Si pensa sempre che i grandi responsabili dell’inquinamento siano le automobili, il riscaldamento delle case o l’allevamento di mucche. Sembrerà strano, ma anche la moderna informatica è responsabile dell’emissione di anidride carbonica. Anche i bit inquinano!
Data center è il termine moderno che indica ciò che una volta era la sala macchine o il centro di elaborazione dati di un’impresa o un’organizzazione che effettuava operazioni di calcolo su vasta scala (Università, centri di ricerca ecc.). Oggi, in un mondo in cui tutte le informazioni sono digitalizzate e memorizzate in computer sotto forma di bit, i data center hanno assunto un’importanza strategica nelle imprese e anche nel mondo della finanza. I grandi colossi dell’e-commerce, come Amazon, o lo stesso Google, hanno data center sparsi in tutto il mondo, spesso interconnessi da reti ad alta velocità.
Oggigiorno progettare e mantenere un data center non è impresa da poco: si tratta di centinaia di computer sempre accesi, giorno e notte, oppure supercalcolatori. I problemi più importanti quindi sono non solo nell’energia che utilizzano per l’alimentazione, ma anche in quella necessaria per il raffreddamento dei locali in cui sono tenuti. Quest’ultimo problema non è affatto di poco conto ed è responsabile dei consumi di energia enormi legati ai data center. Naturalmente il consumo di energia spesso significa l’emissione di anidride carbonica: quindi anche i data center sono in un certo senso legati al surriscaldamento globale e ai cambiamenti climatici.
I data center archiviano informazioni elettroniche come e-mail, bollette digitali, foto e video e in tutto il mondo consumano tra il 3% e il 5% dell’elettricità globale totale e competono con l’industria aerea in termini di emissioni di anidride carbonica. Questo la dice lunga sulle soluzioni semplicistiche proposte da molti ambientalisti che considerano un attacco al pianeta prendere un aereo, ma che non rinunciano agli acquisti online o ai vantaggi del mondo digitale.
Per capire la portata del problema, è di qualche giorno fa la notizia, rilanciata dalla CNN News, secondo la quale lo scorso anno i data center cinesi hanno prodotto 99 milioni di tonnellate di anidride carbonica, l’equivalente di circa 21 milioni di automobili su strada.
Secondo un rapporto di Greenpeace e della North China Electric Power University, l’industria cinese dei data center è tra le più grandi al mondo e l’anno scorso ha consumato poco più del 2% della potenza del Paese.
Naturalmente il problema avrebbe un impatto minore sull’ambiente e sul clima se l’energia usata dei data center fosse di tipo verde (solare o eolico). La Cina sta superando gli Stati Uniti nelle energie rinnovabili e ha fatto enormi progressi nello sviluppo di progetti legati all’energia solare. Nel 2017, ha fissato l’obiettivo di soddisfare, tramite energia pulita, un quinto del suo fabbisogno energetico entro il 2030. Tuttavia, nonostante questa vasta capacità di energia verde, la maggior parte dei data center cinesi non la utilizza, in quanto “Quasi tre quarti di quella potenza provengono dal carbone. Dei 44 data center che abbiamo esaminato, solo cinque hanno utilizzato energia pulita nel loro mix“, ha dichiarato Ye Ruiqi, un esperto del clima di Greenpeace.
Attualmente, i data center cinesi si basano su un mix energetico: 73% da carbone, 23% di energie rinnovabili e 4% dal nucleare. Se l’energia rinnovabile aumentasse al 30% entro il 2023, secondo Greenpeace si potrebbero evitare 16 milioni di tonnellate di emissioni di anidride carbonica, corrispondenti a 10 milioni di voli transatlantici di andata e ritorno.
L’industria cinese dei data center è utilizzata dai colossi cinesi dell’e-commerce e del cloud computing (come Alibaba), ma anche aziende straniere potrebbero utilizzarla a breve: la Apple stia attualmente costruendo un data center nella provincia meridionale di Guizhou.
Negli Stati Uniti, i data center hanno ridotto significativamente le loro emissioni di anidride carbonica. Tutti i data center di Apple sono alimentati da energia pulita, secondo la società, e il suo nuovo centro in Cina utilizzerà anche alcune energie rinnovabili, anche se non è chiara la percentuale di utilizzo.
Microsoft e Amazon mirano inoltre a potenziare i propri data center con energia rinnovabile al 100%. In un post sul blog di aprile, il presidente della Microsoft Brad Smith ha dichiarato che la società dovrebbe superare il 70% entro il 2023. Amazon Web Services, che si occupa dei data center dell’azienda, afferma di aver superato il 50% di energia rinnovabile già nel 2018.
In Italia, un’azienda pioniera dei data center green è Eni: il Green Data Center di Ferrara è tra i primi centri in Europa per caratteristiche, dimensioni ed efficienza energetica, secondo l’azienda. Il centro ospita il supercalcolatore HPC4, che raggiunge una capacità di calcolo di picco pari a 22,4 milioni di miliardi di operazioni matematiche svolte in un secondo. La struttura viene in parte alimentata da un parco fotovoltaico da circa 1 MWp. Tuttavia l’energia rinnovabile al momento coprire solo circa 15% del fabbisogno energetico dell’HPC4. Anche se si prevede un miglioramento, la strada per i bit “completamente verdi” è ancora lunga.