Tutti dovrebbero sapere che mondo arabo è diviso fra sciiti e sunniti, ma non tutti sanno che questi due mondi sono in conflitto da secoli.
I media hanno fatto un grande assist al mondo sciita mostrando le folle oceaniche ai funerali di Soleimani, dimenticando che gran parte del mondo arabo ha approvato la decisione di Trump. Quello che i media hanno dimenticato di dire è che in molti Paesi arabi si è festeggiato un colpo mortale dato alla controparte.
Qual è la differenza fra sciiti e sunniti? Alla morte di Maometto (632 d.C.) scoppiò la questione della successione. La maggioranza (quelli che oggi sono i sunniti) scelse Abu Bakr, amico di Maometto e padre della moglie Aisha, la minoranza voleva che i successori fossero scelti fra i consanguinei del profeta, in primis Ali (cugino e genero) e furono soprannominati sciiti (contrazione di shiaat Ali, i partigiani di Ali).
Oggi i sunniti sono circa l’80% degli islamici e dominano interi Paesi. I Paesi islamici a maggioranza sciita sono solo Iraq, Iran, Azerbaigian e Bahrein. Nel Libano la maggioranza è sciita (e gli Hezbollah ne sono un’espressione), ma il Paese non è ritenuto islamico per la nutrita presenza cristiana, di fatto numericamente equivalente a quella islamica. Tutti gli altri Paesi sono a maggioranza sunnita. La faccenda si complica perché in molti Paesi sunniti la comunità sciita è molto forte e crea tensioni, se non vere e proprie guerre (come nello Yemen dove i ribelli sciiti rappresentano circa il 10% della popolazione). In altri Paesi (come in Libia, a stragrande maggioranza sunnita) i contendenti cercano appoggi “religiosi” (per esempio il libico Haftar ha accusato l’Iran di armare il suo contendente Al Sarraj). Infine, in Paesi come l’Afghanistan c’è sia una forte avversione verso l’Iran (sciita) sia verso il mondo occidentale perché una parte dei sunniti afghani interpretano il messaggio religioso in chiave fondamentalista (talebani).
In sintesi, una confusione che è una polveriera dove si muovono figure a tendenza diplomatica (Egitto, Arabia, Turchia) e altre a tendenza fortemente belligerante (l’Iran, gli Hezbollah in Libano, i talebani in Afghanistan, ribelli sciiti yemeniti ecc.).
In questo scenario l’Iran si situa come forza di riferimento per tutto il mondo sciita, soprattutto in quei Paesi dove c’è una più o meno forte comunità sciita: Egitto, Siria, Turchia, Afghanistan, Qatar, Kuwait, Pakistan, Asia Centrale ex-sovietica, Africa islamica a sud del Sahara; in Arabia i dati parlano di una comunità fra il 5 e il 15%). Per questo motivo, viene visto con apprensione sia dal mondo occidentale sia dal mondo arabo sunnita.
Il ruolo dell’Europa nella contesa fra sciiti e sunniti
L’Europa e l’Italia stanno facendo da comparse in uno scenario internazionale sempre più aspro. Di fatto, sembra siano sponsorizzate dall’industria del mobile, visto che non fanno che parlare di tavoli: “sediamoci attorno a un tavolo e dialoghiamo”, senza capire che quando due persone si stanno prendendo a pugni non ci sono che due mezzi d’intervento efficaci: o si separano (con la forza, non necessariamente fisica) o si prendono le parti dei due contendenti nella lotta. Nell’immediato altre soluzioni non ne esistono perché dovrebbe a tutti apparire evidente l’incompatibilità fra i due rissosi avversari.
Il pacifismo e la non belligeranza sono posizioni eticamente plausibili, ma deve esserci la coerenza di non pretendere di entrare nella contesa: in altri termini, un Paese neutrale fa come la Svizzera, non pensa di scendere in campo e contare qualcosa solo perché crede che gli altri lo ascolteranno. In particolare, pensare di non esercitare nessuna forma di pressione (economica o militare) per bloccare i contendenti è utopistico e appare anche abbastanza meschino quando dietro c’è solo la paura di ritorsioni: vivo tranquillo, meglio non immischiarsi, però voglio dire la mia senza offendere nessuno, di fatto senza dire nulla. Il governo italiano non ha preso posizioni: nessuna condanna per l’azione di Trump né una difesa dell’intervento nel panorama della lotta al terrorismo. Né carne né pesce.
Si può condannare o approvare l’azione di Trump, ma è molto semplicistico non considerare che dietro c’è l’azione di un Paese (l’Iran) che vuole ergersi ad attore primario sulla scena mondiale (come la Corea del Nord) diventando il punto di riferimento di una religione in molti Paesi, di fatto una mina vagante per questi stessi Paesi a maggioranza islamica sunnita.