Uno studio (pubblicato su Nature) coordinato da Majid Ezzati dell’Imperial College di Londra che ha coinvolto oltre 1.000 ricercatori della NCD Risk Factor Collaboration ha analizzato l’indice di massa corporea e il peso di oltre 112 milioni di persone di 200 Paesi e ha stabilito alcuni punti ormai consolidati:
- l’obesità sta aumentando più rapidamente nelle aree rurali del mondo che nelle città.
- In molti Paesi a basso e medio reddito l’obesità è aumentata molto di più che nei Paesi avanzati.
I due punti si spiegano con il fatto che l’agricoltura si è fortemente automatizzata e che anche nei Paesi a minor reddito si è avuto un certo progresso sociale e l’auto è diventata comunque un mezzo diffuso. Nei Paesi meno evoluti la scarsa coscienza alimentare della popolazione ha portato a considerare il cibo (spesso comunque di bassa qualità) come status sociale, di fatto favorendo l’obesità; in questi Paesi l’ancora scarsa disponibilità di impianti per il tempo libero e lo sport aggrava ulteriormente la situazione.
In Italia, per le donne dei centri urbani l’IMC è sceso da 24,6 a 24,5 e quello delle aree rurali da 25,4 a 24,3; per i maschi è invece aumentato rispettivamente da 24 a 26,3 e da 25,1 a 26,1.
Dov’è dunque la fame nel mondo? Due sono i fattori più importanti: i disastri climatici in Paesi a comunque basso reddito e le guerre. Dai nuovi dati sulla fame nel mondo (aprile 2019) pubblicati dal Food Security Information Network (Rapporto globale sulle crisi alimentari), sono 113 milioni le persone che hanno urgentissimo bisogno di un sostegno alimentare, cioè l’1,5% della popolazione mondiale. Questa relativamente piccola percentuale conferma per esempio che da una decina di anni paesi come l’Etiopia, l’Eritrea, il Madagascar e il Bangladesh hanno raggiunto nelle aree rurali un IMC medio che li ha fatti passare dalla categoria sottopeso a quella normopeso.