Un nuovo studio, pubblicato sulla rivista Circulation dell’American Heart Association (AHA), e realizzato dal dott. Christie Ballantyne e coll. (Baylor College of Medicine, Houston, Texas), suggerisce che uno dei test impiegati comunemente quando si sospetta un infarto del miocardio potrebbe essere utilizzato per individuare coloro che corrono maggiori rischi di sviluppare una malattia cardiovascolare.
Secondo le più recenti statistiche dell’AHA, quasi la metà delle persone residenti negli USA ha una qualche forma di patologia cardiovascolare (ipertensione arteriosa in primis). Sempre secondo l’AHA, entro il 2035, circa 130 milioni di adulti negli USA svilupperanno una forma di malattia cardiovascolare con conseguenze pesantissime, anche dal punto di vista economico.
Secondo i ricercatori, questo stato di cose potrebbe cambiare se ci fosse la possibilità di prevedere con una certa precisione, grazie a un apposito test, se una persona svilupperà una malattia cardiaca o un problema cerebrovascolare.
Le ultime ricerche suggeriscono che un test del genere è già a disposizione: il test della troponina ad alta sensibilità (le troponine sono enzimi riscontrabili nel muscolo scheletrico e in quello cardiaco; in seguito a un danno cardiaco le troponine vengono rilasciate nel circolo ematico).
Ballantyne e il suo team, con il nuovo studio, volevano verificare se la rilevazione della troponina nel sangue di adulti o anziani sani (o comunque ritenuti tali) di mezza età potesse predire il rischio di malattia cardiovascolare. I ricercatori hanno quindi analizzato un gruppo di 8.121 persone di età compresa tra 54 e 74 anni. Nessuno di loro aveva una storia di patologie cardiovascolari.
I ricercatori hanno identificato i livelli di troponina nell’85% dei partecipanti e hanno applicato uno specifico modello di rischio per esaminare i collegamenti tra questi livelli e le malattie cardiovascolari. In altri termini, hanno studiato le correlazioni con malattia coronarica, infarto miocardico, ictus ischemico, malattia cardiovascolare aterosclerotica, ospedalizzazione per insufficienza cardiaca, malattia cardiovascolare globale e mortalità per tutte le cause.
La ricerca ha evidenziato che alti livelli di troponina erano fortemente correlati con “l’aumento dell’incidenza globale di malattie cardiovascolari nella popolazione generale, indipendentemente dai fattori di rischio tradizionali”.
I test della troponina ad alta sensibilità, quindi, si sono dimostrati un modo accurato per predire il rischio di malattia cardiovascolare, specialmente se associati con una metodica standard di calcolo del rischio cardiovascolare nei 10 anni.
“Quello che abbiamo scoperto è che questi test possono essere utilizzati nella popolazione generale per darci informazioni su chi ha più probabilità di avere un problema futuro, che si tratti di un infarto, ictus o insufficienza cardiaca” ha affermato Ballantyne.
“Se possiamo curare qualcuno molto prima che si manifestino dei sintomi, saremo molto più efficaci nella prevenzione di un evento cardiovascolare”, ha detto sempre il ricercatore statunitense, che ha aggiunto “Il problema principale è che facciamo troppo poco e in ritardo”.
Conoscere determinati rischi in anticipo può invece spingere le persone a prendere in considerazione misure preventive, come per esempio adottare uno stile di vita più sano ed effettuare maggiori e più mirati controlli medici.
Si dovranno comunque svolgere nuove ricerche prima di arrivare a utilizzare il test della troponina come strumento per prevedere il rischio di sviluppo di un evento cardiovascolare, ma sicuramente si tratta di un importante passo avanti verso la personalizzazione delle cure.
Per approfondire: Gli enzimi cardiaci – L’indice di rischio cardiovascolare