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Una vita senza dolore: è possibile?

2 aprile 2019 di Massimiliano Tucci

Ha recentemente suscitato un certo scalpore la curiosa notizia di una donna la cui vita sembrerebbe essere stata esente dal dolore fisico.

La donna, un’anziana signora scozzese di nome Jo Cameron, sembra effettivamente avere una condizione di scarsissima sensibilità al dolore dovuta ad un’alterazione genetica mai descritta prima. Ma veniamo ai fatti.

Jo Cameron ha condotto una vita apparentemente normale, è sposata con due figli e la sua condizione non è stata oggetto di studio fino a che, all’età di 66 anni, non ha dovuto sottoporsi ad un intervento chirurgico alla mano a causa di una diagnosi di osteoartrite.

A seguito dell’operazione i medici si sono rimasti incuriositi dal fatto che Jo non sentisse il bisogno delle normali dosi di analgesici (ha infatti assunto giusto del paracetamolo, il principio attivo della ben nota tachipirina), nonostante i postumi del tipo di intervento in questione siano noti per essere molto dolorosi.

I medici, indagando, hanno scoperto che anche a un precedente intervento all’anca Jo non aveva segnalato particolare dolore e aveva rifiutato di prendere gli analgesici per il tempo consigliato, inoltre è emerso che la sua vita è stata costellata da una lunga serie di piccoli incidenti domestici in cui si è accorta delle ferite riportate solo vedendo il sangue o sentendo l’odore della carne bruciata come quando, per esempio, si era ustionata con il ferro da stiro. Jo ha anche dichiarato di aver sempre riscontrato una rapida guarigione delle ferite e di non aver problemi a masticare peperoncini di una tipologia molto piccante, ricavandone una piacevole sensazione.

A seguito di queste scoperte è stato chiesto alla donna di poter approfondire la sua condizione all’università di Oxford dove, grazie alle moderne tecnologie genetiche, è stato possibile analizzare il DNA di Jo e confrontarlo con quello della madre e dei suoi due figli (di cui uno sembra mostrare a sua volta un certo livello di insensibilità al dolore, per quanto non eclatante quanto quello della madre). Il caso è stato quindi pubblicato il 28 marzo sul British Journal of Anaesthesia.

Durate diversi anni, le analisi hanno permesso di indentificare un quadro genetico particolare in cui sono contemporaneamente presenti una mutazione (più precisamente una micro-delezione, ovvero la perdita di una piccola porzione di DNA, una situazione rara che però quando si verifica spesso causa lo sviluppo di gravi patologie congenite) in uno pseudogene, chiamato FAAH-OUT e una altresì particolare, ma ben più comune, conformazione di un gene identificato come FAAH. Il risultato di questa situazione particolare è che la donna mostra livelli più elevati nel sangue di sostanze appartenenti alla classe degli endocannabinoidi, come l’anandamide, che effettivamente sembrano essere connessi, secondo evidenze scientifiche provenienti da studi su modelli animali, con il dolore e la rigenerazione delle ferite. Nel figlio avente un certo livello di insensibilità al dolore è presente la stessa conformazione del gene FAAH, ma non la micro-delezione (che in effetti è un evento raro che spesso quando si verifica causa lo sviluppo di patologie gravi) che quindi, concludono i ricercatori, devono essere presenti contemporaneamente affinché si manifesti la particolare situazione di Jo.

Il motivo per il quale il curioso caso di questa donna scozzese suscita interesse esula dalla mera curiosità scientifica in quanto questi studi sembrerebbero aprire nuovi scenari circa le possibilità di sviluppo di farmaci analgesici che possano agire su questi meccanismi creando un’alternativa rispetto a quelli attuali, non scevri da effetti collaterali. A fianco di questi fini spuntano però anche quelli legati allo sviluppo di farmaci per l’ansia e la depressione, un mercato sempre florido, e questo succede in quanto i meccanismi precedentemente descritti sono anche legati all’ansia e alla depressione, condizioni che Jo Cameron dichiara di aver difficilmente sperimentato, esattamente come il dolore fisico.

Nonostante la prospettiva di una vita priva di dolore o di ansia sia affascinante, anche in questo caso non c’è da lasciarsi trasportare dall’ottimismo, infatti gli stessi ricercatori sottolineano come gli studi già effettuati con antagonisti dell’enzima FAAH non abbiano dato riscontri. Inoltre, nonostante sia verosimile l’ipotesi che la condizione di Jo possa influenzare il suo umore, non bisogna commettere l’errore di assolutizzare la componente biologica degli stati depressivi o di trascurare il grandissimo impatto della propria personalità nell’ansia, un fattore che infatti potrebbe giocare un ruolo importante anche nel caso in questione. Del resto, non si può ignorare il fatto che anche nella restante popolazione mondiale esistono individui che, pur non avendo alterazioni genetiche simili, non sono mai state ansiose o depresse.

 

Per approfondire: Il dolore – La terapia del dolore

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