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Coronavirus: perché in Italia tanti decessi?

21 marzo 2020 di Roberto Albanesi

Coronavirus decessi

L’altissimo numero di decessi da Coronavirus in Italia è dovuta a molti fattori, non solo medici, ma anche socioculturali. Fra i più importanti:

  1. L’azione del governo
  2. La situazione della sanità italiana
  3. Lo stile di vita dei cittadini
  4. La cultura medica degli italiani
  5. Lo scarso senso civico degli italiani.

Fioccheranno le ricerche di “scienziati” che tenteranno di pubblicare ricerche che spiegheranno il disastro italiano. Diffidate di chi punterà il dito su una sola causa; è per esempio priva di spessore la tesi errata secondo cui l’età media degli italiani è maggiore che in altri Paesi dove la mortalità è minore. Premesso che per molti casi non è vero, anche 1% di abitanti over 70 in più non giustifica differenze enormi.

Azione del governo

Citata per prima, ma non necessariamente la più importante. Si veda l’articolo: Conte e il COVID-19: la sfortuna di un premier?. In sintesi, una chiara sottovalutazione dell’emergenza (sopravvalutando per esempio la nostra sanità, spesso denominata “d’eccellenza”), con decreti tardivi, spesso confusi, affidati a un comitato scientifico che, pur nel rispetto dei dati, non ha fatto che terrorizzare la popolazione, di fatto porando a un lockdown fra i più duri in Europa, con un dissesto per l’economia che si ripercuoterà per diversi anni. Singolare il fatto che in Paesi con lockdown decisamente più morbido ci sia una percentuale di morti per abitanti 5 volte inferiore all’italia.

Sanità italiana

I punti sono due:

  1. Carenze di organico
  2. Impreparazione.

Qui non stiamo parlando dei medici e degli infermieri che oggi negli ospedali fanno quello che possono, ma di strutture che per carenze di organico, di mezzi e di fondi da decenni sono con l’acqua alla gola. Curioso il fatto che fino a ieri ci si lamentasse della sanità per i lunghissimi tempi di attesa per le visite, per i casi di malasanità che i media hanno sempre diffuso con dovizia di particolari ecc. e che ora gli stessi media la dipingano come eccellenza nazionale. Le carenze principali della sanità:

  • i Pronto Soccorso sono sempre affollatissimi (e se arriva un paziente con Coronavirus, prima che sia stato visitato, ha già infettato i presenti!). Anche a inizio emergenza non sono state tempestivamente approntate corsie Covid.
  • Spesso il paziente viene rilasciato e dimesso dal Pronto Soccorso per poi tornarvi in condizioni peggiori.
  • I reparti sono sotto organico e i mezzi limitati: in Germania ci sono 28.000 posti in rianimazione, in Italia solo 5.000. Il numero di posti in sé non sarebbe critico, ma ovviamente questa situazione, aggravata dagli altri fattori, critica lo diventa.
  • I tempi d’intervento sono spesso lunghi (si citano casi di ore o di giorni) e la rapidità è più un’eccezione che la regola. Purtroppo i medici generici sono pochi e non sempre agiscono tempestivamente; tantissimi sono i casi di soggetti visitati e/o curati con giorni di ritardo. Questo è forse il fattore che più diversifica da Paesi come la Germania dove il numero dei morti è minore.

Tutto ciò si traduce in una lentezza operativa che può costare tante vite. A questa s’aggiunge falle nella preparazione dei medici; se abbiamo eccellenze in campo mondiale, abbiamo anche una percentuale di medici di base impreparati che non hanno saputo riconoscere subito la gravità del problema e hanno perso giorni importanti per salvare la vita al paziente, fra l’altro a volte rimandandolo nella società e diffondendo il contagio. Non si possono avere “in media” medici, ingegneri, avvocati, architetti ecc. preparati quando la nostra scuola è agli ultimi posti in Europa.

Stile di vita

Diversi sono stati i tentativi errati di difendere l’Italia con la scusa che noi siamo un Paese più vecchio di altri e che vivremmo più anni da vecchi rispetto ad altri Paesi. Premesso che non è vero, anche una differenza di un anno non può certo giustificare un numero di morti per milione di abitanti dieci e più volte superiore.

