La malattia di Alzheimer è la principale causa di demenza negli Stati Uniti, con circa 5,4 milioni di persone affette (le stime parlano di circa 6 milioni di casi entro il 2050). Com’è noto, i danni al cervello causati dall’Alzheimer si verificano anni prima dell’insorgenza dei vari segni e sintomi che caratterizzano la patologia. Le terapie attualmente a disposizione non sono particolarmente efficaci, in gran parte perché, al momento, non si ha a disposizione alcun indicatore misurabile (biomarcatore) di malattia prima che essa sia già sintomatica e avanzata. Adesso le cose potrebbero cambiare.
La retina dell’occhio è considerata l’estensione dello sviluppo del cervello e a essa si può accedere in modo non invasivo. In uno studio recentemente pubblicato sulla rivista ACS Chemical Neuroscience, Robert Vince e Swati More due professori dell’università del Minnesota, hanno studiato un promettente biomarcatore della retina utilizzando una tecnica di imaging iperspettrale per la diagnosi precoce del morbo di Alzheimer. La tecnica basata su immagini iperspettrali permette di analizzare un ampio spettro della radiazione elettromagnetica al di fuori del visibile (anche senza escluderlo) in modo da rilevare i biomarcatori della malattia.
Il team di ricerca ha esaminato il potenziale dell’imaging iperspettrale della retina per rilevare i cambiamenti biochimici presenti nelle prime fasi della malattia di Alzheimer. In particolare, la tecnica individua i cambiamenti di dispersione della luce nella retina dei pazienti con malattia di Alzheimer rispetto ai partecipanti sani.
Il processo, che è stato utilizzato in studi preclinici e in uno studio pilota umano, analizza l’occhio di un paziente per rilevare piccole quantità di una proteina molto prima che si accumulino in cluster abbastanza grandi da formare placche nel cervello, un segno biologico di progressione della malattia. Il test non è invasivo e viene condotto in meno di 10 minuti.
Per lo studio, 19 pazienti con malattia di Alzheimer che avevano punteggi di memoria che variavano da lieve compromissione cognitiva a malattia di Alzheimer avanzata sono stati scansionati e confrontati con i partecipanti della stessa età non affetti dalla malattia. I cambiamenti di dispersione della luce sono stati registrati dalle diverse aree retiniche dei pazienti (per esempio, disco ottico, strato di fibre nervose della retina peripapillare, retina perifoveale e retina centrale) utilizzando una fotocamera specializzata accoppiata a un sistema di imaging spettrale progettato su misura.
Un’analisi dei dati di imaging iperspettrale della retina (rHSI, retinal hyperspectral imaging) ha mostrato che:
- il segnale luminoso più alto rilevabile è stato ottenuto nella coorte con lieve compromissione cognitiva rispetto ai partecipanti con malattia di Alzheimer in stadio avanzato;
- il segnale suggerisce una maggiore sensibilità di questa tecnica nelle prime fasi della malattia;
- la firma rHSI era anche correlata ai punteggi di memoria nei partecipanti con lieve compromissione cognitiva;
- la firma rHSI non è influenzata da patologie oculari preesistenti, quali cataratta o glaucoma da lieve a moderato, atrofia peripapillare ecc.
“I risultati preliminari di questo studio sono promettenti e hanno gettato le basi per i prossimi passi che prevedono una rigorosa convalida della tecnica in ambito clinico”, ha affermato More, “In futuro, lo screening dei biomarcatori retinici basato su rHSI potrebbe far parte di un esame oculistico annuale, con risultati che potrebbero potenzialmente determinare valutazioni di follow-up o interventi terapeutici.”
“Mentre la malattia di Alzheimer non può ancora essere affrontata con l’intento di guarirla, la diagnosi precoce con screening retinico può facilitare gli interventi con le terapie disponibili”, ha affermato Vince. “Ciò potrebbe aggiungere anni di tempo produttivo e di qualità alla durata della vita del paziente. La tecnica rHSI ha mostrato risultati promettenti e potrebbe essere particolarmente preziosa per identificare individui ad alto rischio per il morbo di Alzheimer avviando lo screening periodico della retina in tenera età”.