per il primo ho 4 e per il secondo ho 71.
Più interessanti tool di ricerca come SemRush, SeoZoom o Ubersuggest del guru americano Neil Patel. Questi strumenti cercano di dare anche dati assoluti, come il volume di ricerca. Per esempio, se cerco “bulldog inglese” trovo che ha un volume di ricerca mensile in italiano di 49.000 ricerche circa.
Inoltre, questi tool si spingono oltre: vanno a verificare la SERP di Google (cioè la pagina che presenta le pagine in Rete che soddisfano meglio la ricerca impostata dall’utente) e, assegnando una percentuale fissa a seconda del posto occupato nella SERP, ci dicono quante visite può fare la mia pagina che parla del bulldog inglese.
Per esempio, indicano che la nona posizione apporta il 2% delle visite totali, cioè circa 1.000 al mese per il bulldog inglese.
L’importanza di questi tool è che fanno chiaramente capire che:
- essere fuori dalle prime 20 posizioni vuol dire praticamente invisibilità;
- essere nelle prime posizioni per parole chiave che nessuno cerca (per esempio, “il canto primaverile della nitticora”) probabilmente vuol dire invisibilità.
La cattiva notizia è che i dati che questi tool indicano come “strategicamente importanti” spesso sono completamente fuori dalla realtà.
Le parole più cliccate
I dati forniti dai tool di ricerca sono corretti? In genere, sì, tranne per i facsimili; quando noi introduciamo un termine del tutto equivalente a un altro oppure ne diamo una versione scorretta, i tool (e Google stesso con la nota forse cercavi…) attribuiscono al facsimile lo stesso traffico dell’originale, per cui la stringa “oglio d’oliva” ha un volume notevole (quello corrispondente a olio d’oliva) anche se, per fortuna, sono pochi quelli che eseguono tale ricerca.
A parte questo problema, il numero di ricerche fornite dal tool non sempre è una realistica immagine della fruizione delle pagine Web. I problemi più critici sono tre.
- Il dato di volume è una media sull’anno; per esempio le ricerche associate a eventi che hanno fatto grande scalpore, di solito le morti di personaggi famosi, come Fabrizio Frizzi, Sergio Marchionne, Avicii, Davide Astori; oppure di grande richiamo mediatico come elezioni 4 marzo, Sanremo ecc. I presentatori e gli interpreti principali di Sanremo arrivano a picchi di 1,5 milioni di ricerche durante la kermesse canora, ma molti di loro precipitano poi a valori inferiori a 50.000 Analogamente Flavia Pennetta (come molti sportivi che realizzano un’impresa nella loro specialità, si ritirano o entrano alla grande nel gossip) ha avuto il suo momento di gloria arrivando a 60.500 per poi attestarsi a meno di 10.000.
- Molte ricerche servono solo per trovare velocemente un indirizzo Internet. Così, noipa ha un volume pazzesco (1.830.000 mensili), ma penso che ben pochi italiani siano interessati a sapere cos’è (è il sistema per la gestione degli stipendi del personale centrale e periferico della Pubblica Amministrazione); invece di battere la stringa https://noipa.mef.gov.it, molti cercano su Google noipa e poi cliccano sul primo risultato, arrivando al sito richiesto. Analogamente, l’autore di questa nota (che peraltro non ha omonimi importanti) ha un volume che è 1/65 di quello di “colesterolo”, ma è molto dubbio che una persona su sessantacinque che cercano colesterolo sia interessata alla sua biografia. Semplicemente, chi vuole andare al sito dell’autore clicca il nome e poi clicca sul sito proposto da Google. Stesso discorso per chi cerca aziende ecc. In sostanza, non si usa Google come vero strumento di ricerca, ma lo si usa come sostitutivo della stringa che identifica un sito. Ovviamente, in questo caso, all’utente non interessa tutta la SERP che Google mostra, ma solo la prima posizione! Esempi di questo approccio sono le stringhe più cercate nella Rete: facebook (151 milioni il volume mensile), google (30,4 mil.), youtube (30,4 mil.), meteo (25 mil.), traduttore (25 mil.), libero (13,6 mil.), amazon (11,1 mil.), repubblica (7,5 mil.), news (3,4 mil.), corriere (3,3 mil.), superenalotto (1,5 mil.) ecc.
- Molte ricerche si fanno perché Google stesso fornisce subito la soluzione, senza passare da alcuna pagina Web. (per esempio, se si cerca Superenalotto, Google mostra subito la combinazione vincente dell’ultima estrazione; se cerco “quanti anni ha Barbara d’Urso” ecco che Google mi risponde subito 62. Il volume di ricerca di una tale stringa è 2.400 ricerche mensili, ma la prima pagina nella SERP raccoglie la miseria di 75 visite al mese, sintomo evidente che Google ha già soddisfatto la stragrande maggioranza degli utenti.
