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Ti trovi qui: Home / Società / La pandemia ha evidenziato i limiti tecnico-scientifici dei giornalisti

La pandemia ha evidenziato i limiti tecnico-scientifici dei giornalisti

6 luglio 2020 di Roberto Albanesi

Un professionista dell’informazione è sicuramente molto bravo a scrivere; purtroppo, molto spesso, diventa decisamente carente quando si parla di scienza e, in particolare, di numeri. Così può essere un buon giornalista politico, un ottimo giornalista sportivo, ma raramente è un buon giornalista tecnico-scientifico. Il motivo è semplice: non sa valutare e quindi informare sui numeri che si trova di fronte.

Per dimostrare quanto detto, basta considerare le seguenti notizie.

  1. Negli USA la pandemia dilaga: 26.602 contagi e 1.164 vittime.
  2. La Protezione civile ha aggiornato il bollettino, a oggi, 2 luglio, dall’inizio dell’epidemia, 240.961 contagiati e 34.818 vittime
  3. In Italia la pandemia è sotto controllo: oggi solo 201 nuovi contagiati 82 ancora in terapia intensiva e 30 morti.

Le tre notizie sono corrette, ma qualunque persona che le maneggi e abbia seguito l’evolversi della pandemia aggiungerebbe considerazioni sui numeri citati. Nessuna fonte giornalistica è invece riuscita a farlo. A meno che non ci sia il dolo di esaltare oltre misura la gestione italiana della pandemia, era necessario commentare le tre notizie con un distacco e un’imparzialità che invece sono mancati. Le domande che un giornalista serio doveva farsi erano le seguenti.

Ma se in USA la mortalità è del 4,4% (notizia 1) come mai in Italia è del 14,4% (notizia 2)? Dubbi:

  • Il numero di contagiati in Italia è molto superiore, ma allora che senso ha dare i numeri “ufficiali”?
  • La sanità italiana è insufficiente e non è in grado di curare come in altri Paesi? Vedasi il recente “grido di dolore” dei medici del Policlinico San Matteo di Pavia, dapprima definiti eroi, angeli ecc. e oggi oggetto di segnalazioni, denunce in procura ecc.

Ma se i ricoveri in terapia intensiva continuano a diminuire e da giorni sono sotto ai 100, come mai ci sono ancora 30 morti al giorno (notizia 3)? Dubbio:

  • Dove muoiono queste persone? L’Istituto Superiore di Sanità ci dice che 2 pazienti su 3 in intensiva sopravvivono. I morti “giornalieri” sono forse casi disperati che ricoverati in ospedale per aggravarsi di altre patologie (tumore, infarto ecc.) e, scoperti positivi al COVID-19 vengono messi in intensiva (o non ci arrivano nemmeno) e muoiono, venendo attribuiti alle statistiche relative al COVID-19?

Quando un giornalista si limita a diffondere numeri senza capirli e senza commentarli diventa solo un cronista.

giornalisti

Analogamente, manca ogni manifestazione di spirito critico nei riguardi di considerazioni tecnico-giuridiche. Buffo che i giornalisti, sull’onda dei consigli di virologi e ricercatori, continuino a stigmatizzare i comportamenti di giovani nelle movide, di tifosi che esultano per la vittoria della loro squadra, di gente che affolla le spiagge, ma non spendano una parola per censurare politici che si assembrano in riunioni o comizi. Di ieri la notizia che il ministro Speranza voglia proporre ulteriori restrizioni ai positivi; il ministro è mostrato in pubblico mentre dietro di lui decine di persone sono assembrate al suo seguito con distanziamento sociale praticamente nullo. Già grave che un ministro così “attento” alla salute dei cittadini accetti di muoversi in un contesto simile, ma ancora più grave che nessun giornalista lo abbia fatto notare!

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