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La morte di George Floyd e il razzismo negli USA

11 giugno 2020 di Roberto Albanesi

George Floyd razzismo usaLa morte di George Floyd ha alimentato il dialogo sul razzismo negli USA, ma l’argomento ha tante sfaccettature che, semplicisticamente, molti non hanno considerato.

Innanzitutto, il concetto di minoranza. Negli USA ci sono circa 5-8 milioni di ebrei, quindi la comunità ebraica è una netta minoranza (gli abitanti degli USA sono circa 330 milioni). Eppure, è potentissima. Forse perché a essa è associato un potere economico notevole, ma non solo.

I neri americani sono il 13% della popolazione, il 16% sono gli ispanici, i bianchi non ispanici il 61%. In sostanza tutte le minoranze, in base all’etnia, costituiscono circa il 39% della popolazione, un insieme che, potenzialmente, potrebbe avere un grande potere. Quello che però accade nella realtà è che le singole minoranze sono in competizione fra loro!

Considerando solo i neri, anche il 13% è una minoranza consistente, capace, in teoria, di spostare elezioni in modo consistente. In realtà, la galassia nera è suddivisa in tre gruppi disomogenei:

Il gruppo dei neri moderati; brave persone, dotate di un lavoro a basso-medio reddito che vivono in quartieri non di lusso, spesso anche degradati (nelle grandi città). Sono coloro che soffrono realmente il razzismo ancora presente nel Paese.

Il gruppo dei neri borderline; inutile santificare tutti i neri. Nelle città le gang sono formate in prevalenza da neri o ispanici, tutti coloro che in un Paese ricco non hanno accettato la condizione di cittadino modesto e hanno cercato una facile strada nella criminalità.

Il gruppo dei neri affermati. Se si pensa che l’8% dei neri ha votato per Trump, si può stimare che circa un quarto della popolazione nera viva con un tenore di vita sicuramente superiore quello dei neri moderati e non si sta parlando solo di star del cinema o dello sport, basti pensare alla famiglia Obama, ai militari di colore ecc. Chiaramente si tratta di neri che condannano il razzismo come un italiano può condannare la mafia, ma dalla condanna a parole a un impegno continuato e attivo (per esempio la sospensione dal campionato di basket o di football per un tempo sufficientemente lungo) ce ne passa, più facile versare un contributo in denaro una tantum in favore di questa o quella associazione.

Questa frammentazione è all’origine della vera mancanza di potere nei confronti del razzismo. Se non ricordo male a New York ci sono 35.000 poliziotti. Se anche solo l’1% di essi (350) fosse intimamente violento (razzista o no), ci sono e ci saranno tanti George Floyd, poliziotti “giustificati” a loro dire dal gruppo numero 2 dei neri americani. Del resto, basta ricordare in Italia il caso di Stefano Cucchi che con il colore della pelle aveva ben poco a che fare.

Analogamente, il gruppo 3 dimostra che nella società americana la condizione di nero americano è “solo” penalizzante e non più bloccante come era ai tempi di M. L. King. Un po’ come la condizione femminile. C’è anche da dire che le tante leggi per le minoranze spesso sono controproducenti perché da un lato non sono meritocratiche e dall’altro aumentano il grado di violenza di chi viene posposto a candidati meno meritevoli.

La situazione è molto complessa e affrontarla semplicisticamente cercando una soluzione immediata appare molto utopistico.

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