È convenzione comune pensare che bambini riescano a imparare le lingue straniere più velocemente e in modo più efficace rispetto agli adulti. A riprova del fatto, sono ormai diventati molto comuni i cartoni animati in lingua straniera o l’iscrizione dei bambini a corsi specifici pensati per la loro età. I ricercatori hanno espresso questo concetto già dalla fine del secolo scorso formulando l’ipotesi della differenza fondamentale (Bley-Vroman, 1988), che afferma che i bambini usano per apprendere meccanismi linguistici impliciti (in modo inconscio, senza ragionamento) specifici del dominio o contesto in cui vivono, e imparano la lingua straniera senza dover riflettere sulla sua struttura o senza eccessivi sforzi. Per contro, gli adulti usano meccanismi alternativi (meccanismo esplicito), attingendo in particolare alle complesse capacità di ragionamento del problem-solving.
Questi erano risultati già ampiamenti condivisi dalla comunità scientifica, tuttavia nuovi studi hanno meglio approfondito questi temi, portando a risultati anche sorprendenti. La ricerca ha dimostrato che i bambini ottengono ottimi risultati nell’imparare la lingua straniera se hanno una lunga esposizione a una nuova lingua per lungo tempo, come nel caso dei bambini immigrati che sono circondati dalla nuova lingua per la maggior parte del giorno, tutti i giorni. In tale scenario, i bambini diventano molto più competenti nella nuova lingua a lungo termine rispetto agli adulti.
Tuttavia, se il lasso di tempo giornaliero in cui i bambini ascoltano per imparare la nuova lingua è limitato, come per esempio nell’apprendimento delle lingue nelle classi scolastiche, i bambini imparano lentamente e in generale hanno addirittura meno successo di adolescenti o adulti.
In un nuovo studio pubblicato da due scienziate dell’università dell’Essex (Karen Roehr-Brackin e Angela Tellier), condotto su bambini delle scuole elementari, ha mostrato che anche i bambini di età di otto–nove anni possono sviluppare un meccanismo esplicito di apprendimento, anche se in modo molto limitato e solo se il metodo l’insegnamento incoraggia a riflettere sulla struttura della lingua. Inoltre l’efficacia dell’apprendimento non dipenderebbe solo dall’età del bambino, ma anche dal modo in cui s’insegna la lingua, in particolare in relazione a quali strumenti si utilizzano e per quanto tempo il bambino rimane in contatto con lingua straniera. Lo studio quindi sembrerebbe suggerire metodi diversi a seconda che i piccoli abbiano più o meno di otto-nove anni. Per i più piccoli, si possono sfruttare i metodi incentrati sul meccanismo implicito, che ricorrono a giochi, canzoni o disegni, mentre per i bambini di otto-nove anni potrebbe essere utile ricorrere a entrambi i metodi (implicito o esplicito) incoraggiando i bambini a riflettere in modo conscio sulla struttura della lingua.
Lo studio sembra quindi suggerire che l’insegnamento delle lingue straniere nelle nostre scuole sia, di fatto, molto limitato, per tipologia e quantità di tempo, se si vogliono sfruttare al meglio le capacità di apprendimento dei piccoli.
Le ricercatrici affermano che si tratta certamente di uno studio preliminare, ma incoraggia a cercare nuovi modi per insegnare le lingue straniere a bambini più grandi, sicuramente diversi dai metodi pensati per adolescenti e adulti, ma pur sempre basati su meccanismi di apprendimento esplicito, fino a ora riservati ai soli adulti.