Uno degli scopi delle attuali azioni contro il Coronavirus è la limitazione del numero di decessi. Nell’articolo Pandemia: come si gestisce abbiamo evidenziato due possibili strategie:
- A – Considerare la diffusione del Coronavirus una pandemia; avere una gestione dell’emergenza, senza isterismi, con un efficiente intervento sanitario nel territorio colpito (l’Italia o una o più regioni italiane), avere 100.000 contagiati con 3.000 morti, ma l’economia e la qualità di vita dei restanti cittadini intatte.
- B – Considerarla un’epidemia; avere una gestione straordinaria dell’emergenza con al massimo 10.000 contagiati e 250 morti, ma pesanti danni all’economia e alla qualità di vita dei cittadini.
Il governo italiano ha scelto B. Non si sa quanti saranno i decessi alla fine dell’emergenza. Quello che è sicuro è che l’aver scelto la strategia B potrà aver salvato molti soggetti fragili, anziani con patologie pregresse, ma sicuramente ha condannato tante persone giovani per “disinteresse sanitario”. Quanti sono quelli che moriranno per
- un’assistenza inadeguata in reparti che sono stati chiusi o ridimensionati per far posto alle strutture dei malati di Coronavirus, molti dei quali ricoverati con sintomatologia tutto sommato lieve?
- una prevenzione assente per almeno i due mesi dell’emergenza con visite specialistiche e/o ambulatoriali rese impossibili o comunque molto difficoltose?
Il punto 1 è di difficile quantificazione, ma sul punto 2 si possono dare numeri precisi; tralasciamo patologie cardiovascolari o in altri apparati/sistemi e consideriamo solo i tumori. Ogni anno in Italia si ammalano di tumore circa 370.000 persone, cioè circa 30.000 al mese. La diagnosi precoce è fondamentale per la sopravvivenza che attualmente è di circa, mediamente, del 50% dei casi. Ritardare di due mesi (se va bene perché al termine dell’emergenza ci saranno notevoli intasamenti e ritardi) le visite, comporterà un ritardo della diagnosi; ottimisticamente la percentuale di sopravvivenza dei 30.000 scenderà al 45%, cioè 1.500-1.600 persone circa moriranno per “disinteresse sanitario” e dovranno ringraziare il governo Conte che ha preferito loro una quantità pressoché equivalente di persone già molto compromesse. Non potendo scegliere (la sanità in Italia è quella che è), voi quale scegliereste fra la vita di una persona quarantenne che ha ancora decenni di speranza di vita e quella di una con diverse malattie gravi in corso con al massimo un anno di vita? Quest’ultima sarà anche una persona “fragile”, ma il primo deve arrangiarsi?
La risposta a Burioni
Il virologo Burioni è molto attivo sui media per “spiegare” il Coronavirus. Sbagliando, alcuni pensano che la sua posizione sia in contrasto con quanto detto nei nostri articoli. In realtà non è così, solo che se si vuole analizzare il problema occorre farlo a 360 gradi, non solo da un solo punto di vista (medico, politico o sociale). Vediamo, in sintesi, cosa dice Burioni in modo intelligente, anche se a volte troppo sbrigativo:
- Sbaglia chi dice che il Coronavirus è come una normale influenza.
- Se non gestito, manderà in crisi le strutture sanitarie a tal punto che anche casi gravi non legati al Coronavirus non potranno essere gestiti.
Quello che dice Burioni è del tutto esatto e non è in contrasto con quanto diciamo noi:
- Il Coronavirus uccide 10 volte di più che una normale influenza.
- Per una persona sana e con un buon stile di vita il Coronavirus è una normale influenza.
In sostanza, il Coronavirus è come la corsa, solo affaticante per una persona sana, ma potenzialmente mortale per un cardiopatico!
Anche la seconda affermazione di Burioni è condivisibile, quello che però Burioni non dice è che la colpa non è del Coronavirus quanto della pessima gestione iniziale del governo Conte. I dati parlano chiaro: in Cina 80.000 contagiati e 3.100 decessi; se dividiamo questo numero per 24 (il rapporto fra la popolazione cinese e quella italiana), troviamo circa 3.500 contagiati e 130 decessi. Con i contagiati siamo ormai al doppio e con i decessi al triplo. Evidente che il governo ha gestito malissimo l’emergenza perché, seppur avvertito da ciò che succedeva in Cina, all’inizio ha temporeggiato troppo, senza prendere i provvedimenti tipici di una pandemia.
Purtroppo, come lui stesso ha ammesso, Burioni è stato lanciato sotto ai riflettori dall’inaspettata popolarità della sua (giusta) campagna contro i no-vax. E sta perdendo un attimo il controllo. Ieri ha risposto all’imprenditore E. Musk che aveva twittato “il panico per il Coronavirus è da stupidi” con un tweet assurdo “l’epidemia di babbei è già una pandemia”, totalmente fuori luogo perché Musk non ha fatto nessuna considerazione medica, ma solo psicologica. Le migliori risposte a Burioni sono state queste:
- “Il panico professore, il panico. Quello che fa scappare i coglioni da Milano, tutti insieme, sull’ultimo treno della sera. Elon Musk parlava di quello e ha ragione”.
- E un altro, un filo più offensivo: “Guardi signor virologo “che vive su Twitter” che Elon Musk, a cui lei con la sua boriosa presunzione non allaccia manco le scarpe, ha semplicemente affermato che il panico è sciocco”.