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Controcorrente

31 marzo

Il papa è ricoverato al Gemelli per un’infezione polmonare. Quello che non capisco è perché si dia tanta importanza all’evento e si voglia far credere che l’apprensione degli italiani sia totale; sui giornali esteri la notizia non appare o appare nelle pagine interne, possibile che noi italiani siamo schiavi del Vaticano e giochiamo a credere che sia importante in tutto il mondo? Ci sono quelli, come me, a cui la notizia non fa né caldo né freddo, mi lascia indifferente, perché non posso certo preoccuparmi per la salute di una persona che non stimo e che, secondo i miei parametri, non ha certo scelto un buon stile di vita: con tutti gli ottuagenari che lottano in ospedale, se mi preoccupassi per ognuno di loro, sarei una persona perennemente triste. Poi ci sono i credenti, quelli veri, non quelli che credono, ma non praticano (i neofarisei). Ma anche qui non capisco: se il papa ci lascia, va in paradiso e, fra qualche anno, viene fatto santo. Dov’è il problema? Tanto, se muore un papa se ne fa un altro.


Dai giorni precedenti…

controcorrente

Ormai sembra che fare fatica per raggiungere un obiettivo sia qualcosa di deplorevole; accade nel lavoro, ma accade anche nello sport. Daniele Vecchioni su Instagram posta un “bel” video dove così si esprime: “C’è chi dice che se non fai 10 km in un’ora sei un moribondo, e allora ci sono persone che cercano di far fatica nella corsa e poi si fanno male.” Praticamente senza citarmi, affossa il mio test del moribondo con una considerazione che è di un’irrazionalità assoluta. Infatti ci racconta che la velocità è soggettiva, l’unica affermazione che mi sento di condividere, ma che nulla c’entra con il test del moribondo. Come dire che ogni auto ha una sua velocità massima (vero), ma dal punto di vista razionale è allucinante usare questo concetto per bocciare chi dice che un’auto che va al massimo a 50 km/h è un catorcio.

Vecchioni è lo sponsor di tutti coloro che vogliono correre senza fare fatica; genialmente, perché nella popolazione sono tanti quelli che vogliono sentirsi sportivi senza sudare, vedasi per esempio chi usa i bastoni del nordic walking semplicemente trascinandoli: i bastoni li “abilitano” come sportivi. Sentite cosa dice “cercare di fare fatica è l’anticamera dell’infortunio”. Di fatto irride tutti gli amatori che nella fatica trovano l’espressione della loro energia vitale. L’infortunio si ha quando si superano certe soglie di fatica per arrivare dove non si può, quindi associare il semplice far fatica all’infortunio è ascientifico.

Riassumendo, Vecchioni è il bravo allenatore di tutti coloro che con scarsa energia vitale non vogliono far fatica e reputano la corsa un’attività che deve essere svolta in modo soft perché altrimenti “uccide”.


Vi ricordate il Covid? Spero che non siate fra quelli che ancora oggi vanno al supermercato oppure in farmacia (non è obbligatoria) con la mascherina; peggio quelli che sanificano i manici dei carrelli dei centri commerciali prima di usarli. Insomma, ormai certi comportamenti sono la cartina di tornasole per rilevare l’ipocondria del soggetto. Ma il Covid è sparito, visto che i media non ne parlano più? No, non è sparito, si è solo sgonfiata l’attenzione al “problema”. Nella scorsa settimana di marzo, ci sono state 26 vittime al giorno. Visto che dopo la conclusione della terza dose di vaccinazioni c’erano meno di 100 morti al giorno, risulta ormai evidente come gran parte delle restrizioni del 2022 fossero dettate solo da scelte personali di chi era al governo. Nessuno può ragionevolmente dire che 26 morti contino meno di 90. Quindi, perché quelli che l’anno scorso hanno continuato a perorare chiusure non lo fanno anche oggi? Forse si sono finalmente convinti che i morti da Covid sono per il 98% soggetti fragili che comunque hanno una bassa speranza di vita (molti dei decessi positivi al Covid avvenivano per altra causa), che distruggere l’economia non è “socialmente utile” e che ostacolare le cure ottimali ad altri malati per “fronteggiare l’emergenza” è immorale?


La preside della Classical School di Tallahassee (Florida) è stata licenziata perché ha mostrato la statua del David di Michelangelo durante una lezione sull’arte del Rinascimento. Barney Bishop, presidente della Classical School, ha confermato che tre genitori avevano protestato per quella lezione, due perché la docente non aveva avvisato in anticipo le famiglie che avrebbe mostrato contenuti “controversi”. La madre del terzo alunno ha addirittura accusato la scuola di “pornografia”, “sconvolta” che “il figlio abbia dovuto vedere quelle immagini”.

Premesso che la scuola, essendo privata, può avere i regolamenti che vuole, è abbastanza chiaro che la religione porta indietro la società. I “precetti” su alimentazione e sesso danno il senso dell’arretratezza socioculturale di una religione. Per capirci, è abbastanza chiaro che in nessuna scuola cattolica anche italiana sarebbe ammesso che una maestra mostri le differenze anatomiche fra uomini e donne a bambini di sei anni. Poi da noi si cercano scappatoie come quelle dell’arte. Penoso è stata infatti la condanna dell’accaduto americano fatta dalla direttrice della Galleria dell’Accademia, il museo fiorentino che custodisce il David di Michelangelo. “Nudità non corrisponde a pornografia. Mi meraviglio di questi genitori perché il David è il simbolo del Rinascimento che mette al centro dell’attenzione l’uomo nella sua perfezione così come è stato creato da Dio”.  Sarà, ma gli attributi del David sono uguali a quelli di un pornodivo e se mostrarli ai bambini non è disdicevole (e non lo è!) perché condannare l’immagine di un uomo nudo? Più si tengono i bambini all’oscuro della “scoperta” e più si ingenerare una curiosità che può diventare nell’adolescente morbosa, fonte di inibizioni o comportamenti sessuali psicologicamente dubbi.


Fra le grandi città, Milano è quella più inquinata dopo Teheran e Pechino. Penoso il bando per piantare nuovi alberi, andato deserto perché chi era potenzialmente interessato ha fatto sapere che di zone per la piantumazione non ce ne sono più, ormai tutto è cementificato. Premesso che chi grida a gran voce ai cambiamenti climatici dovrebbe urlare il disappunto in Cina, in Russia, negli USA o in India e che farlo solo in casa è sintomo di un’ingenuità pazzesca, il caso di Milano colpevolizza non ingenuamente, ma realisticamente gli italiani che continuano a consumare suolo. Due bombe, una a Meloni e l’altra a Schlein (che pure si dice contraria al consumo di suolo): se si incrementano le nascite (Meloni) e si favorisce l’accoglienza (Schlein) e la popolazione aumenta di qualche milione, dove li mettiamo i nuovi arrivati? Diciamo ingenuamente e semplicisticamente “poi si vedrà”? Se ogni abitante delle baraccopoli chiedesse il diritto di passare dai 10 mq a più decorosi e umani 30 mq per persona, dove li metteremmo in città ormai sature come Milano?

…

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