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Quando la prevenzione da strategia medica diventa business

6 febbraio 2020 di Daniele Lucarelli

esame medico

In medicina la prevenzione dovrebbe essere una preziosa arma per la salute dei cittadini; purtroppo oggi sta diventando sempre più un business che si orienta maggiormente alla struttura medica rispetto ai benefici che il soggetto può avere.

Innanzitutto, occorre premettere che il termine è spesso abusato: si confonde “prevenzione” con “diagnosi precoce” come nel caso dei tumori dove si scopre “prima” un tumore che comunque c’è già (e quindi non si previene).

Inoltre, la vera prevenzione è quella fatta su un soggetto in apparenza sano: un soggetto che si sottopone a esami perché ha dei sintomi può ringraziare la sua coscienza medica che lo ha portato ad approfondire, anche se poi il suo caso rientra fra i numeri che promuovono la diagnosi precoce.

Senza negare nulla all’importanza della prevenzione e della diagnosi precoce, è importante sottolineare quali sono gli aspetti attualmente negativi di questa frangia della medicina.

I controlli periodici – Soprattutto dopo una certa età (diciamo 50 anni), vengono “caldamente consigliati” esami periodici, ogni anno e spesso ogni sei mesi. Se si considerassero tutte le specialità mediche, il soggetto dovrebbe eseguire dai 20 ai 30 esami l’anno (considerando che molte discipline richiedono anche fino a 5 esami), magari per “tenere sotto controllo” situazioni attualmente non certo gravi. Visti i tempi e/o i costi della sanità in Italia tale situazione è decisamente penalizzante per la qualità della vita. Ormai troppi medici basano le loro diagnosi e le loro prescrizioni sugli esami, dimenticando che una corretta gestione del paziente non la fanno gli esami, ma la professionalità, la competenza e la psicologia del medico.

Il principio di precauzione – Attualmente alcune discipline come la dermatologia stanno rilevando sempre maggiori problemi nella popolazione semplicemente perché applicano esageratamente il principio di precauzione. Ade Adamson, assistente professore presso il Dipartimento di Dermatologia dell’Università della Carolina del Nord a Chapel Hill, ha portato all’attenzione che il numero di diagnosi di melanoma tra gli americani bianchi è aumentato da quattro a sei volte negli ultimi 40 anni, eppure le morti per melanoma sono rimaste costanti durante quel periodo. In altri termini, per la qualità della vita del soggetto, sarebbe meglio che molti dei melanomi rilevati oggi non fossero trovati. Adamson sottolinea che questi tumori (melanomi in situ) crescono così lentamente che non causerebbero mai un problema. Stesso discorso per molte patologie: prendere a vita gastroprotettori per evitare un tumore allo stomaco o all’esofago espone ad altre anche gravi patologie, come pure curare “pesantemente” un glaucoma che, dati alla mano, potrebbe forse portare alla cecità attorno ai 100 anni di vita del soggetto.

I parametri di riferimento – Per favorire il business (anche delle multinazionali del farmaco) si variano gli indici di riferimento; il caso classico è quello del colesterolo i cui valori consigliati sempre più bassi spingono tutti verso continui controlli e trattamenti farmacologici, senza prendere in considerazione fattori di rischio ben più importanti come fumo e ipertensione. Inoltre, variare i parametri di riferimento può salvare da una malattia, ma indirizzare verso altre (per esempio valori troppo bassi di colesterolo sono in relazione con deficit del sistema immunitario e con la demenza senile.

I falsi positivi – Si promuovono esami o metodiche che danno un alto numero di falsi positivi: l’esame non è specifico e molti soggetti positivi in realtà sono sanissimi, cosa che si scopre dopo altri numerosi esami, ma con periodi di apprensione psicologica spesso terribili per il “potenziale” malato. Il caso classico è quello della mammografia analogica sotto i 50 anni.

Che fare in una situazione non sempre chiarissima? Orientarsi su medici che praticano la prevenzione in modo concreto e orientato al paziente.

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