Concentriamoci quindi solo su quelle parole di uso comune che hanno una stabilità di ricerca nel tempo e fanno veramente consultare all’utente una pagina Web specifica; ecco un elenco di ricerche “stabili”:
- donne nude 450.000
- Justin Bieber 450.000
- sesso 300.000
- Cristiano Ronaldo 246.000
- Barbara d’Urso 201.000
- papa Francesco 165.000
- iPhone 135.000
- olio di palma 110.000
- Matteo Salvini 90.500
- mononucleosi 90.500
- Marchisio 74.000
- Silvio Berlusconi 60.500
- uomini nudi 60.500
- Luigi Di Maio 22.200
- Nicola Zingaretti 2.400
L’elenco non è certo esaustivo, ma mostra che la ricerca in Rete “stabile” è solo marginalmente utilizzata per scopi di formazione su di un argomento, mentre prevale nettamente l’informazione, spesso erogata direttamente dall’attore stesso che gestisce la funzione di ricerca (cioè Google).
Cosa cerca la gente?
Quando si consulta Google compaiono nella SERP:
- Annunci pubblicitari
- Snippet (una sorta di premio che Google dà a una pagina Web, mostrata in posizione zero, cioè prima di tutte le altre per il pregio di spiegare velocemente e chiaramente il risultato della ricerca dell’utente)
- Carosello Google (è un carosello che compare in alto e raggruppa insiemi omogenei, per esempio cercando “razze di gatti”, esce il carosello corrispondente)
- Profili di attività (sono riassunti per aziende, persone ecc. che identificano subito le info principali: ing direct, lidl, mondo convenienza ecc., che anche centinaia di migliaia di visualizzazioni)
- Info Google
- Pagine Web (la parte più classica della SERP)
- Video e immagini (anche in forma di carosello)
- News (notizie provenienti da fonti di informazione che riguardano la parola cercata).
Abbiamo visto che lo scopo di questa varietà è dare all’utente subito ciò che vuole. I punti 3-4-5 sono erogati da Google stesso, il punto 1 dalle aziende (per cui se si cerca asciugatrice c’è la possibilità che l’utente si fermi subito su un annuncio pubblicitario e vada al sito dell’azienda che ha fatto pubblicità). I contenuti 7 e 8 sono sì erogati da siti privati, ma in genere con caratteristiche molto particolari (per esempio le news sono quelle dei siti approvati da Google News). In sostanza, solo i punti 2 e 6 sono pagine di formazione sull’argomento, gestite da siti (per esempio Wikipedia) che vogliono essere esaustivi.
Quale tipo di servizo sceglie l’utente?
Come vedremo, dipende molto dal settore in cui ci si muove. Se l’utente trova subito l’informazione cercata, può andar bene anche ciò che propone direttamente Google; se invece l’utente cerca veramente tutto, vuole sapere tutto (come per esempio nel caso di una malattia), una ricerca tradizionale su più pagine è fondamentale. Esistono poi soluzioni intermedie (come chi cerca info sulla razza di gatto che vorrebbe per sé) dove può bastare un video oppure può essere necessario consultare più pagine.
L’esperimento che abbiamo condotto è semplicissimo.
Abbiamo preso le prime 15 pagine del sito albanesi.it (un portale con oltre tre milioni di visualizzazioni di pagina al mese, traffico per il 90% proveniente da Google) secondo uno di questi tool e abbiamo confrontato le visualizzazioni mensili ipotizzate dal tool con quelle reali: solo per una la discrepanza era nel range +/-20% (che è già un errore significativo). Sette avevano una variazione negativa (meno visite del previsto) attorno dal 55 al 90%. Per le altre sette, la variazione era positiva (più visite di quelle previste dal tool): la variazione andava da un +27% a un +636%! In sostanza le visualizzazioni reali erano il 56% in più.
- Da un’analisi più attenta dei dati, si scopre che le discrepanze sono dovute a due fattori principali. Per alcuni contenuti l’utente consulta solo una pagina, per altri ne può consultare fino a dieci per cui la posizione nella SERP è fondamentale per i primi, ma molto meno per i secondi contenuti.
- Inoltre, inspiegabilmente per molte sezioni, i dati del tool sono errati anche per la prima posizione della SERP che fa molte meno visualizzazioni del previsto. La spiegazione è che l’utente usa altre soluzioni (per esempio i video, le news o gli annunci) offerte da Google addirittura prima del primo risultato della SERP, rimanendo totalmente soddisfatto.