Il vero problema è che in Italia non c’è promozione dello stile di vita. la prova più evidente è che siamo il primo Paese in Europa per fumatori adolescenti: sigarette per il 37% degli under 17 contro il 21% della media (Centro europeo per il monitoraggio della dipendenza dalle droghe, Espad)

In altri Paesi c’è una grande promozione del buon stile di vita e il soggetto che vive male è comunque “sotto pressione”. Un eclatante esempio italiano è Umberto Bossi che dopo l’ictus è stato ripreso in molte uscite pubbliche con il sigaro in bocca. Su 100 compromessi in Italia ce n’è una percentuale x che “cambia abitudini” mentre in un Paese dove lo stile di vita è più considerato una percentuale y, con y decisamente maggiore di x. Il risultato è che i nostri “compromessi” sono messi molto peggio dei compromessi di un Paese dove la mortalità per COVID-19 è decisamente minore: non è raro trovare soggetti enfisematosi che, pur di non smettere di fumare, ricorrono a cortisonici per arginare la patologia, accettando la prognosi di 4-5 anni di vita. Il compromesso italiano, che per anni non si è sentito colpevole di un cattivo stile di vita perché di fatto la società non lo ha bocciato, non si mette in riga e peggiora sempre più.

La cultura medica

Non è un segreto che la cultura in genere faccia a pugni con gli italiani, ormai orientati a sorbirsi programmi di cucina e/o talent show musicali piuttosto che programmi culturali; non è un segreto che la nostra scuola sia agli ultimi posti nella UE. Il problema è che questa mancanza di cultura porta le persone a intasare i Pronto Soccorso con inutili codici bianchi, a non saper capire la reale portata dei problemi riguardanti la salute ecc.

Il senso civico

La mancanza di senso civico è quella che ha fatto fallire la comunque tardiva risposta del governo italiano. Gente che non rispetta i divieti, spesso per motivi futilissimi. La mancanza di senso civico provoca un picco di contagiati che mettono in crisi le strutture sanitarie, senza spalmare la pandemia su un tempo più lungo.

Un caso classico

Per chi non fosse ancora convinto che l’alto numero di decessi e di ricoverati in rianimazione sia una situazione tipicamente italica (e di quei Paesi che ci seguiranno in questa triste classifica) riporto un caso esemplificativo.

Nell’agosto 2017 subisco un distacco di retina.

Problema: scarsa coscienza medica – Mi accorgo subito del problema perché ho una buona coscienza medica. Anche a chi non l’avesse sarebbe bastata una ricerca in Rete del sintomo (una banda nera che occupava per un terzo la parte superiore sinistra dell’occhio) per capire di cosa si trattasse. Già, ma sapete quante persone ci scrivono chiedendo cose che con una ricerca da 5″ si sarebbero trovate nel nostro sito o comunque nella Rete?

Problema: sanità – Vado al Pronto Soccorso di oculistica a Pavia. Nella sala d’attesa ci sono 28 persone. Calcolo 5-6 ore d’attesa. Inconcepibili. La lentezza d’intervento è uno dei problemi che aggravano diagnosi e cure (ad Ariano irpino nelle prime ore del contagio quindi non certo per collasso sanitario come in Lombardia, l’ambulanza ci metteva otto ore per arrivare a casa di un soggetto a rischio con febbre alta). Nel mio caso dalla letteratura medica avevo scoperto che occorre operare entro le 72 per non “perdere l’occhio”.

Problema: senso civico – Davanti a me c’è gente che ha gli occhi arrossati perché questa notte non ha chiuso occhio. E vengono al Pronto Soccorso! Telefono al mio oculista che lavora all’Humanitas di Rozzano, un buon ospedale, dicono. Mi dice che all’Humanitas d’agosto non operano, che la sala è chiusa (ovvio, per l’italiano le ferie estive sono sacre) e mi consiglia di andare al San Gerardo di Monza. Ok, ma altro tempo perso, se a Monza trovo una situazione simile a quella di Pavia sono spacciato. Un po’ come il morto da Coronavirus assistito con 10-12 ore di ritardo. Attenzione: non stiamo parlando del solito divario Nord-Sud, qui siamo sempre in Lombardia.

Vado a Monza, tempo d’attesa al Pronto Soccorso: 45′, operato entro le 72 ore, occhio completamente recuperato.

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