Sembra esista un legame fra l’assunzione di farmaci antipertensivi e un minore rischio di sviluppare demenza senile.
Questo è quello che emerge da un ampio studio svolto da ricercatori dell’università di Lipsia e dell’università di Versailles in collaborazione con IQVIA, una multinazionale che fornisce consulenze in materia di tecnologia dell’informazione sanitaria e della ricerca clinica. Lo studio è stato pubblicato sul Journal of Alzheimer’s Disease e si inserisce nel dibattito che vede un legame fra pressione alta e maggiori probabilità di sviluppare una forma di demenza.
Una delle principali caratteristiche della demenza è il progressivo declino cognitivo; attualmente non sono note le cause che causano la demenza, ma molti studi recenti hanno collegato l’ipertensione arteriosa a un maggiore rischio di sviluppare tale invalidante patologia.
Lo studio svolto all’università di Lipsia ha preso in esame i dati relativi a 12.405 persone di età superiore ai 59 anni affette da demenza e che hanno preso parte a uno dei 739 studi di medicina generale svoltisi in Germania nel periodo 2013-2017.
Il team dei ricercatori ha potuto accedere a tutti i dati relativi alla pressione arteriosa dei partecipanti nonché ai registri che riportavano le terapie seguite. Questi dati sono stati poi confrontati con quelli di 12.405 partecipanti non affetti da demenza che avevano effettuato una visita di medicina generale nel medesimo periodo di tempo.
Sono stati considerati tre modelli:
- persone che avevano assunto farmaci antipertensivi a un certo punto della loro vita rispetto a persone che non li avevano mai assunti;
- persone che avevano seguito una terapia antipertensiva per 3 anni rispetto a persone che lo avevano fatto per meno di 3 anni;
- persone che hanno seguito tale terapia per 5 anni rispetto a persone che avevano assunto farmaci antipertensivi per meno di 5 anni.
L’analisi ha mostrato come l’impiego di bloccanti del recettore dell’angiotensina II, degli Ace-inibitori, dei calcio-antagonisti e dei betabloccanti è associato a una diminuzione dell’incidenza della demenza. Inoltre, nei pazienti trattati con calcio-antagonisti, l’aumento della durata della terapia ha ridotto l’incidenza della stessa malattia.
Nonostante questi risultati, uno dei coautori dello studio, il prof. K. Kostev, spiega che “la sola terapia ipertensiva non può garantire che la demenza non si svilupperà mai”.
“Tuttavia”, aggiunge, “questi risultati evidenziano l’importanza della prescrizione di farmaci antipertensivi nel contesto della prevenzione del declino cognitivo associato all’ipertensione”.
Gli autori dello studio spiegano che ulteriori studi dovrebbero essere tesi a esaminare più dettagliatamente la relazione tra rischio di demenza e farmaci antipertensivi.
Inoltre, in futuro “intendono studiare il ruolo dei farmaci ipolipemizzanti, antidepressivi e altri tipi di medicinali”.