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Mediocrità: ogni vicenda altamente mediatica la porta a galla

19 agosto 2019 di Roberto Albanesi

mediocrità

Mediocrità significa sostanzialmente stare “nel mezzo” quindi, di per sé, non sarebbe un termine negativo. In realtà, tutti lo usiamo con un’accezione negativa perché diamo per scontato che si potrebbe fare di più. Potremmo definire mediocre uno studente che prende un sei risicato perché capiamo che avrebbe potuto fare molto di più. Quindi nel termine mediocre c’è un giudizio negativo perché si dà per scontato che “c’è di meglio”.

Del resto, la mediocrità è alla base della politica (spesso mediocre perché tende a compiacere la maggioranza della popolazione, quindi “a stare nel mezzo”), ma è anche

Come esempio, possiamo citare la tragica vicenda dell’uccisione del carabiniere Marcello Rega (Roma, luglio 2019) per opera di due ragazzi americani, non certo esempi di virtù (dediti alla cocaina e appena autori di un borseggio).

La vicenda poteva essere raccontata come importante fatto di cronaca, ma i media non hanno perso occasione per offrirsi alla massa, aumentando l’audience che comunque il fatto tragico avrebbe avuto. In sostanza, quando il piatto è un po’ insipido il trucco è aggiungere sale, in modo da riscaldare il “gusto” di chi legge, di suscitare emozioni, anche a scanso di deformare la semplice verità.

Così per chi è strenuo sostenitore del diritto (a dire il vero pochi utopisti) la foto del ragazzo bendato è diventata addirittura scioccante (così l’ha definita la CNN), senza capire che, se il gesto è sicuramente censurabile, è umanamente comprensibile (e quindi non può essere scioccante) da parte di chi ha appena perso un collega. I due ragazzi per alcuni (come il parlamentare del PD che ha fatto loro visita in carcere, chissà poi perché se non a fini mediatici, visto che non lo fa per tutti i poveracci arrestati, magari molto meno colpevoli dei due ragazzi) sono diventati quasi dei martiri (alcuni hanno paragonato la vicenda a quella di Amanda Knox, senza dimenticare che la Knox non aveva mai confessato e si era sempre dichiarata innocente), grazie anche al loro legale che ha confezionato la vicenda che il povero cocainomane aveva il terrore di essere strangolato dal Cercello, non avendo capito che era un carabiniere; ovviamente nessun media ha sottolineato quanto la difesa sia ridicola perché c’è tutto l’interesse a tener viva l’audience: ridicola, perché le coltellate non sono state una, due o tre, ma ben undici e vedo già l’accusa che, brandendo l’arma del delitto, la conficca undici volte sulla scrivania del tribunale ripetendo “non una, non due, non tre, ma ancora… ancora… ben undici volte!”. Insomma, il processo deve diventare “mediatico” e senza contraddittorio non c’è interesse.

Oggi anche i social contribuiscono a diffondere la mediocrità della gente, illudendola di poter assurgere a una visibilità globale, Così, l’unico modo per essere visibili, è essere estremi, come quel tweet di quella professoressa che ha bollato la morte del carabiniere con la tranciante frase “uno in meno”. I media hanno riportato la vicenda facendone subito uno scontro fra i pochi (il tweet ha ricevuto un centinaio di like) che sostenevano la professoressa e i moltissimi che la massacravano, dicendole di vergognarsi. Trattata in un modo non molto mediocre (cioè non vicino al sentire comune), la vicenda è molto più complessa di quanto si pensi e pone interrogativi profondi che ai media non interessano più della semplice contrapposizione fra due posizioni chiaramente mutuamente esclusive:

  1. La Tizia insegna: possibile che in questi anni colleghi, preside, studenti, nessuno si sia accorto del suo “odio sociale”?
  2. Forse nessuno se ne è accorto perché ormai l’odio è normale in questa società sempre più piena di contrapposizioni che anche i media esaltano e amplificano?
  3. Casi simili: muore un migrante-> uno in meno; muore un cacciatore ucciso per errore dal padre (scena con testimoni) -> uno in meno; muore un islamico -> uno in meno; muore un pedofilo -> uno in meno ecc.
  4. Non a caso, sono tanti che ricevono minacce di morte e sono sicuro che la “maggioranza della popolazione” se potesse schiacciare un pulsante per eliminare tutti i criminali (mandandoli direttamente all’inferno) lo farebbe. Ma non fa notizia l’odio per i cattivi (o presunti tali), mentre quello per i buoni sì. Mah… L’odio è sempre odio, ammesso che poi si possa definire con certezza chi è buono e chi è cattivo al 100%.

Ovviamente, anche dall’altra parte la mediocrità regna sovrana. I media e la popolazione hanno dipinto il vicebrigadiere come un eroe: ma perché? Ha dimenticato l’arma di servizio, ha sopravvalutato le sue forze (dubito che fosse preparato ad affrontare un ragazzino agile e svelto con un coltello da marine: purtroppo i nostri carabinieri, peraltro estremamente professionali, non ricevono un’adeguata preparazione fisica, non sono certo navy seal: la prova fisica di ammissione può essere facilmente superata anche da sessantenni allenati), non ha salvato nessuno con il suo sacrifico. Perché un eroe?

I media non hanno potuto fare a meno di amplificare il dolore della tragica vicenda, da un lato dipingendo la vita esemplare del militare, dall’altro lo strazio per la sua morte non solo dei suoi familiari, ma anche di gente comune, di quella mediocrità che fa audience. Di solito i funerali, l’omelia del sacerdote, il dolore palpabile nella folla sono grandi momenti emotivi che i media non possono perdersi: ma se il defunto è stata una bravissima persona (e su questo non c’è dubbio) ora sarà in paradiso, un posto che, per chi crede, dovrebbe essere un obiettivo; quindi perché tanto dolore e non invece la gioia di saperlo in una condizione decisamente migliore? Oppure, nessuno che riesce a confessare la mediocrità della fede perché farebbe poca audience?

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