Un team di ricercatori, guidati da Mauro Giacca, del Centro internazionale di ingegneria genetica e biotecnologia (Icgeb) di Trieste, ha messo a punto una terapia genica con la quale si è riusciti a riparare il cuore da un infarto del miocardio; di fatto sono state cancellate o ridotte le cicatrici causate dall’infarto e si è stimolata la rigenerazione del tessuto attraverso la proliferazione delle cellule del cuore. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Nature; con l’Icgeb di Trieste hanno collaborato la Scuola Sant’Anna di Pisa, la Fondazione Monasterio di Pisa e la School of Cardiovascular Medicine & Sciences del King’s College di Londra.
Lo studio ha mostrato come la somministrazione di un piccolo RNA (microRNA-199), possa di stimolare la rigenerazione del cuore nel maiale, portando al recupero quasi completo della funzionalità cardiaca a un mese dall’infarto.
Spiega a questo proposito Giacca: “”Dopo tanti tentativi infruttuosi negli ultimi 15 anni provando a utilizzare le cellule staminali, per la prima volta abbiamo compreso come sia possibile riparare il cuore in un animale di grossa taglia stimolando direttamente le proprietà delle cellule cardiache sopravvissute al danno”.
La sequenza RNA è stata trasferita nel tessuto cardiaco dell’animale sistemandola “a bordo” di virus inattivato che, in pratica, ha agito da mezzo di trasporto. Una volta giunta a destinazione ha stimolato la rigenerazione cellulare.
L’esperimento, effettuato su un animale di grossa taglia come il maiale, dimostra che si è in grado di risvegliare le cellule cardiache non interessate dall’infarto sfruttando i medesimi meccanismi con i quali in altri animali il cuore si rigenera in modo spontaneo.
Fabio Recchia, dell’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, spiega a questo proposito: “Si tratta di meccanismi rigenerativi antichi, che hanno pesci e salamandre, e che noi uomini, come i maiali, abbiamo perso nel tempo”.
Dovranno però passare ancora alcuni anni prima di arrivare a una sperimentazione sull’essere umano.
Spiega Giacca: “Il trattamento finora è stato condotto con un virus modificato, ma ciò non ci consente di controllare in maniera precisa il dosaggio di microRNA, il che può portare ad aritmie nel lungo andare. Dobbiamo imparare a dosare nel tempo l’RNA, dandolo subito dopo l’infarto e basta, come se fosse un farmaco sintetico. Sappiamo che è possibile perché è stato fatto nei topi”. “Se tutto andrà bene, come pensiamo, entro 5 anni potremmo avere concluso la sperimentazione clinica sull’uomo”.