In questi ultimi anni, le evidenze scientifiche a sostegno di una relazione fra il microbiota umano (popolarmente si parla di flora batterica intestinale) e varie malattie sono significativamente aumentate; questa tendenza riguarda anche patologie a carico del sistema nervoso (le cosiddette malattie neurologiche); questo ha dato origine al concetto del cosiddetto asse intestino-cervello (ovvero l’interazione fra il microbiota intestinale e il sistema nervoso centrale) e all’idea, per quanto possa apparire strana, che esista una relazione fra il microbiota e alcune malattie neurologiche le cui cause non sono state ancora definite con certezza.
Una recente ricerca, pubblicata su Neurología (la rivista ufficiale della Sociedad Española de Neurología) e condotta da Castillo-Álvarez e Marzo-Sola, ha preso in esame il ruolo del microbiota umano nell’asse intestino cervello e ha analizzato quelle patologie neurologiche nelle quali sono state descritte alterazioni del microbiota umano a seguito di studi effettuati su soggetti umani.
Dalla ricerca è emerso che vi sono molti studi particolarmente interessanti che hanno messo in evidenza un collegamento tra il microbiota umano e sclerosi multipla, morbo di Parkinson, malattia di Alzheimer e neuromielite ottica (una malattia che solitamente interessa gli occhi e il midollo spinale; un tempo era considerata una variante della sclerosi multipla). Più controversi, invece, sembrano gli studi che mettono in relazione il microbiota intestinale con la SLA (sclerosi laterale amiotrofica).
Molti degli studi presi in considerazione puntano l’attenzione sulla modulazione dell’infiammazione, in particolar modo da parte di quei microrganismi che sono in grado di produrre acidi grassi a catena corta.
I risultati della ricerca sono sicuramente interessanti e incoraggianti, ma sono ancora molte le domande che non hanno sufficienti risposte relativamente al rapporto causale fra alterazioni del microbiota e malattie, al ruolo di funghi e virus e su come si possano mettere in atto terapie attraverso il regime alimentare, l’impiego di probiotici o il trapianto di microbiota fecale.