L’anno scorso, l’OMS stava considerando di inserire i disturbi (dipendenza) da videogiochi nella sua lista di patologie ufficialmente riconosciute. Questa integrazione è stata ufficialmente annunciata lo scorso fine settimana alla 72ª Assemblea Mondiale della Sanità a Ginevra.
Più specificamente, la dipendenza dai videogiochi è ufficialmente riconosciuta come malattia dall’OMS (entrata in vigore il primo gennaio 2022) ed è definita dai seguenti sintomi:
- è caratterizzata da una serie di comportamenti persistenti o ricorrenti legati ai giochi, giocabili online (vale a dire su Internet) o offline, e manifestati da:
- un controllo del comportamento alterato del gioco (per esempio, schemi di gioco, frequenza, intensità, durata o contesto);
- maggiore attenzione ai giochi in quanto i giochi hanno la precedenza su altre aree di interesse e attività quotidiane;
- il proseguimento dell’attività ludica nonostante le conseguenze negative. Il tipo di comportamento è abbastanza serio da risultare in una compromissione significativa dell’agire personale, familiare, sociale, educativo, professionale o di altro tipo.
Il comportamento deve generalmente manifestarsi e mantenersi stabile per un periodo di almeno 12 mesi al fine di convalidare una diagnosi, sebbene la durata richiesta possa essere ridotta se tutti i criteri diagnostici sono soddisfatti e se i sintomi sono gravi.
Per la cronaca, dallo scorso giugno, questo riconoscimento ufficiale dell’OMS è ampiamente contestato dall’industria del gioco di tutto il mondo; i ministeri della cultura e della salute (USA, Regno Unito, Francia, Corea del Sud) hanno unito le forze per sostenere che, a oggi, non esiste un chiaro consenso scientifico sulla natura intrinsecamente coinvolgente dei videogiochi: alcuni individui, a causa di uno specifico contesto sociale o familiare, svilupperebbero sicuramente comportamenti di dipendenza che potrebbero riguardare i videogiochi, ma allo stesso modo in cui questo comportamento potrebbe essere applicato a qualsiasi altre pratiche, che si tratti di sport, serie televisive, social network o altro. Molti pensano che la potente organizzazione si sia ancora una volta intromessa nella politica sociale dei Paesi (come nel caso del burn-out).
Ci sentiamo di condividere questa posizione perché nel campo dello sport amatoriale ci sono tanti casi di soggetti che hanno peggiorato la loro qualità della vita per una dipendenza troppo continua e opprimente per lo sport praticato.