Il 2019 sembra essere un anno piuttosto interessante per gli astronomi e gli astrofisici; dopo la “foto del secolo” relativa al buco nero M87 è di qualche settimana fa una scoperta piuttosto interessante di un team di ricercatori di cui fanno parte alcuni scienziati italiani; il telescopio Hubble, che è gestito dalla NASA e dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA), ha individuato, nel corso di una delle sue tante missioni, un buco nero che è circondato da un di disco di materia che, in teoria, a quanto affermano gli esperti, non dovrebbe esistere.
Il buco nero appartiene alla galassia NGC 3147 e ha una massa enorme (circa 250 milioni di volte quella del sole); il motivo dello stupore degli esperti è dato dal fatto che buchi neri come questo non hanno attorno sufficiente materiale da fagocitare e, pertanto, sono perennemente “affamati”; ci si chiede pertanto come sia possibile che attorno al buco nero recentemente scoperto vi sia così tanto materiale che gli ruota intorno senza essere fagocitato. Uno dei ricercatori, Stefano Bianchi, (università degli Studi – Roma 3), ha spiegato: “Questo è il primo, affascinante sguardo che abbiamo ottenuto di un disco così debole, tanto vicino al buco nero che la velocità della materia che lo compone e l’eccezionale forza di attrazione gravitazionale del buco nero che orbita influenzano notevolmente il modo in cui vediamo la luce emessa da questo sistema finora unico nel suo genere”.
Marco Chiaberge, dello Space Telescope Science Institute e della Johns Hopkins University ha affermato che lo studio dell’interazione fra gravità, materia e radiazione elettromagnetica nel buco nero appena individuato può servire anche per mettere alla prova la teoria della relatività di Einstein. Chiaberge spiega: “Non avevamo mai visto gli effetti della relatività generale e speciale sulla luce visibile con un’accuratezza simile”.
Il ricercatore dell’ASI, Andrea Marinucci, ha puntualizzato: “Grazie agli effetti di distorsione della luce proveniente dal disco di gas siamo riusciti a misurare la sua distanza dal buco nero, che corrisponde a 30 miliardi di km, pari a circa 6 volte la distanza tra il Sole e Nettuno”.
Alessandro Capetti, anche lui parte del team di ricerca, ritiene che il disco di materia attorno al buco nero sia un quasar ridimensionato: “È lo stesso tipo di disco che vediamo negli oggetti che sono 1.000 o anche 100.000 volte più luminosi. È quindi evidente che le previsioni degli attuali modelli per galassie attive molto deboli in questi casi falliscono”.