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Pandemia: 100.000 morti e disastro economico. Di chi è la colpa?

18 febbraio 2021 di Roberto Albanesi

Ragionare con il senno di poi è sempre troppo facile, ma nel caso della pandemia c’è il rischio che la partigianeria possa deformare comunque la valutazione. Se è vero che più volte ci sono state prese di posizione trasversali all’interno del variegato panorama politico italiano, è anche vero che proprio la politica o, meglio, una certa visione della politica, è la vera causa dei 100.000 morti e del disastro economico. La colpa non è di un partito, di un ministro, di un premier ecc.; la colpa è semplicemente del compromesso, di volere la botte piena e la moglie ubriaca.

Partiamo da una frase ripetuta fino alla noia:

la salute viene prima di tutto.

Questa è una bella risonanza sentimentale che nessuno ha avuto il coraggio di mettere in discussione perché una parte della popolazione:

  1. è fobica (li chiameremo i “terrorizzati”) e come tale va rassicurata;
  2. è patosensibile e come tale ritiene che il dolore debba essere contenuto il più possibile;
  3. è mistica e la religione insegna che la vita umana va sempre e comunque difesa;
  4. è insufficiente e vive nel terrore di non avere nessuno che possa aiutarla;
  5. è irrazionale e non sa valutare i numeri e le probabilità (“e se toccasse a me? Se ci fossi io in terapia intensiva?);
  6. è vecchia e quindi, anche se non cronologicamente, in sintonia con le classi a rischio;
  7. è dissoluta e quindi non può ammettere che essere in una classe di rischio è spesso dovuto alle proprie scelte salutisticamente disastrose.

Partendo dalla (1) ci sono solo due scelte razionalmente valide; scegliete quella che vi pare, ma alla fine dell’articolo dovrebbe essere chiaro che i continui compromessi politici e sociali sono i veri responsabili di una gestione fallimentare della pandemia. Analizziamo le due posizioni.

Tutto aperto – Dopo la prima ondata nella quale i lockdown avevano un senso, essendo il problema ancora non chiaro, era a tutti chiaro (giugno 2020) che:

  • la pandemia colpisce per il 98% soggetti con da una a tre patologie pregresse;
  • che nell’altro 2% sono comunque presenti fattori di rischio (fumo, alcol, sovrappeso) o un sistema immunitario depresso;
  • la mortalità e il numero di casi gravi nei soggetti non a rischio sono veramente bassi, anche se i media non perdono occasione di mostrare quei pochissimi casi che sembrano uscire dai due punti precedenti per “dimostrare” che “il Covid può colpire tutti”.

I soggetti a rischio che hanno contratto il Covid non si sono curati della loro situazione e, con incauta sopravvalutazione, hanno continuato a frequentare familiari, amici, vicini ecc. Se un soggetto è a rischio o si autoisola o si prende ogni responsabilità di quanto gli succede e non può poi scaricare le cure a lui dovute sulla società. Molti fanno presente che soggetti a rischio vivono in casa, ma nulla vieta anche l’isolamento domestico con familiari che usano mascherine, pranzi separati ecc. Certo che se un settantenne con patologie vuole vedere il nipotino, abbracciare ogni sera il figlio che torna da un lavoro dove è stato a contatto con 100 persone, se vuole partecipare al funerale dell’amico o al matrimonio del figlio di un conoscente, se vuole andare al bar ecc., beh… chi è causa del suo mal pianga sé stesso.

Non si vede perché per salvare la vita sociale dei soggetti a rischio si debba distruggere la vita economica e sociale del resto della società.

Se nella prima ondata si cercava di evitare l’intasamento degli ospedali, ora si sa che il Covid non è la peste e che i soggetti a rischio potrebbero difendersi semplicemente autoisolandosi: se non lo fanno non hanno diritto a intasare gli ospedali.

Sono arrivati i vaccini, assurdo continuare a tentare di salvare vite di chi, più o meno consapevolmente, mette a rischio la propria salute.

Tutto chiuso – La prima posizione è bocciata da chi appartiene agli insiemi a-g sopradescritti invocando la (1): la salute viene prima di tutto. Solo che chi invoca questo assioma (cioè una “verità” che non può poi essere messa in discussione) deve poi seguirlo coerentemente. 100.000 morti (al 16 febbraio sono 94.171) sono il risultato di chi (in tutti i partiti politici), per non scontentare i propri elettori, lo ha ripetuto come un mantra, ma poi di fatto ha permesso troppe, tantissime eccezioni, poco e mal sanzionando le infrazioni.

La strategia proposta con un nugolo di polemiche da Ricciardi e adottata in Cina ai tempi di Wuhan è l’unica che funziona realmente perché, lo si è visto, è patetico e ridicolo pensare che la popolazione non si assembri appena può o debba (per lavoro, a scuola ecc.) farlo.

Se alle fasce più deboli della popolazione (come i disoccupati) potrebbe pensare lo Stato, per chi ha un lavoro dovrebbe essere possibile resistere anche per 6 mesi di lockdown totale. Se non ha risorse sufficienti per andare avanti un anno, vuol dire che ha sempre speso tutto per scelte di vita non corrette (tenore di vita eccessivo che non poteva permettersi, famiglia troppo numerosa ecc.): il risparmio è sempre stato un optional e, si sa dai tempi della favola di Esopo adattata da La Fontaine, La cicala e la formica, che le cicale d’inverno muoiono.

Pandemia e disastro economico

Pandemia: 100.000 morti e disastro economico. Di chi è la colpa?

Riassumendo – La colpa è semplicemente della politica, che non ha saputo esimersi dal compromesso cercando una mediazione impossibile, e della popolazione che in questo frangente ha mostrato una pochezza esistenziale enorme.

Pandemia (Sera)

Il mondo

si spegne

nell’immensa

stupidità

della gente.

Solo in qualche casa

una luce

riaccende la speranza.

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